Quel che mi piace ogni volta e non mi delude mai nel partecipare qui a Palermo ai cortei di Non Una di Meno è l’ondata colorata di giovani che travolge con il suo entusiasmo; è l’intreccio di tre generazioni che si mescolano festose, “cattive” maestre, “cattive” alunne, bimbi e bimbe nati da queste “cattive” alunne.

C’è un mondo, che gravita attorno alla scuola e all’università, ma anche attorno al volontariato nei quartieri periferici e all’associazionismo diffuso; c’è un mondo, che si tinge di tutte le parlate del Mediterraneo e dell’Africa e oggi si drappeggia con la bandiera palestinese; c’è un mondo, che non si lascia abbindolare dalla propaganda ma ha chiaro il nesso fra patriarcato, capitalismo e guerre e lo denuncia; c’è un mondo… il mondo in cui noi crediamo, un mondo di condivisione e di sincerità.

Invero, non mi riconosco in tutti gli slogan: alcuni vibrano con troppa aggressività e non mi sento di gridarli. Altri però mi sembrano efficaci: siamo marea che non si fermerà, vogliamo diritti e libertà; siamo marea e non ci fermeremo, paura non abbiamo e il mondo cambieremo; insieme siam partire, insieme torneremo, non una di meno.

Anche per questo si va ai cortei dell’otto marzo – mi confida una compagna – per incontrare persone che magari si erano rintanate in casa, scoraggiate, ma una ventata di primavera, un desiderio di ribellione, un bisogno di solidarietà ha ridestato e calamitato in piazza; per abbracciarle e raccontarsi insieme ed insieme decidere ancora un progetto nuovo.