A un mese esatto dalla strage di Cutro è stata rinvenuta la salma numero 91. Ancora tanti i dispersi e le persone non identificate. Mem.Med ripercorre il lavoro di monitoraggio, ricerca, accompagnamento e lotta insieme alle famiglie delle vittime e ai sopravvissuti.

Oltre la cronaca: storie, tempi, luoghi, sconfinamenti

Il resoconto che presentiamo è il risultato del costante lavoro sul campo che l’equipe di Mem.Med – Memoria Mediterranea ha svolto nell’ultimo mese, in seguito al naufragio avvenuto all’alba del 26 febbraio 2023. Un’imbarcazione partita dalla Turchia sovraccarica, con a bordo circa 180 persone per le più di origine iraniana, afghana e pakistana, si infrangeva su una secca a 150 metri dalla spiaggia di Steccato di Cutro, a pochi chilometri da Crotone, in Calabria. 

Non il maltempo ma le necro-politiche di frontiera europee hanno provocato la morte di 91 persone 1, al momento accertate, e di decine di altre persone ancora disperse. Nell’intento di ricostruire gli eventi che hanno portato alla strage di Cutro e di chiedere verità e giustizia, Mem. Med ha sottoscritto insieme ad oltre 40 organizzazioni italiane ed europee impegnate nella difesa dei diritti delle persone migranti, un esposto, presentato alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Crotone 2.

A un mese da questi accadimenti, il nostro lavoro intende andare oltre i fatti cronaca, ripercorrendo l’attività e la pratica di Mem.Med e di chi, assieme a noi, ha portato avanti attività di ricerca e documentazione: di storie inghiottite dal mare, di memorie faticosamente riemerse, di tempi e luoghi di lutto, di commemorazione e di lotta, e infine, nell’intento di contribuire a tessere la trama di una memoria collettiva, a partire da questa vicenda.

Pertanto, il rapporto presenta il resoconto di un tempo di azione breve e concentrato, come quello con cui l’immediata emergenza ci ha obbligate a confrontarci. Un tempo scandito dall’intervento di una molteplicità di attori, tra cui i pochi che, quotidianamente, operano sul tema e i molti altri che, talvolta goffamente, hanno usato la visibilità della tragedia per fuoriuscire dalla loro inattività ed invisibilità sociale o istituzionale. Un tempo breve, ma tuttavia presente. Un tempo meno raccontato e curato, che nondimeno necessita uno sforzo collettivo, affinché non resti invisibile e cada nell’oblio. In questo tempo ci siamo trovate a svolgere un lavoro intenso, seppur non improvvisato. In esso l’esperienza maturata nel tempo dal gruppo di Mem.Med, nonostante la sua recente costituzione, è stata messa in campo, in prima linea, in attività di ricerca e di identificazione dei corpi delle persone non sopravvissute, attraverso un supporto costante delle delle famiglie delle vittime e dei dispersi.

Questo lavoro non vuole soltanto documentare un intervento di emergenza, seguito al naufragio, ma si propone di mettere in luce e denunciare le sistematiche carenze istituzionali che – dalle operazioni di ricerca e soccorso sino alle procedure di identificazione delle vittime – hanno negato alle persone coinvolte il diritto alla vita, alla dignità, al lutto. Nel farlo, esso prova a contribuire alla tessitura di un filo di una memoria attiva e collettiva, come fine ultimo del nostro progetto.

A un mese dalla strage, Mem.Med continua il lavoro di monitoraggio, ricostruzione, accompagnamento, diffusione e denuncia di quanto accaduto, a fianco delle persone sopravvissute e dei familiari delle vittime, nella ricerca dei loro cari ancora dispersi.

Come avevamo sottolineato nel riepilogo delle attività da noi svolte nel 2022, pubblicato in un primo rapporto lo scorso 16 marzo 3, a due settimane dal naufragio di Cutro, non vi è epilogo alle stragi di Stato. Questa ennesima strage ci permette di ri-affermarlo forte e chiaro, attraverso le storie dei familiari e delle stesse morti che gridano verità e giustizia.

Crotone, omaggio della comunità locale alle vittime del naufragio. Foto di Valentina Delli Gatti

Crotone, omaggio della comunità islamica alle vittime del naufragio. Foto di Valentina Delli Gatti

1. Dopo il naufragio: ricerca e identificazione insieme alle famiglie delle vittime

All’indomani del naufragio e dalle prime segnalazioni pervenute dai familiari delle persone disperse, le operatrici e gli operatori di Mem.Mem si sono attivati nell’intento di soddisfare l’insieme di richieste espresse, mobilitando figure professionali e attraverso le conoscenze acquisite sul campo. Ci siamo recate fisicamente a Crotone, raccogliendo dati e contatti utili.

Sul campo abbiamo potuto incontrare la Polizia scientifica, l’ASP, la Croce Rossa Italiana (Comitato di Crotone e Nazionale), gli assessori comunali, le assistenti sociali, lo staff di Medici Senza Frontiere, l’Associazione Sabir, oltre a collettivi della società civile e singole attiviste e attivisti.

