Il tuo corpo adesso è la tua casa.

Socchiudo cauta persiane come palpebre.

Accosto scuri

che scirocco insolente spalanca

e accarezzo le lastre di marmo

dell’antica cucina,

carni gelide ormai di tua passione

trascorsa.

Custodisco gli ultimi vasi in fiore

che per poco non hai visto sbocciare.

Rassetto sedie disposte negli angoli

come raccomandavi tu.

Lavo e ripiego il tuo sudario,

odoroso arcobaleno di lamenti

e docili sorrisi.

Tolgo ogni traccia

dei veleni innocenti della cura

che t’hanno affaticato le ore.

Non cancello le sbalordite carezze

con cui infine ti accompagnavamo.

Quando tutto mi appare in ordine,

rigiro incerta la chiave nella toppa:

mi sembra di rinserrarti offesa.

Tornerò,

tornerò domani …

non so a che fare …

a controllare che non s’incenerisca

l’aura di nostra

tardiva gratitudine.

 

(A mia madre e a mio fratello)
(22-01-2023)