Monica Raineri, medico che ha esercitato a lungo all’Ospedale di Careggi,  fa parte del gruppo fiorentino del Sanitari per Gaza.

Per prima cosa puoi riassumere come e quando è nata l’iniziativa dei Sanitari per Gaza?

L’attacco all’ Ospedale Pediatrico Al-Durrah di Gaza City è avvenuto il 13 ottobre. Questo attacco è stato effettuato con proiettili al fosforo bianco, il cui utilizzo è proibito a livello internazionale in presenza di civili per le gravissime ustioni che può produrre. Entro l’ottavo giorno dell’aggressione israeliana 15 centri medici erano già stati danneggiati. Mano mano che queste notizie incredibili venivano confermate un certo numero di operatori sanitari aveva cominciato ad attivarsi per denunciarle.

A fine dicembre 2023 sull’esempio di altri gruppi sorti all’estero (Health Workers for Gaza, Blouses Blanche pour Gaza) qui a Firenze è nata la rete Sanitari per Gaza (SPG), rete che si è poi diffusa rapidamente in altre regioni. Adesso esistono gruppi molto attivi in diverse città, ognuno dei quali promuove proprie iniziative.

Abbiamo visto attacchi sistematici diretti a strutture essenziali per il sostentamento della popolazione come il network delle forniture di energia, gli acquedotti, il sistema fognario. Il Sistema Sanitario fa parte di queste, con l’aggravante che distruggendone l’operatività si amplifica la letalità di tutti gli altri attacchi.

Al di là di ogni considerazione politica, per noi comunque imprescindibile, qui stiamo parlando di una emergenza umanitaria. Questo non dovrebbe lasciare indifferente nessuno e tanto più gli operatori sanitari che dedicano quotidianamente il proprio lavoro al benessere delle persone. Proprio su questo vuole far leva la nostra azione di sensibilizzazione.

In Italia esiste già da tempo una campagna contro la violenza sul personale sanitario. Ci chiediamo come mai questa attenzione non si estenda ai colleghi vittime in Palestina. In questo senso va l’installazione di Rimini4Gaza all’Ospedale Infermi di Rimini, dove alcuni sanitari hanno immaginato i corridoi, le sale d’attesa e gli spazi comuni dell’Ospedale come macabro set di guerra e hanno collocato a terra alcune sagome, in memoria di medici, infermieri e operatori caduti sul proprio posto di lavoro nel sanguinoso conflitto in Medio Oriente.

Abbiamo ufficialmente scritto alla AUSL Toscana Centro, all’AOU Careggi e all’AOU IRCCS Meyer per coinvolgere queste strutture in una azione simile. Solo il Meyer ci ha risposto declinando l’offerta in nome di una, per noi inaccettabile, neutralità sulla questione. Dagli altri non è arrivato alcun commento. Questo è il motivo per cui abbiamo agito in autonomia e posizionato le sagome negli ospedali nella notte del 21 aprile.

Voi avete sottolineato nei vostri documenti la tragica situazione della sanità a Gaza. Puoi aggiornare il quadro?

Il quadro si aggiorna ora per ora, sia perché giungono continuamente nuove notizie di attacchi, uccisioni a sangue freddo, brutalità e torture, sia perché emergono nuovi particolari su fatti già accaduti. Ad esempio sappiamo che in alcuni casi il personale ospedaliero è stato costretto ad effettuare seppellimenti comuni di pazienti deceduti perché l’assedio israeliano non permetteva di abbandonare l’ospedale e predisporre sepolture personali.

Ma in questi giorni sono state trovate altre fosse, con corpi di individui con le mani legate, alcuni chiaramente uccisi a sangue freddo.

Il nostro documento principale è un dossier intitolato “La distruzione del Sistema Sanitario a Gaza”. La prima versione conteneva dati aggiornati al 26 febbraio 2024, la seconda raccoglie i fatti fino al 2 aprile. Sono notizie provenienti da varie fonti, raccolte con pazienza e messe tutte in fila, ospedale per ospedale secondo la localizzazione delle strutture nella Striscia. Qualcuna è nota a chi si informa quotidianamente, altre sono passate sotto il silenzio dei media. Pur sapendo già di cosa si tratta, leggerle tutte insieme, sistemate in maniera topografica, è veramente un colpo allo stomaco.

Stiamo parlando di 36 strutture con relativo personale e pazienti, nessuna delle quali è stata risparmiata. Solo 4 erano rimaste parzialmente attive ai primi di aprile. Il quadro che ne risulta è terrificante e non ci sono precedenti a cui poterlo paragonare. Questo è il commento di tutti coloro che, pur esperti di guerre e catastrofi, si sono accostati alla realtà della Striscia di Gaza in questo periodo: nessuno aveva mai visto una distruzione simile.

Cosa dice il Diritto Internazionale (e lo stesso diritto di guerra) su ospedali, ambulanze, personale sanitario? E cosa rimane di questo diritto?

