Nel novembre scorso su Pressenza avevamo scritto su “L’altra California, quella dei diritti sociali“, uno Stato in cui si stavano svolgendo alcuni scioperi di migliaia di lavoratori.

Quello di due giorni, per il rinnovo del contratto di lavoro, delle 22.000 infermiere di 21 ospedali nella Bay Area di San Francisco e di 1.200 a Los Angeles, dipendenti della grande catena ospedaliera Kaiser Permanente, si è chiuso con la firma di un accordo.

Così pure quello dei 48.000 lavoratori (studenti post-dottorato, ricercatori, tutor e assistenti didattici) di 10 campus dell’Università della California, organizzati dal sindacato United Auto Workers, per il rinnovo del contratto di lavoro e contro i “salari da povertà”, la precarietà e le discriminazioni occupazionali. L’accordo infine raggiunto, dopo sei settimane di sciopero, non ha soddisfatto tutti i lavoratori: ha votato contro il 35%, soprattutto perché esso non prevede un legame tra l’aumento di retribuzione e quello degli affitti.

In questo marzo sono scesi in campo 30.000 lavoratori del distretto scolastico di Los Angeles per il rinnovo del contratto e il rispetto del proprio lavoro. Sono bidelli, addetti alla mensa, autisti di scuolabus, assistenti d’appoggio, il cui lavoro è stato a parole considerato indispensabile durante la pandemia, ma non altrettanto valorizzato né allora né oggi (quando essa è ancora presente). Lavoratori trattati dal Los Angeles Unified School District (LAUSD), il secondo per numero di studenti degli U.S.A., come forza lavoro di serie B e retribuiti con “salari di povertà”. Molti di loro, spesso donne a part time con famigliari a carico, sono costretti a fare un secondo lavoro a causa dell’alto costo della vita in una città come Los Angeles, in cui l’affitto medio annuo di un alloggio con una camera da letto è di 30.000 dollari, mentre lo stipendio medio annuo di questi lavoratori è di 25.000.

La piattaforma sindacale chiede aumenti salariali equi, allungamento degli orari a tempo pieno, trattamento rispettoso degli addetti e maggiore personale per migliorare i servizi agli studenti.  Lo sciopero di tre giorni, dal 21 al 23 marzo, è stato approvato dal 96% del personale, ha bloccato le lezioni scolastiche di mezzo milione di studenti e ha fatto seguito a mesi di estenuanti trattative iniziate nell’aprile 2022, durante le quali il personale è stato anche oggetto di “vessazioni, spionaggio e intimidazioni”. Tanto da indurre il Sindacato SEIU Local 99 a denunciare il Distretto scolastico per violazione delle leggi sul lavoro. In un caso estremo, il personale di una scuola è stato chiuso a chiave in un locale mensa onde impedire la votazione per lo sciopero

Nella settimana precedente l’agitazione sindacale si è svolta una grande manifestazione nel centro della città, che ha portato di fronte al Municipio 45.000 persone di tutte le mansioni della scuola e loro sostenitori, a sostegno delle richieste di un aumento di stipendio del 30% nel corso del contratto quadriennale e di un bonus orario di 2 dollari per le attività pericolose. Aumenti che porterebbero finalmente questi lavoratori al di sopra della soglia istituzionale di povertà.

Dichiara un membro del sindacato: “Viviamo in questo strano paradosso come lavoratori che aiutano a sfamare i bambini e allo stesso tempo lottiamo per sfamare i nostri stessi figli. Aiutiamo gli studenti ad andare all’università, eppure non abbiamo abbastanza soldi per mandarci i nostri figli”.

Oltre all’unità dimostrata tra di loro, i lavoratori manuali della scuola hanno trovato al loro fianco i 30.000 insegnanti iscritti al sindacato United Teachers of Los Angeles, che non solo non hanno “oltrepassato la linea del picchetto” (che avviene camminando di fronte agli ingressi, come prevede la legge statunitense), ma hanno proclamato uno sciopero di sostegno. Gli insegnanti californiani lo avevano già fatto nel 2019 per sei giorni per ottenere classi con meno allievi, più personale scolastico e salari più alti. Le stesse motivazioni al centro dei numerosi scioperi nella scuola diffusi nelle città degli U.S.A. in questi anni.

Anche questo sciopero losangelino evidenzia una nuova fase di coscienza e di forza dei lavoratori statunitensi, che cerca di superare una lunga storia di divisioni per mestiere e di concorrenza tra sindacati che li hanno inevitabilmente danneggiati. Tale nuova fase è rafforzatoa dall’appoggio di tutti i sindacati, di buona parte delle comunità locali (come nei difficili tentativi di sindacalizzazione delle caffetterie Starbucks e di Amazon) e dal maggior potere della base all’interno dei sindacati (come nel caso delle tendenze organizzate per una maggiore democrazia interna dei minatori, dei ferrovieri, dei camionisti, dei metalmeccanici).

Lo si vede anche dalla dichiarazione di Thresa Thomas, un’addetta alle mense, alla riapertura delle scuole di venerdì 24 marzo: “Restando uniti nei picchetti, prima che sorgesse il sole e sotto il vento e la pioggia, abbiamo dimostrato al distretto che non abbiamo paura. Siamo più forti che mai. Abbiamo ottenuto il rispetto che chiedevamo e sembra che il mondo intero ci stia finalmente ascoltando”.

Fonti:

Pai, 30,000 L.A. school support staffers to strike; teachers refuse to cross picket line, People’s World, 17.3.2023

Graeme Massie, L.A. school strike: What do staff behind massive walk-out want?, Indipendent, 22.3.2023

Elizabeth Wolfe and Taylor Romine, Los Angeles schools will reopen Friday after workers’ massive 3-day strike for better pay and working conditions, CNN, 23.3.2023