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40 anni fa Il 13 maggio 1978 veniva approvata la legge 180, meglio conosciuta come “legge Basaglia”, dal nome dello psichiatra che la ispirò. La prima legge al mondo ad aprire le porte dei manicomi e a ridare dignità e diritti alle persone che vi erano rinchiuse. Memorie di artisti siciliani

“Quando il cavallo azzurro lasciò il ghetto, centinaia di ricoverati lo seguirono. La testimonianza della povertà e della miseria dell’ospedale invase le strade della città portando con sé la speranza di poter stare insieme agli altri in un aperto scambio sociale, in rapporti liberi tra persone […] La città intuì per un giorno intero cosa significasse un manicomio e chi erano le persone che lo abitavano. Marco Cavallo fu, per dirlo con le parole di Marx, «il sogno di una cosa migliore»”. (Franco Basaglia)

 Guglielmo Manenti

 

“Il cavallo di Basaglia” di Giovanni Canzoneri

(18/08/2018)

Il cavallo di Basaglia,

non nitrisce e manco raglia,

ha del cielo il suo colore,

e si muove col trattore.

Non va a trotto, né a galoppo,

è capace il suo panciotto,

colmo non di zuccherini,

frutta, fieno o cetriolini,

ma di umili pensieri,

di istanze e desideri…

…di un mondo egualitario,

libero,

d’ogni infimo calvario.

CUNTI & co. di Giovanni Canzoneri

 

IL PONTE È NECESSARIO? Trasporti nello Stretto e mobilità sostenibile: «Chi vive in Calabria conosce le necessità di chi pratica la mobilità per motivi di studio, lavoro, salute. Non ci faremo ingannare da promesse incantatrici e distopiche: vogliamo il rilancio di questa terra e non la sua svendita» 

Venerdì 19 maggio alle ore 18, nella sala del consiglio comunale di Villa San Giovanni (via Nazionale 625), incontro sulla mobilità sostenibile – “Ponte e trasporti nell’area dello Stretto”- con Domenico Gattuso, professore ordinario di trasporti presso l’Università Mediterranea di Reggio Calabria. Contro la propaganda e l’arroganza di soluzioni miracolistiche, irrealizzabili e dannose come il Ponte, sarà avviatae una riflessione informata e aggiornata sullo stato ‘reale’ delle infrastrutture e della mobilità nel nostro territorio. Dal potenziamento del servizio di trasporti marittimo – ancora ostaggio dei privati e dai costi elevatissimi per la cittadinanza, situazione senza eguali in Italia e nel resto d’Europa – ai nuovi scenari del servizio ferroviario – con progetti molto fantasiosi di nuovi corridoi per l’alta velocità mentre il trasporto regionale e l’attuale linea ferroviaria calabrese vengono dimenticati dal PNRR: occorre ridisegnare un progetto infrastrutturale complessivo, su scala locale e regionale, che risponda alle reali esigenze della comunità, senza continuare a gettare fumo negli occhi della popolazione.

comunicato No Ponte

 

CSA Officina Rebelde è fieramente antifascista antisessista antirazzista anticapitalista!

Officina Rebelde è oramai il punto di incontro di una ricca e diversificata comunità umana che si incrocia e si contamina al suo interno, grazie alle sue iniziative e al lavoro quotidiano di molt@ attivist@. Spazi del genere riescono a rappresentare un momento di ricomposizione della precarietà e della frammentazione estrema nella quale si vive dentro le grandi città della crisi. “Le nostre idee di partenza sono state sin dall”inizio orientate dalle esperienze del movimento No Global, che a Seattle e a Genova lottò contro la globalizzazione, dal marxismo libertario del ‘900, ispirate da alcune pratiche anarchiche, dall’ecologismo e dal transfemminismo. Abbiamo trovato la sintesi tra tutte queste tendenze ed aspirazioni nell’esperienza, pratica e teorica, dello Zapatismo in Chiapas. La nostra intuizione e massima aspirazione è quella di rompere con le rigidità e gli schematismi che paralizzavano l’azione politica, con azioni immediate, pratiche, con attività sociali, culturali e mutuali che permettano di portare l’immediatezza del sociale nel politico. Crediamo che gli spazi sociali siano una componente importante e vitale contro le politiche che dall’alto ci impongono isolamento e alimentano lotte tra poveri. Noi viviamo gli spazi sociali come luoghi di condivisione, fuori dalle logiche del profitto, di saperi e di arte, di esperienze musicali, umane, di grandi riflessioni, luoghi dove si da vita a laboratori e si sostiene la cultura dello sport, luoghi al di fuori del proibizionismo moralista ed ipocrita della nostra società.

comunicato

 

Meridionalità e migrazione: qual è la linea di differenza Nord\Sud tra ieri e oggi?

