Il fuoco di fila mediatico partito quasi all’unisono, non contro il bellicismo del governo e del suo ministro della “difesa”, ma contro il fisico Carlo Rovelli che lo ha disvelato dal palco romano del Primo Maggio, con l’invito ad occuparsi di scienza anziché di politica, oltre ad essere espressione di cattiva coscienza, disconosce l’impegno storico di intellettuali e scienziati contro la guerra. Ossia per l’affermazione della razionalità, anziché del pensiero magico, anche nel campo della risoluzione dei conflitti.

Lo stesso Carlo Rovelli, nel dicembre del 2021, prima dell’internalizzazione della guerra in Ucraina con l’invasione dell’esercito russo, aveva coordinato la campagna per il Dividendo di pace che ha messo insieme più di cinquanta tra premi Nobel e presidenti di Accademie delle scienze nell’appello inviato al Segretario generale dell’ONU ed ai cinque governi del Consiglio di sicurezza (USA, Russia, Cina, Francia e Gran Bretagna) nel quale si chiede un taglio comune del 2% delle spese militari annue, proponendo che la cifra risparmiata venga dirottata su un fondo globale per la lotta al cambiamento climatico, le pandemie e la povertà estrema. Una richiesta razionale, ignorata dai governi e dai media, mentre l’irrazionale corsa agli armamenti – come ha ricordato Rovelli – viaggia verso la cifra inimmaginabile di due trilioni e mezzo di euro all’anno. Preparando l’inevitabile, di questo passo, terza e definitiva guerra mondiale.

Il tema, del resto, era stato anche posto – su invito non dei sindacati, ma della Società delle Nazioni – da un illustre predecessore di Carlo Rovelli, Albert Einstein che nel 1932 scrisse la celebre lettera a Sigmund Freud ponendo al padre della psicoanalisi la domanda cruciale: “c’è un modo per liberare gli uomini dalla fatalità della guerra?”. Mentre rimando al carteggio tra i due per la risposta di Freud, metto a fuoco qui alcune delle questioni di Einstein che contengono già l’articolazione di possibili risposte, valide anche oggi. Già nel ‘32 Einstein era consapevole che l’evoluzione della tecnica rendeva quella domanda “una questione di vita o di morte per la civiltà da noi conosciuta”. La quale sarebbe stata travolta pochi anni dopo dalla seconda guerra mondiale, che avrebbe lasciato come eredità le armi nucleari, spada di Damocle permanente sull’umanità.

La prima risposta che fornisce Einstein è quella del “pacifismo giuridico”: la costituzione di un’autorità internazionale “col mandato di comporre tutti i conflitti” che sorgano tra gli Stati. E’ la visione kantiana della “pace perpetua” come frutto della federazione degli stati che rinunciano agli eserciti permanenti, che avrebbe dovuto trovare la sua concretezza nelle Nazioni Unite che nel 1945 nascono per “liberare l’umanità dal flagello della guerra”, costruendo la pace con “mezzi pacifici”. Ma, continua Einstein, “la sete di potere della classe dominante è in ogni Stato contraria a qualsiasi limitazione della sovranità nazionale”. E specifica – come ha fatto Carlo Rovelli il primo maggio – “penso soprattutto al piccolo ma deciso gruppo di coloro che attivi in ogni Stato e incuranti di ogni considerazione sociale, vedono nella guerra cioè nella fabbricazione e vendita di armi, soltanto un’occasione per promuovere i loro interessi personali e ampliare la loro autorità”. Del resto dividendo le spese militari globali del 2022 per il numero dei giorni dell’anno, risulta che i governi spendono in armamenti 6,13 miliardi di dollari al giorno, mentre finanziano le Nazioni Unite per un bilancio di 3,4 miliardi di dollari all’anno. Impossibile preparare mezzi di pace con questa abissale sproporzione.

Ma, si chiede ancora Einstein, com’è possibile che questa minoranza che fa affari con le guerre “riesca ad asservire alle proprie cupidigie la massa del popolo, che da una guerra ha solo da soffrire e perdere?”. Ed anche su questo l’illustre fisico fornisce nella lettera a Freud una risposta che vale anche per noi: “la minoranza di quelli che di volta in volta sono al potere ha in mano prima di tutto la scuola e la stampa, e perlopiù anche le organizzazioni religiose. Ciò consente di organizzare e sviare i sentimenti delle masse rendendoli strumenti della propria politica”. Salvo la chiesa cattolica, che papa Francesco ha posto decisamente dalla parte del pacifismo anziché del bellicismo, per il resto la lettera di Einstein del 1932 spiega anche lo scandalo per l’intervento di Carlo Rovelli nel 2023.

“Abbiamo qui l’occasione migliore”, conclude Einstein, “per scoprire i mezzi e le maniere mediante i quali rendere impossibili i conflitti armati”. Tema sul quale Einstein avrebbe continuato a lavorare per tutta la vita, anche con l’estremo appello scritto insieme a Bertrand Russell nel 1955. Mezzi alternativi alla guerra sui quali lavora, costituzionalmente, attraverso le proprie campagne il movimento per il disarmo e la nonviolenza secondo l’adagio razionale “se vuoi la pace, prepara la pace”. Ma che media e governi, irrazionalmente, continuano ad ignorare.

[Articolo pubblicato anche su Ilfattoquotidiano.it]

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