Ieri nel pomeriggio si è svolta una manifestazione a sostegno del popolo palestinese con un corteo partito da piazza Castello a 75 anni dall’esodo forzato

Il corteo, convocato da Progetto Palestina ha lungamente sfilato per le vie della città, molti i passanti che hanno scandito lo slogan molto ripetuto: “Free Free Palestine, Boycott Israel”.

Sono state molte le realtà che hanno aderito alla manifestazione, molti gli interventi al microfono. Parliamo della sinistra, che a Torino sta trovando sempre più temi di convergenza sui cui mobilitarsi. Ma soprattutto tante persone di origine palestinese, alle quali è stato dedicato un intervento in arabo.

E’ stato ricordato che il termine “Nakba” (catastrofe) non è solo riferibile all’esodo del ’48 che coinvolse 700.000 arabi palestinesi a causa dei territori occupati da Israele, ma Nakba è anche ora, in pratica lo è da 75 anni.

E’ stato ricordato che la Sindaca di Barcellona, Ada Colao, ha scritto a Netanyahu che avrebbe interrotto i rapporti con Israele fino alla cessazione delle politiche di occupazione e apartheid.  Una posizione certo diversa da quella di Lorusso: il Comune di Torino detiene una significativa quota di Iren, il cui Presidente è in quota PD, che ha stipulato un accordo con Mekorot che secondo coloro che denunciano le politiche di Israele nei confronti del popolo palestinese, è responsabile di “apartheid idrico”.  E’ stato ricordato quanto la disponibilità di acqua sia significativamente inferiore nelle zone palestinesi rispetto a quelle controllate da Israele. Dalla Giunta torinese il silenzio rispetto a questo accordo è certo significativo. Questo accordo preoccupa enormemente tutti coloro che ritengono che l’acqua sia un bene comune in quanto indispensabile alla sopravvivenza, come l’aria, e che non possa essere un bene privato a scopo di lucro.

Le forze militari israeliane che operano nei territori palestinesi sono state definite come terroriste, i manifestanti hanno denunciato violazioni dei diritti umani quotidiane nei territori: uno degli esempi fatti è stato il frequente blocco delle ambulanze ai check point con conseguenze anche purtroppo fatali per il malato trasportato.

E’ stato evidenziato il ruolo centrale che Israele, piccolo stato, ha nella ricerca bellica e di sorveglianza, i cui sistemi rappresentano un’ingente voce delle esportazioni.

Il corteo si è poi fermato vicino al palazzo Rai, dove l’informazione è stata durissimamente criticata, è stato dichiarato che si tratta di informazione che riduce la resistenza palestinese ad un mero fenomeno jihadista, tacciandola di islamofobia. Un’informazione rispedita al mittente. E’ stato auspicata una controinformazione collettiva che infranga questa narrazione, secondo i manifestanti, menzognera. A tal proposito è stata ricordata in diversi interventi Shireen Abu Akleh, giornalista di Al Jazeera uccisa, secondo la CNN e Al Jazeera stessa, da un cecchino israeliano, nonostante indossasse un giubbotto con la scritta “Press”.

Critiche anche ad una classe politica che derubrica strumentalmente come antisemite le critiche fatte alle politiche operate del Governo israeliano.

Colonialismo, apartheid, pulizia etnica, genocidio, sono state parole molto ricorrenti nel corteo. Una manifestazione nonviolenta ma dai contenuti “urticanti”, di sincera e dolorosa vicinanza al al popolo palestinese.