Di Ciaula, operaio ma anche scrittore e sceneggiatore, è famoso per la raccolta d poesie Chiodi e Rose (Rainoeditore,1970) e per il libro Tuta blu. Ire, ricordi e sogni di un operaio del Sud pubblicato da Feltrinelli nel 1978 e riedito da Alegre l’anno scorso. Nel testo (dal quale è stato tratto il film “Tommaso Blu” di Florian Furtwängler) il tema centrale è sicuramente la lotta operaia, seppur con un’accezione fortemente polemica: decisamente violenta la critica che Di Ciaula fa agli operai stessi, del PCI e dei sindacati, ottenendo anche una “simpatica” critica da Luciano Lama (si, quel Luciano Lama). Cosa significava però essere un operaio al sud? La “vocazione” del mezzogiorno era difatti peculiarmente contadina: l’economia era ancora molto basata sul concetto di sussistenza, da qui quel tipico sottobosco di piccola criminalità che fungeva da reddito per molte persone in condizioni di povertà. Ma come la storia ci insegna, disciplinare alla vita di fabbrica la classe contadina è sempre qualcosa di molto difficile, Nell’800 servì un forte mutamento antropologico per portare una classe sottoproletaria, dedita alla sussistenza propria e familiare, a produrre per un padrone sempre più esigente. Le classi povere del sud non erano infatti abituate ai turni e alla disciplina delle grandi fabbriche e per questo vedevano il lavoro operaio come qualcosa di culturalmente distante, quasi come se quel tessuto produttivo così lontano e tipicamente settentrionale non gli riguardasse. I personaggi e i paesaggi narrati da Di Ciaula riportano tutti -in misure differenti- questo conflitto. La rabbia e l’ira di una classe operaia ancora non divenuta tale fa da soggetto sul quale sfondo di disegnano paesaggi tipicamente meridionali in cui ulivi e vigne a perdita d’occhio vengono adornati dai giganteschi ecomostri. Di Ciaula lo sapeva; pienamente e visionariamente cosciente che il sud non sarebbe mai potuto diventare il centro produttivo del paese. L’esistenza della fabbrica ha però fortemente influenzato il Mezzogiorno. Non solo, come dicevamo prima, a livello del paesaggio ma anche -in una maniera se si vuole più subdola – rispetto all’idea stessa di cosa avrebbe dovuto essere il Sud Italia. La narrazione che veniva spinta anche dal mondo sindacale era ancora quella di un sud primitivo, di un sud che aveva bisogno delle fabbriche non solo per una motivazione marxianamente strutturale, ma anche culturale e ideologica. Quasi come se la fabbrica fosse “ontologicamente” giusta, come rappresentasse quella tappa essenziale per rendere un gruppo di contadini analfabeti una classe operaia vera e propria, cosciente della propria condizione e pronta a lottare. Il sogno di un meridione industrializzato durò nemmeno 20 anni e oggi ciò che resta di questa visione sono solo le immense “cattedrali nel deserto”, giganteschi ecomostri che si stagliano verso il caldo e limpido cielo del mezzogiorno. Questa separazione ciò che ha fatto assumere al romanzo di Di Ciaula un tono ugualmente polemico e satirico. Al sud, checché ne dicano gli operai del nord, si sa lottare ma in maniera diversa. I contadini dettero spesso prova di grande coraggio soprattutto contro il nemico di classe rappresentato dal latifondista. E oggi? Cosa è cambiato?

estratto da .globalproject.info

 

Post dal Senato della Repubblica sui costi giuridici, economici e sociali dell’Autonomia differenziata