Gli articoli 18, 20 e 21 della Convenzione di Ginevra vietano attacchi a ospedali civili, che in nessuna circostanza possono essere colpiti, al loro personale in senso allargato e ai trasporti dei feriti e malati civili, degli infermi e delle puerpere. Non solo: queste persone e queste strutture devono essere “rispettati e protetti”.

Queste norme sembrano diventate carta straccia, così come la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, la Convenzione dei Diritti dell’Infanzia e tutte le altre norme che il genere umano si è dato per cercare di limitare l’orrore di cui siamo capaci.

Non a caso tutte le organizzazione umanitarie hanno condannato gli attacchi di cui stiamo parlando. Quanto sta accadendo a Gaza non è solo una serie infinita di crimini di guerra, ma rappresenta anche la distruzione del diritto internazionale, proprio perché né l’Unione Europea né gli USA sono insorte a difesa di queste norme in occasione delle innumerevoli violazioni.

Il parere di molti è che proprio la reazione della comunità internazionale agli attacchi iniziali abbia aperto la strada alle violazioni successive.

Se il bombardamento di un ospedale è un crimine di guerra, la distruzione di un intero sistema sanitario è sicuramente qualcosa di molto più grave, qualcosa che facciamo fatica anche a immaginare e che fa parte di quella serie di atti che hanno portato all’accusa di genocidio presso la Corte Internazionale di Giustizia. Gaza è un pericoloso precedente per tutti noi, per la pace e per il nostro futuro.

Voi siete in contatto con medici e infermieri di laggiù: cosa dicono loro della scusa israeliana che gli ospedali siano depositi o sedi di Hamas?

Ad oggi Israele non ha dato alcuna prova convincente del fatto che gli ospedali fossero realmente basi dei miliziani di Hamas. A parte il fatto che le prove dovrebbero essere fornite prima di intraprendere una qualsiasi azione, e non a posteriori, questo non giustificherebbe comunque il massacro di un numero impressionante di civili, tra cui bambini, malati e donne incinte. Niente può giustificare questo. Aggiungo inoltre che il 12 dicembre il dott. Ahmed Al Kahlout, direttore dell’Ospedale Kamal Adwan è stato prelevato sul luogo di lavoro dall’esercito israeliano ed è stato costretto con minacce e brutalità a rilasciare una confessione che non può essere considerata attendibile proprio per le circostanze in cui è stata estorta.

Israele del resto non ha fornito prove nemmeno riguardo alle accuse ai dipendenti dell’UNRWA. Lunedì 22 aprile è stato pubblicato il documento conclusivo dell’inchiesta della commissione ONU istituita al riguardo. Nel rapporto queste accuse non vengono corroborate, e anzi si legge che Israele deve ancora fornire prove a sostegno delle sue accuse. Benché ripetutamente sollecitata dalla commissione stessa, non l’ha mai fatto.

Come vedete voi (o come vedi tu) la questione che sta infiammando il dibattito pubblico del boicottaggio delle istituzioni israeliane?

Il boicottaggio è un legittimo strumento di pressione nonviolenta verso industrie o nazioni che mettono in atto politiche a vario titolo illegittime. E’ stato ad esempio usato contro il Sudafrica ai tempi dell’apartheid.

Noi Sanitari per Gaza, e anche io personalmente, siamo favorevoli al boicottaggio delle istituzioni israeliane. La comunità internazionale deve testimoniare concretamente la condanna dei crimini di guerra e non limitarsi a blande raccomandazioni. Israele vive anche molto della sua fama di  paese all’avanguardia nelle scienze, nella tecnologia, nella attività medica e ci tiene a mantenere un buon nome nel contesto culturale internazionale.

In una società fortemente militarizzata come quella israeliana, la fantomatica neutralità di istituzioni come università e centri di studi, qualora mai fosse possibile od auspicabile in qualsiasi Paese, non esiste.

Anche il boicottaggio di grosse industrie israeliane, come la casa farmaceutica TEVA, leader nel mercato dei generici, sono estremamente importanti.

Noi cittadini comuni abbiamo la possibilità di agire in proprio, anche se questo può sopperire solo in minima parte alla mancanza di sanzioni da parte degli stati stessi.

Il boicottaggio effettuato dai Paesi arabi nei confronti di McDonald, la cui sede israeliana ha offerto sconti e pasti gratis ai militari, ha avuto un impatto notevolissimo, come testimoniato anche dal temporaneo calo in borsa delle azioni della compagnia.

Da ultimo aggiungo che una delle campagne che abbiamo sostenuto a Firenze è quella contro la presenza del Console Onorario di Israele, Marco Carrai, alla presidenza della Fondazione Meyer, ente che sostiene le attività dell’Ospedale nella tutela della salute dei bambini. La fondazione ha tra l’altro esplicitato nel suo statuto il rispetto del diritto internazionale. Assieme ad altre associazioni e a molti degli stessi dipendenti del Meyer abbiamo raccolto oltre 10.000 firme chiedendo il suo allontanamento. Queste firme verranno presentate al Consiglio Comunale di Firenze. Ci sembra veramente un terribile paradosso che il console di uno Stato accusato di genocidio possa essere un degno rappresentante di un ospedale pediatrico.