Sono state in particolare le realtà della società civile, dall’Associazione Sabir alle singole persone solidali, che hanno supportato insieme a Mem.Med le famiglie degli scomparsi, abbandonate dalle istituzioni in una situazione emergenziale, in parte rinchiusa nel Palazzetto dello sport del Palamilone.

Nonostante la presenza del progetto Restoring Family Links (RFL) della Croce Rossa, dell’Unhcr e di altre realtà che hanno la ricerca e l’identificazione delle persone morte e disperse al centro del loro mandato, ci siamo confrontate sin da subito con la grave mancanza di un coordinamento generale tra i vari attori istituzionali e non-governativi. Non esisteva dunque, anche in questo caso, un sistema chiaro ed efficace di ricerca, identificazione delle vittime e rimpatrio delle loro salme.

Nei primi giorni dopo il naufragio, i familiari giunti da ogni Paese non sapevano dove andare. Non essendo stata attivata alcuna procedura in grado di garantire loro un alloggio, dormivano inizialmente in macchina. Successivamente, la rete locale di associazioni, le assistenti sociali del Comune di Crotone, le attiviste di Mem.Med, con l’aiuto della Croce Rossa, si sono occupate di reperire soluzioni abitative in città, e di accompagnarvi i familiari. La spesa degli alloggi era inizialmente coperta dalla Croce Rossa soltanto per due giorni; solo in seguito all’arrivo del Presidente Mattarella, il 28 febbraio, la Regione decise di prendere in carico le spese di alloggio dei parenti in arrivo fino al termine delle procedure di identificazione dei corpi dei loro cari.

Durante la sua presenza Mem.Med si è relazionata con tutti gli attori presenti, mantenendo come priorità quella di stare a fianco delle famiglie, nell’enorme dolore. Purtroppo, il caos dettato dalla poca trasparenza delle procedure e dalla spettacolarizzazione della tragedia contribuivano a renderle quasi completamente disorientate, in balia di chiunque pretendeva di interloquire con loro, talvolta approfittando del loro grave dolore per ingannarle, strumentalizzarle, fotografarle senza alcun consenso, prendere la parola a loro nome.

Nelle relazioni costruite con i familiari, abbiamo lentamente tracciato un percorso invisibile di ascolto delle loro storie, delle memorie dei loro cari, e delle informazioni ricevute, spesso sconnesse o errate, nell’intento di costruire e restituire chiarezza, a fronte di un’ esplosione di ingiustizia, mancate risposte e assenza delle istituzioni preposte. In queste relazioni silenziose ci siamo avvolte, da qui siamo partite per un percorso comune di lotta, passo dopo passo. Riconoscersi per riconoscere.

In quei giorni come Mem.Med ricevevamo segnalazioni dal Cara di Crotone, dove erano state alloggiate le persone sopravvissute al naufragio. Un’ennesima forma di “accoglienza” indegna e disumana: bambini, tra cui 6 minori non accompagnati, donne, uomini, alloggiate in due hangar fatiscenti, di cui uno solo dotato di “letti” mentre il secondo dotato di panche, alle quali i sopravvissuti preferivano il pavimento. Un’ingiustizia senza limite che andava urlata, documentata e denunciata in ogni modo. A tal fine abbiamo tentato di attivare diversi parlamentari che inizialmente non ci hanno ascoltato. Solo dopo alcuni giorni, l’onorevole Mari ha risposto alla nostra richiesta e, dopo essersi recato al CARA con una delegazione di diverse associazioni della società civile, ha denunciato pubblicamente quanto segnalato e rilevato. In seguito a questa denuncia le persone sopravvissute venivano trasferite altrove, come era accaduto nei giorni precedenti ai minori non accompagnati.

Tra loro vi era un ragazzo di 12 anni, unico sopravvissuto della sua famiglia che, una volta accolto in centro idoneo locale, veniva letteralmente assaltato da giornalisti, senza alcuna sensibilità nei confronti del suo lutto. Ciò metteva in luce, ancora, la necessità di proteggere le persone in condizioni di vulnerabilità da quelle forme di giornalismo irrispettose, violente, lesive della dignità umana.

La vicenda di di Cutro si iscrive nel filone delle tragedie che, per numero di vittime coinvolte o per l’immediata prossimità geografica dalle coste italiane, in cui si sono verificate, sono state oggetto di iper-rappresentazione mediatica e visibilità, spesso funzionale a forme di strumentalizzazione politica. In alcune narrazioni mainstream della tragedia e nelle commemorazioni di stato, diversi attori – istituzionali e non – hanno cercato di mascherare e invisibilizzare le proprie responsabilità nella morte delle persone nel naufragio di Cutro. A fronte di una strage causata delle politiche di gestione dei confini, e delle decisioni istituzionali di non intervenire dinanzi a un’imbarcazione in pericolo, si è cercato vergognosamente di attribuirne la responsabilità alle stesse persone in fuga, ai “genitori inadeguati” che mettono i loro figli a bordo di quelle imbarcazioni, a chi le conduce mettendo a rischio la propria stessa vita.