È passato quasi sotto silenzio il disegno di legge costituzionale orchestrato sotto la regia del ministro leghista Roberto Calderoli, abile somministratore di polpette avvelenate, famoso  per le sue “porcate  istituzionali”, come il famigerato varo della legge elettorale da lui stesso con orgoglio denominata “porcellum”.  Adesso lo vediamo brigare trasversalmente, da protagonista principale, con le pseudo “opposizioni dialoganti” nordiste (fra i quali spiccano politici e amministratori dem come  Fassino, Bonaccini, Sala), le quali da tempo hanno dato vita ad un non dichiarato  “partito unico del nord”, per colpire a morte l’unità del paese e seppellire definitivamente la questione meridionale. D’altra parte, come non ricordare la stura data all’autonomia differenziata, con la riforma del titolo quinto della Costituzione nel 2001 voluta dal governo di centrosinistra a guida Amato? Per fortuna “c’è ancora un giudice a Berlino” o, nel nostro specifico, un qualche funzionario pubblico a Roma capace di mettere in dubbio la bontà delle cd. “innovazioni costituzionali” e demistificarne i veri obiettivi, cercando così di ricondurre nel solco della legittimità costituzionale non solo la forma delle procedure previste, ma gli stessi effetti giuridici sostanziali che ricadrebbero sull’assetto istituzionale del dettato costituente repubblicano. Non a caso nella relazione del Servizio del Bilancio del Senato viene citato il terzo comma dell’articolo 116 della Costituzione italiana, il quale prevede “forme e condizioni particolari di autonomia” per le regioni a statuto ordinario. Nella fattispecie, si fa osservare: «Il disegno di legge A.S. 615, presentato il 23 marzo dal Ministro per gli affari regionali e le autonomie, definisce i princìpi generali per l’attuazione di questa autonomia differenziata. Ma sarà possibile  – si chiede il Servizio del Senato –  realizzarla senza aggravio per le casse dello Stato e continuando ad assicurare i Livelli Essenziali delle Prestazioni (#LEP), che costituiscono il nucleo invalicabile di quei #diritti civili e sociali, previsti dalla Costituzione, che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale, in modo da erogare a tutti i cittadini i servizi fondamentali, dalla #sanità all’#istruzione?». Insomma il disegno di legge è stato passato al setaccio e dall’esame sono emerse importanti criticità che, qualora passassero, potrebbero mettere seriamente in crisi il patto costitutivo dell’unità nazionale, di cui alla carta fondamentale. Infatti, così come viene rilevato dall’approfondimento della spesa a carico degli enti meridionali: «Nel caso, ad esempio, del trasferimento alle regioni di un consistente numero di funzioni oggi svolte dallo Stato (e delle relative risorse umane, strumentali e finanziarie), ci sarebbe una forte crescita del bilancio regionale ed un ridimensionamento di quello statale, col rischio di non riuscire a conservare i livelli essenziali delle prestazioni presso le regioni non differenziate». Cosicché quel che inevitabilmente si determinerebbe è il seguente quadro: «Le regioni più povere, oppure quelle con bassi livelli di tributi erariali maturati nel proprio territorio, potrebbero avere maggiori difficoltà a finanziare, e dunque ad acquisire, le funzioni aggiuntive. E il trasferimento delle nuove funzioni amministrative a comuni, province e città metropolitane da parte delle regioni differenziate potrebbe – rileva la relazione dell’organo strutturale di Palazzo Madama – far venir meno il conseguimento di economie di scala, dovuto alla presenza dei costi fissi indivisibili legati all’erogazione dei servizi la cui incidenza aumenta al diminuire della popolazione».

posts \  leggi il dossier del Servizio Bilancio del Senato

 

PNRR diseguale e  divari territoriali. Monitoraggio-SVIMEZ sulla ripartizione (11 mld) dei fabbisogni per asili e scuole: “quote-sud per infrastrutture inferiori rispetto alla media nazionale”

