La rete 21 marzo-mano nella mano contro il razzismo di Torino ha organizzato martedì 21 marzo, in occasione della Giornata Internazionale per l’eliminazione delle discriminazioni razziali[1], un presidio in piazza Palazzo di Città a partire dalle ore 18.

Il tema centrale del presidio, convocato con lo slogan e ora basta, è stato il razzismo istituzionale ed istituzionalizzato, per scardinare il quale vengono richieste con forza:

l’abrogazione della legge Bossi-Fini, del decreto Minniti-Orlando, dei decreti Sicurezza e Sicurezza (bis) e di tutte le leggi in cui si annidano razzismi che non permettono un ingresso in sicurezza nel nostro Paese.

la cessazione di tutti gli accordi con la Libia per la gestione dei flussi migratori, che siano presi seri provvedimenti per mettere in sicurezza le persone ad oggi detenute nei lager libici e che vengano aperti corridoi umanitari accessibili, funzionali e a spese dello Stato, nonché la fine della criminalizzazione degli interventi umanitari nel Mediterraneo.

la chiusura di tutti i CPR presenti sul territorio, dove i diritti umani non hanno posto e dove si viene confinati senza aver commesso reati, o addirittura dopo averne subiti, come nel caso di Moussa Balde.

la costruzione di canali sicuri e accessibili per le migrazioni verso l’Italia e l’Europa, attraverso il rilascio di visti umanitari e lavorativi e di permessi e carte di soggiorno in tempi brevi, nonché lo snellimento di tutte le pratiche e una significativa revisione dei requisiti richiesti per soggiornare nel Paese.

l’accesso ai diritti di libera circolazione e a tutti i diritti dei cittadini UE per tutte le persone che abitano sul suolo Italiano, in quanto residenti in Unione Europea.

una riforma della legge sulla cittadinanza che superi il criterio dello Ius Sanguinis e quello classista del reddito.

Che i diritti di cittadinanza siano garantiti a tutt* coloro che, pur essendo cittadin* a tutti gli effetti, ancora non li vedono riconosciuti.

Il razzismo è ben lontano da essere un ricordo, ad ogni livello; negli interventi al microfono si è cercato di elencare le situazioni più gravi: i tempi infiniti per ottenere i permessi di soggiorno, gli abusi, anche sessuali, imposti per ottenerlo in tempi accettabili, la burocrazia che mette mille difficoltà alle persone razzializzate, fino a citare l’obbrobrio giuridico dei CPR con il loro carico di suicidi e violenza.

Si percepiva la rabbia di tanti ragazzi che non riescono ad ottenere la cittadinanza italiana malgrado l’Italia sia il solo paese che conoscono, la difficoltà di trovare comprensione e riconoscimento della propria cultura nelle scuole, ancora impreparate a gestiste una società multietnica e troppo legate alla buona volontà di singoli insegnanti.

Tanta energia sarebbe utilissima a costruire una nuova società inclusiva e vitale, ma viene compressa e tenuta ai margini da un ambito sociale vecchio, impaurito e poco coraggioso, che guarda indietro con nostalgia al pericoloso mito dell’ identità nazionale oppure recita un antirazzismo di facciata, intriso di mentalità coloniale ed etnocentrismo che, se è possibile, rende ancora più arrabbiati questi ragazzi figli del mondo e padroni del futuro.

[1] Il 21 marzo è stato dichiarato dall’ONU Giornata Internazionale per l’eliminazione delle discriminazioni razziali, in ricordo della manifestazione pacifica repressa nel sangue dalla polizia il 21 marzo 1960 a Sharpeville, in Sudafrica.