Mem.Med, insieme alle altre realtà solidali e convergenti in campo con cui ha sviluppato una organizzazione corale, ha potuto assistere e testimoniare in prima persona a tali “fantasmi sociali”, costantemente orbitanti le camere da presa e i microfoni della stampa, prontamente evaporati non appena il sipario dell’emergenza è calato.

Identificazione dei corpi

L’equipe di Mem.Med, insieme ad altre realtà, ha segnalato da subito l’importanza di attuare una serie di procedure fondamentali per il riconoscimento delle vittime. In particolare, il 3 marzo, insieme ad altre associazioni, abbiamo inviato una lettera indirizzata alla Procura, alla Prefettura e alla Questura di Crotone e all’Ufficio del Commissario Straordinario del Governo per le persone scomparse, in cui si rappresentava alle Autorità competenti la necessità e l’importanza di garantire tempestivamente lo svolgimento delle procedure finalizzate ad una corretta ricerca e identificazione delle persone rimaste vittime del naufragio 4.

Infatti, monitorando le procedure di identificazione in corso abbiamo constatato che queste prevedevano per lo più il riconoscimento attraverso immagine fotografica delle vittime e non tramite comparazione del DNA dei familiari con quello delle salme. Tale procedura è stata efficace a riconoscere delle vittime nei giorni direttamente successivi al naufragio, quando i corpi recuperati dal mare erano ancora integri e riconoscibili ma, come abbiamo segnalato fin da subito alle autorità competenti, è una modalità non sufficiente e non completamente certa.

Su richiesta e su mandato delle famiglie degli scomparsi che, progressivamente, nel corso dei giorni, si sono recate a Crotone per identificare i loro cari coinvolti nel naufragio, il 7 marzo abbiamo presentato un’istanza alla Procura per sollecitare il prelievo del DNA non solo dal corpo delle vittime, ma anche da quello dei familiari con lo scopo di effettuare un esame comparativo dei campioni e dei dati raccolti, anche a seguito di rinvenimenti postumi di corpi, per accertare l’appartenenza e dare seguito alle esequie.

La Procura di Crotone, nonostante i solleciti legali rappresentati dalle avvocate di Mem.Med che si sono recate in loco, in una prima fase non ha predisposto né autorizzato il prelievo del DNA e la raccolta dati ante mortem. Dal momento che diversi familiari che non avevano potuto ritrovare i loro cari tra le salme dovevano ripartire per rientrare nei loro Paesi di provenienza, la necessità di svolgere una tale procedura diventava sempre più urgente. Pertanto anche la Polizia scientifica calabrese e l’ASP di Crotone, che stavano lavorando fianco a fianco nelle procedure di identificazione, hanno manifestato al Pubblico Ministero l’intenzione di procedere in tal senso, attivandosi materialmente per la raccolta dei campioni.

E’ stato solo dopo azioni di pressione pubblica, organizzando una conferenza stampa e portando l’attenzione dei media su questa grave mancanza, grazie anche al supporto di amplificazione e di diffusione da parte della redazione di Melting Pot Europa, che il giorno 15 marzo la Procura ha autorizzato il prelievo dei campioni, permettendo così alla Polizia Scientifica di raccogliere questo materiale e inoltrarlo al laboratorio interregionale per le comparazioni.

Questo risultato costituisce un precedente nella gestione delle morti in mare che implica la presa di responsabilità da parte dello Stato nel lavoro di raccolta dati ante e post mortem ed elaborazione degli stessi, solitamente affidata e realizzata da enti terzi come la Croce Rossa Internazionale o il Laboratorio di Antropologia e Odontologia forense (LABANOF) di Milano.

Mem.Med ha con questi scopi lavorato fin da subito alla compilazione di schede ante mortem delle persone scomparse nel naufragio raccogliendo dati anagrafici, descrizione fisica e segni particolari, nonché informazioni relative all’abbigliamento e agli oggetti personali indossati dalle persone in viaggio, depositando questo materiale e ogni altra documentazione utile alla restituzione dell’identità delle salme presso l’ufficio della Polizia scientifica locale che continua a lavorare all’identificazione dei corpi senza nome.

Inoltre, Mem.Med si è attivata affinché anche i parenti di primo grado delle vittime, che per diverse ragioni si trovano lontani da Crotone, possano avere la possibilità di depositare un campione del proprio DNA presso gli uffici competenti di altre regioni, utili alla comparazione e all’identificazione.

  1. Secondo l’ultimo aggiornamento ricevuto nella mattinata del 26/03/23
  2. Naufragio di Cutro, l’esposto di 43 organizzazioni: «Era prevedibile ed evitabile»
  3. «La mer(e) Méditerranée».1° Rapporto del progetto Mem.Med sulle attività di ricerca e identificazione delle vittime della frontiera del Mediterraneo (2022/2023)
  4. La lettera è scritta e firmata da ASGI, Mem.Med, Lasciatecientrare e Milano Senza Frontiere

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