Lo studio-SVIMEZ evidenzia che: 1) la mancata mappatura iniziale dei fabbisogni si è riflessa in un’allocazione delle risorse che ha penalizzato alcune realtà meridionali; 2) per le risorse assegnate attraverso procedure a bando risultano differenze tra province, non correlate al fabbisogno infrastrutturale. L’Istituto di ricerca per il mezzogiorno ha proposto: da un lato, di superare l’approccio dell’allocazione delle risorse mediante bandi competitivi che penalizzano le realtà con minore capacità amministrativa, attraverso una identificazione ex ante degli interventi sulla base dei fabbisogni reali; dall’altro lato, un’azione di riprogrammazione delle risorse per la coesione che consenta di completare, dopo il 2026, il percorso di riduzione e superamento dei divari territoriali nelle infrastrutture scolastiche: con le risorse europee del FESR (regionale e nazionale) e con il Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC) 2021-2027. Di seguito riportiamo un sintetico quadro del monitoraggio Svimez  per la finalità di coesione territoriale del “PNRR della scuola.

I divari territoriali nella filiera dell’istruzione Nelle regioni del Mezzogiorno tutti gli indicatori considerati registrano valori sensibilmente più contenuti rispetto al Centro-Nord, ma con profonde differenze interne alle macro-aree. I divari regionali più marcati si osservano per la disponibilità di mense scolastiche, la cui assenza limita la possibilità di offrire il tempo pieno. Meno del 25% degli alunni meridionali della scuola primaria frequenta scuole dotate di mensa (contro circa il 60% nel Centro-Nord); meno del 32% dei bambini nel caso delle scuole dell’infanzia (contro circa il 59% nel Centro-Nord). Le situazioni più deficitarie interessano Sicilia e Campania, con percentuali inferiori al 15%. Dato molto preoccupante se paragonato al 66,8% raggiunto dall’Emilia-Romagna e al 69,6 % della Liguria. Il Mezzogiorno soffre inoltre di un grave ritardo nell’offerta di servizi per la prima infanzia: le regioni meridionali più distanti dall’obiettivo del LEP dei posti autorizzati da raggiungere entro il 2027 (il 33% della popolazione di età compresa tra 3 e 36 mesi) sono Campania (6,5), Sicilia (8,2), Calabria (9) e Molise (9,3)

Le quote previste per il Sud dai decreti, solo in parte raggiunte – Per la realizzazione di nuove scuole e la messa in sicurezza degli edifici scolastici, si è confermata sostanzialmente la “quota Sud” rispetto a quella prevista dai criteri ex ante fissati dai decreti ministeriali di riparto. Con riferimento agli asili nido, si è determinata una riduzione di 3 punti (52%). Le “quote Sud” delle linee di investimento per mense e palestre sono risultate ridimensionate rispetto alle previsioni dei decreti di riparto delle risorse del MIM (41 contro 57,9% per le mense e 43 contro 54,3% per le palestre) per motivazioni diverse per le due linee di intervento.

La distribuzione territoriale delle risorse – Sebbene la “quota Sud” sia stata rispettata, gli enti territoriali delle tre regioni meridionali più popolose – Sicilia, Campania e Puglia – hanno avuto accesso a risorse pro capite per infrastrutture scolastiche inferiori alla media italiana, nonostante le marcate carenze nelle dotazioni infrastrutturali che le contraddistinguono. La distribuzione provinciale delle risorse assegnate ai Comuni segnala significative differenze intra-regionali, soprattutto nelle regioni più grandi: in quasi tutte quelle meridionali, la provincia con il maggior fabbisogno di investimenti non coincide con quella che ha ricevuto le maggiori risorse pro capite. Questa situazione caratterizza, in particolare, Napoli e Palermo che si trovano tra le ultime quindici province nella graduatoria per risorse pro capite assegnate pur avendo, ad esempio nel caso delle mense, una percentuale bassissima di alunni che possono usufruirne (rispettivamente 5,7 e 4,7). Lo studio propone inoltre un’analisi di correlazione a livello provinciale tra indicatori di fabbisogno e risorse allocate per verificare se, e in che misura, l’allocazione degli stanziamenti ha rispettato la finalità di riequilibrio territoriale del PNRR. I risultati mostrano che l’ammontare di risorse assegnate non sono legate ai fabbisogni effettivi dei territori. Solo nel caso del Piano asili nido le risorse assegnate aumentano con il fabbisogno, in linea con le finalità perequative.

Svimez.info