A poche ore dalle due scosse di terremoto del 6 febbraio nel sud-est della Turchia, sono già partite da Istanbul diverse squadre di soccorso. Nella zona di Yenikapı, fuori dalla mura della città vecchia, un grande padiglione viene allestito dal Comune come centro della logistica degli aiuti. Nel frattempo gruppi di cittadini si organizzano spontaneamente per gli invii nelle zone terremotate. A fianco della Protezione civile turca (AFAD), altre associazioni raccolgono fondi o vestiti, cibo, tende, farmaceutici, bagni mobili. Insieme ad altre, la ong AHBAP https://ahbap.org/ , fondata dal musicista rock Haluk Levent e attiva già da anni in diverse emergenze, suscita particolare fiducia in molti cittadini che preferiscono un canale alternativo a quello statale.

foto di IBB Miras – Deniz Yeşil

Si susseguono difatti, nei giorni successivi, le voci che denunciano i ritardi nei soccorsi; alcune ong raccontano di confische e blocchi dei convogli che portano gli aiuti. «Mentre la società civile ha messo da parte tutti i suoi problemi e ha mostrato una forte solidarietà di fronte al disastro, la politica non è riuscita a dare una immagine di unione in un momento difficile», ha dichiarato il sindaco di Istanbul Ekrem Imamoğlu, del partito CHP (Partito Popolare Repubblicano, di opposizione al governo nazionale). Il lavoro e l’organizzazione messi in campo dal Comune vogliono mostrare invece un approccio che prelude a un nuovo patto di cittadinanza, a un diverso rapporto tra cittadini e istituzioni. Il centro organizzato a Yenikapı è infatti pensato fin nei particolari per la partecipazione dei volontari agli aiuti. Centinaia di persone sono impegnate nello smistamento, nell’etichettatura, nell’impacchettamento, e poi nel caricare i tir che entrano direttamente nell’hangar e che partono verso le zone colpite salutati da un applauso e suonando il clacson. Due grandi teli pendono dal soffitto, e altri uguali si alternano sulle pareti: uno è la bandiera nazionale, l’altro è il ritratto di Atatürk.

foto di IBB Miras – Oğuz Çiçek

Anche nella megalopoli turca, a mille km di distanza, il terremoto ha lasciato un segno profondo. Le conseguenze economiche, sociali, abitative, psicologiche di questo sisma probabilmente influenzeranno gli anni a venire del paese e, a poco più di due mesi dalle elezioni politiche (previste per il 14 maggio), il posizionamento del Comune di Istanbul e del suo sindaco sono particolarmente indicative.

Uno dei punti più importanti è quello della prevenzione, nell’arrivare preparati ad un altro possibile terremoto. Il 1 marzo, difatti – a poche settimane dalle prime due scosse di 7.7 e 7.6 della scala Richter con epicentro a Kahramanmaraş, alle quali ha fatto seguito una miriade di repliche alcune delle quali molto forti – il sindaco di Istanbul ha presentato il “Piano di azione e risposta ai terremoti per la città di Istanbul”.

foto di IBB Miras – Deniz Yeşil

Situata a pochi chilometri dalla faglia Nord anatolica, la megalopoli sul Bosforo è infatti a rischio terremoti di entità simili a quello che ha colpito da poco ledieci province situate lungo la faglia Est anatolica. Alcuni tra i maggiori esperti nel campo della geologia e della sismologia in Turchia hanno anche avanzato delle ipotesi sia sulla possibile magnitudo del futuro terremoto nelle vicinanze di Istanbul (tra 7.2 e 7.6 della scala Richter, secondo il Prof. Celal Şengör della Istanbul Technical University https://www.duvarenglish.com/geology-professor-warns-of-expected-istanbul-quake-after-latest-strike-news-61567 ), sia su quando questo potrebbe avvenire (per il 64% delle possibilità entro il 2030, secondo il Prof. Doğan Kalafat del Kandilli Observatory and Earthquake Research Institute https://www.duvarenglish.com/istanbul-to-be-hit-by-major-quake-in-next-7-years-with-64-chance-kandilli-observatory-professor-warns-news-61894 ). L’energia accumulata sulla faglia Nord anatolica potrebbe infatti dar corso a un sisma nella zona del Mar di Marmara, a pochi km dalla città, provocando allo stesso tempo un rischio di tsunami.

Secondo le parole del sindaco, questo rischio rende necessaria una «mobilitazione che dovrà coinvolgere tutte le istituzioni, a livello nazionale e locale, insieme con i cittadini». Appoggiandosi ad una serie di report prodotti dagli uffici tecnici del Comune già negli anni scorsi, il piano punta soprattutto a non ripetere gli errori e a intervenire sulle cause strutturali che hanno determinato il disastro nel quale la Turchia si trova in questo momento.

foto di IBB Miras – Şahan Nuhoğlu

Innanzitutto è prevista l’istituzione di un Consiglio per i terremoti esteso a tutta la regione di Marmara, in cui i rappresentanti delle istituzioni locali, gli esperti, le camere professionali e il governo collaborino a elaborare una strategia comune. Il Piano poi si rivolge all’intervento di emergenza. La tempestività dei soccorsi è fondamentale per salvare quante più vite è possibile, per questo motivo si prevede la formazione di 5mila professionisti e la presenza di una squadra di soccorso in ogni quartiere. Sono poi menzionati il potenziamento dell’infrastruttura logistica che è possibile mettere in funzione, gli spazi adeguatamente attrezzati per le tendopoli, l’allestimento di corridoi di evacuazione dalla città e gli interventi necessari ad assicurare la continuità delle telecomunicazioni, con stazioni di telefonia mobile posti su edifici pubblici e navi. Grazie ad un cavo in fibra ottica di 50 km sul quale saranno collocati 5mila sensori, sarà realizzato anche un sistema di allerta in grado di lanciare un allarme precoce.

Oltre a questo tipo di preparazione, quello che conterà di più sarà però la capacità di cambiare quello che Imamoğlu ha definito un intero «sistema che produce “edifici marci”». Il Comune ha già avviato, nelle aree di sua proprietà, la costruzione a breve termine di 5mila alloggi sociali a prezzi accessibili e la costruzione di altri 5 mila è prevista a medio termine. In una città che conta 16 milioni di abitanti residenti (e probabilmente alcuni altri milioni di non residenti), però, restano enormi le risorse finanziarie che occorrono per effettuare uno screening rapido e generalizzato degli edifici e per adeguare il patrimonio edilizio alle norme antisismiche.

Soprattutto, non si dovrà proseguire con la pratica dei condoni, che la politica turca ha utilizzato negli scorsi decenni come meccanismo di consenso politico sia nei confronti della popolazione a basso reddito che rispetto al settore privato delle costruzioni, che ha potuto raccogliere profitti facili grazie ad una espansione urbana rapida e senza controllo. (https://kaleydoskop.it/societa/morire-di-macerie-morire-di-politica/ ).

«D’ora in poi dovremo considerare la proposta di condoni come un tradimento per il nostro futuro. […] Dovremo proporre un emendamento costituzionale per vietare i condoni urbanistici», ha dichiarato Imamoğlu durante la presentazione pubblica del Piano per i terremoti, auspicando anche qui un fondamentale cambiamento negli obiettivi politici ed economici della Turchia dei prossimi anni.

Luca Onesti