Davanti all’Eurodeputata Sabrina Pignedoli, alla prof.ssa Maria Cristina Marchetti, al prof. Alessandro Guerra, al giornalista Riccardo Iacona e a una sala gremita di studenti alla Facoltà di Scienze Politiche dell’Università La Sapienza di Roma, la partner di Julian Assange ha elogiato le iniziative in tutto il mondo a favore del fondatore di WikiLeaks.

Tina Marinari di Amnesty International Italia conversa con Stella Moris Assange alla Facoltà di Scienze Politiche della Sapienza Università di Roma, 7 marzo 2023. Foto: Patrick Boylan

“Non sarà un tribunale che lo libererà, bensì un atto politico in risposta alle vostre sollecitazioni”, ha dichiarato Stella Assange davanti ad oltre 300 studenti, seduti, in piedi, nei corridoi e alle finestre dell’Aula D della Facoltà di Scienze Politiche della Sapienza lo scorso martedì mattina, 7 marzo. La 39enne partner di Julian aveva l’aria un po’ provata dopo mesi e mesi di viaggi in tutto il mondo a perorare la causa del marito, ma nonostante ciò, parlava con il tono di sempre: fermo, pacato, coraggioso e più che mai determinato a portare avanti la lotta per liberarlo.

“Questo 11 aprile,” ha ricordato alla platea, “saranno quattro anni che Julian si trova incarcerato in una prigione di massima sicurezza a Londra – e per che cosa? Per aver rivelato i crimini di guerra statunitensi e britannici in Iraq, in Afghanistan e al campo di prigionia di Guantánamo”, un’istituzione che ha definito del tutto “fuori legge”.

Invece gli autori dei crimini rivelati non sono mai stati perseguiti, nonostante la tacita ammissione da parte dei governi USA/UK che le rivelazioni di Julian Assange sono veritiere, tutte quante, ha aggiunto Stella.

Quale sarebbe allora il reato commesso dal fondatore di WikiLeaks, l’originalissimo sito crittografato che consente a chiunque di far conoscere anonimamente un documento scottante, opportunamente vagliato da Assange e dal suo staff? Il Department of Justice (DOJ) statunitense, appellandosi a una legge del 1917, sostiene che la divulgazione di documenti secretati da parte di Assange a sostegno delle sue rivelazioni costituisce un atto di “spionaggio” – anche se una sentenza della Corte Suprema statunitense ha stabilito che la diffusione di documenti secretati è del tutto lecita se fatta “nell’interesse generale”. Del resto, è ciò che fanno correntemente tutti i giornalisti investigativi.

Ma il DOJ pensa di aver trovato un cavillo, proprio in base alla “Espionage Act” del 1917, per impedire che la giustificazione dell’“interesse generale” si possa applicare al caso di Julian. Sta chiedendo pertanto l’estradizione del fondatore di WikiLeaks negli Stati Uniti per poterlo processare e, in pratica, incarcerarlo a vita.

In attesa del perfezionamento del procedimento di estradizione, il Regno Unito sta tenendo Assange in una cella di isolamento totale nel famigerato carcere di Belmarsh, senza accesso ad alcuno strumento di comunicazione – forse per timore che egli possa rilasciare altri documenti scottanti ancora immagazzinati in cartelle protette sul suo sito. “Si tratta di una detenzione, ormai quadriennale, del tutto arbitraria,” ha sottolineato Stella davanti agli studenti di scienze politiche, “come arbitrari erano i precedenti sette anni di confinamento forzato nell’Ambasciata dell’Ecuador a Londra – lo dice un parere del Working Group on Arbitrary Detention dell’Onu.”

“Che ironia!”, ha esclamato l’eurodeputata Pignedoli, nota per le sue inchieste contro la ‘ndrangheta. “Ci sono boss della malavita rilasciati dopo un anno soltanto di carcere preventivo”, quando cioè l’attesa di giudizio si è protratta oltre i termini prescritti. Nel caso di Julian Assange, invece, i giudici britannici non hanno fissato alcun termine. Pertanto potrebbe rimanere incarcerato a Londra, attendendo l’estradizione e poi il giudizio negli USA, teoricamente per il resto della sua vita. “Un limbo”, come l’ha chiamato Stella durante il suo intervento.

Il giornalista di Presa Diretta Riccardo Iacona, che moderava l’incontro a Scienze Politiche organizzato dallo staff dell’On.le Pignedoli, ha poi sottolineato quanto la vicenda Assange sia “una vicenda nostra, europea. La sua estradizione sarebbe una pagina buia per la nostra democrazia, la metterebbe in discussione.”

“Infatti”, ha incalzato Stella, riprendendo la parola, “lo spettacolo di Julian incarcerato è voluto dal Potere per dire ai giornalisti in tutto il mondo, ma anche alle ONG e a chiunque, che se cerchi di denunciare le sue responsabilità il Potere te la farà pagare.” Perciò, la persecuzione giudiziaria di Julian “è, in realtà, un attacco alla Libertà di stampa e alla Libertà di espressione.” Sì, perché, in futuro, il DOJ potrà usare come precedente l’eventuale condanna di Assange per acciuffare qualsiasi giornalista o attivista in tutto il mondo. Per esempio, il grande giornalista investigativo italiano Antonio Mazzeo, che ha disturbato non poco i vertici oltre atlantici con le sue rivelazioni: basta pensare alle sue inchieste sugli effetti nocivi sulla popolazione del super radar MUOS statunitense in Sicilia, inchieste suffragate da documenti ufficiali della Marina USA che è riuscito a ottenere.

Paradossalmente, nel formulare le sue accuse, il DOJ ha preteso che Julian non fosse protetto dal 1° emendamento alla Costituzione statunitense, che garantisce la libertà di espressione, in quanto non è cittadino statunitense bensì australiano; mentre, nel contempo, il DOJ ha preteso di sottoporlo ad una legge statunitense destinata a cittadini statunitensi o residenti negli Stati Uniti. “Quello che si sta cercando di far passare è un chiaro sconfinamento giudiziario,” ha concluso Stella.

La partner di Julian Assange è anche la madre dei suoi figli Gabriel (6) e Max (4), concepiti nella tenda che lei stessa ha portato dentro l’ambasciata ecuadoriana durante il confinamento coatto di Julian, per avere uno spazio di intimità con lui e evitare le onnipresenti telecamere di sorveglianza in ogni angolo.

Nata in Sudafricana di madre spagnola e padre svedese, Stella era una giovane avvocata e attivista per i diritti umani residente a Londra quando, nel 2012, fu reclutata dallo staff legale di Assange proprio perché conosceva lo spagnolo (per poter trattare con le autorità ecuadoriane) e lo svedese (per poter aiutare a smantellare le false accuse contro Assange portate avanti dall’avvocatura in Svezia). Il suo nome di nascita è, in realtà, Sara González (madre) Devant (padre) ma, su consiglio di Julian, l’ha cambiato legalmente per poter passare sotto il radar della CIA, ad esempio quando comprava biglietti aerei. Alla domanda perché ha scelto come nuovo nome “Stella Moris” (con un’ortografia inusuale per il cognome), ha risposto: “Perché il suono mi piaceva.”