Politici, avvocati, giornalisti, whistle blowers e difensori dei diritti umani hanno chiesto al Primo Ministro Albanese di intensificare gli sforzi per liberare il giornalista australiano e cofondatore di WikiLeaks Julian Assange.

Gli esperti hanno testimoniato al Belmarsh Tribunal di Sydney il 4 marzo, un evento organizzato da Progressive International in collaborazione con la Wau Holland Foundation e co-presieduto da Mark Davis e Mary Kostakidis.

La moglie Stella Assange ha implorato il Primo Ministro di usare il suo potere presso gli Stati Uniti, alleati dell’Australia, per chiedere il rilascio del marito. Assange è detenuto arbitrariamente da 13 anni, quattro dei quali in custodia cautelare nella prigione di massima sicurezza di Belmarsh, a Londra, in attesa della possibile estradizione negli Stati Uniti con l’accusa di spionaggio.

“Il Primo Ministro Anthony Albanese, più di chiunque altro, ha in mano il destino di Julian. Quindi gli chiedo di prendere in mano il destino di Julian e di riportarlo a casa da noi, dai nostri figli, da me e di porre fine alle sue sofferenze”, ha dichiarato la signora Assange.

Gli oratori di spicco presenti al Tribunale comprendevano whistle blowers, l’ex ufficiale dei servizi segreti della CIA John Kiriakou e l’avvocato dei servizi segreti dell’esercito australiano David McBride, l’ex Ministro degli Esteri del governo Gillard Bob Carr, il politico greco Yanis Varoufakis e deputati indipendenti come Josh Wilson dell’ALP, il senatore David Shoebridge, la dottoressa Monique Ryan e Bridget Archer.

Sono state ascoltate le testimonianze di Bernard Collaery, avvocato per i diritti umani, Kellie Tranter e Jen Robinson, legale di Assange, nonché della presidente del MEAA [1]Karen Percy, della pluripremiata giornalista Kerry O’Brien e di Dean Yates, ex capo ufficio della Reuters a Baghdad.

Yates ha detto a proposito dell’ormai famigerato video “Collateral Murder” sull’attacco aereo statunitense sulle strade di Baghdad che ha ucciso due dei suoi collaboratori della Reuters: “Il signor Assange potrebbe essere imprigionato per mezzo secolo solo per aver pubblicato le regole di ingaggio che dimostrano che l’attacco ha violato il diritto internazionale. Eppure gli Stati Uniti non hanno perseguito gli uomini che hanno premuto il grilletto o chiunque altro nella catena di comando. Non hanno perseguito coloro che hanno condotto un’indagine fasulla sull’attacco o che si sono impegnati nell’insabbiamento e hanno mentito al riguardo”.

È intervenuta anche l’accademica Kylie Moore-Gilbert, che ha trascorso 804 giorni in una prigione iraniana con l’accusa di spionaggio. È stata rilasciata in uno scambio di prigionieri nel 2022 dopo che il governo australiano era intervenuto nel suo caso.

“Sono molto grata e riconoscente al governo australiano per avermi assicurato la libertà dopo due anni e mezzo di ingiusta condanna a 10 anni di carcere per reati che non ho commesso. Anche Julian è accusato di crimini ridicoli di cui non è colpevole. Ha sofferto abbastanza. Chiedo al governo australiano di dimostrare la stessa risolutezza che ha applicato al mio caso per garantire la libertà di Julian Assange. Julian è uno di noi. È una persona coraggiosa che si è alzata in piedi e ha fatto sentire la sua voce, schierandosi per ciò che è giusto”, ha dichiarato la signora Moore-Gilbert.

Traduzione dall’inglese di Anna Polo

[1] Media, Entertainment & Arts Alliance, l’organizzazione sindacale e professionale australiana che copre le industrie dei media, dell’intrattenimento, dello sport e delle arti.