In Perù aumenta la protesta popolare per chiedere la scarcerazione dell’ex presidente socialista Castillo, lo scioglimento del Parlamento ed una Assemblea Costituente che riscriva la Costituzione del dittatore fascista del Piano Condor Alberto Fujimori, tutt’ora in vigore.
A inizio dicembre 2022, di fronte a blocchi stradali in 13 dei 24 Stati del Paese e alla occupazione di 4 aeroporti (Cuzco, Puno, Arequipa, Apurimac) da parte dei manifestanti, il ministro degli interni golpista Otarola ha proclamato lo “stato di emergenza” in tutto il Perù e non ha escluso l’ipotesi di un coprifuoco generalizzato in caso di “aggravamento della situazione”.
La situazione è oggi in realtà aggravata dal governo golpista e neoliberista con migliaia di militari nelle strade per dare sostegno alla polizia nella repressione violenta.
I governi di Colombia, Messico , Argentina e Bolivia hanno manifestato il loro sostegno all’estromesso presidente peruviano, Pedro Castillo ed hanno chiesto il rispetto della volontà popolare. In una dichiarazione congiunta pubblicata dal ministero degli Esteri colombiano, i governi di Colombia, Messico, Argentina e Bolivia hanno espresso la loro “profonda preoccupazione” per i recenti eventi che stanno portato all’allontanamento e alla detenzione di Pedro Castillo, che considerano “presidente della Repubblica del Perù”.
Nel comunicato si legge che “sin dal giorno della sua elezione, Castillo è stato vittima di vessazioni antidemocratiche, in violazione dell’articolo 23 della Convenzione Americana sui diritti umani, approvata il 22 novembre 1969. Successivamente lo stesso Castillo è stato vittima di un trattamento giudiziario che nello stesso modo ha violato l’articolo 25 della medesima Convenzione. I nostri governi invitano tutti gli attori coinvolti a non ribaltare la volontà popolare espressa nelle urne e a dare priorità alla volontà dei cittadini rispettando pienamente i diritti umani del presidente Castillo dandogli una tutela giudiziaria. Questo deve essere il modo di interpretare il senso di democrazia contenuto nel Sistema Interamericano dei Diritti Umani”.
Il neo-presidente colombiano Gustavo Petro ha criticato fortemente il governo golpista peruviano attraverso un tweet: “La crisi in Perù e l’arresto senza giudice e senza difesa, di un presidente eletto dal popolo ha seriamente messo in discussione il ruolo della Convenzione Americana nell’ordinamento giuridico latinoamericano” .
Tra il 15 e il 16 dicembre, altre 17 persone sono state uccise, per un totale di 46, e altre 68 sono rimaste ferite ieri in Perù nelle proteste contro il governo golpista di Dina Boluarte subentrato al legittimo presidente, il socialista Pedro Castillo. Il Ministero della Salute ha confermato il numero delle vittime e ha affermato che sono state prodotte dalla repressione contro i manifestanti a Juliaca, città che ha vissuto a dicembre il sesto giorno consecutivo di proteste anti-golpiste che chiedono le dimissioni di Boluarte, la chiusura del Congresso, nuove elezioni per il 2023 e una nuova Costituzione.
Le proteste ed i blocchi stradali riguardano soprattutto le regioni povere andine del sud del Paese che avevano contribuito alla elezione di Castillo con percentuali di voto tra il 60% e l’80%. Il direttore regionale della sanità di Puno, Ismael Cornejo, ha dichiarato alla radio locale RPP che alcune delle vittime mortali e dei feriti nella regione erano stati colpiti da proiettili di arma da fuoco.
La polizia e le forze di sicurezza sono state accusate da gruppi per i diritti umani di usare armi da fuoco e lanciare bombe con gas dagli elicotteri. Secondo la Defensoría del Pueblo, tra le vittime mortali di questo mese c’è un minorenne e un neonato che sono morti durante il trasferimento a Puno in un ospedale in ambulanza . Recentemente centinaia di persone si sono radunate, il 10 gennaio 2023, a Juliaca presso l’obitorio dell’ospedale Carlos Monge Medrano, dove si è svolta una veglia collettiva di fronte alle 17 vittime di lunedì, tra le quali anche il medico Marco Antonio Samillán Sanga di 31 anni, colpito a morte mentre aiutava i feriti insieme ad una brigata medica e infermieristica volontaria. Tutte le bare presenti, compreso il rito funebre, sono state donate dai membri dell’Associazione delle Onoranze Funebri come gesto di solidarietà verso le famiglie dei manifestanti uccisi dalle forze di polizia. Molti parenti delle vittime hanno partecipato alle manifestazioni da altre province del nord di Puno. Finora si sa che 17 civili e 1 agente di polizia sono morti durante le proteste registrate solamente nella città di Juliaca, provincia di San Román.
Intanto ieri, la Procura Nazionale ha disposto l’apertura di un’istruttoria preliminare per genocidio nei confronti della Presidente golpista, Dina Boluarte, del Presidente del Consiglio, dei Ministri, Alberto Otárola, del Ministro degli Interni Víctor Rojas e del ministro della Difesa Jorge Chávez.
Il provvedimento riguarda i presunti reati di genocidio, omicidio e lesioni gravi, commessi durante le manifestazioni nei mesi di dicembre 2022 e gennaio 2023 nelle regioni di Apurímac, La Libertad, Puno, Junín, Arequipa e Ayacucho .
Oggi 11 gennaio 2023, la segretaria del Coordinamento Nazionale dei Diritti Umani (CNDDHH) Jennie Dador, ha elencato i numeri provvisori della repressione dei manifestanti da parte del neo governo golpista di destra. “Ad oggi dobbiamo elencare 21 persone assassinate, non morte di morte naturale, ma assassinate. 89 feriti, 147 persone detenute illegalmente da personale non identificato e senza la possibilità di ricevere la visita di un avvocato difensore nel momento dell’arresto. Il governo sta reprimendo con l’esercito la protesta in strada e usa i metodi militari impiegati contro il grande crimine organizzato e il narcotraffico. Pertanto l’autoritarismo violento ha preso il posto del confronto democratico. Chiediamo la fine dell’intervento militare e riteniamo responsabili di questi crimini le più alte autorità politiche del Paese”.
Con questi decessi sale a 48 il numero dei morti dall’11 dicembre 2022, quando sono iniziate le manifestazioni in tutto il Paese, dopo che Boluarte ha assunto la presidenza del Paese. Contro la repressione governativa, hanno presentato le dimissioni irrevocabili la ministra dell’Istruzione Patricia Correa, la quale ha respinto la “violenza di Stato” che ha causato proteste in varie regioni del Paese, ed il ministro della Cultura Jair Perez Brañez il quale ha definito “insostenibile” la sua permanenza al governo a causa delle “dolorose vicende avvenute nel Paese che hanno provocato la perdita irreparabile di fratelli e sorelle” .
Per quanto riguarda le reazioni internazionali, purtroppo il copione è noto. I manifestanti uccisi assumono importanza per i governi occidentali e per i grandi media soltanto se la protesta è contro un presidente non gradito a Washington, nel caso contrario, il richiamo ai decantati Diritti Umani può attendere. Il silenzio dell’Occidente “democratico” è assordante e dall’inizio della repressione in Perù non si è rilevata ancora alcuna condanna o presa di posizione ufficiale dell’Unione Europea, dei governi europei, del governo degli Stati Uniti o di Amnesty International .