Negli ultimi periodi degli anni 40’, al termine della Seconda Guerra Mondiale, i suoi vincitori stavano riorganizzando la vita dell’umanità sul pianeta Terra e molti temevano una guerra nucleare.  I delegati che si riunirono a San Francisco e fondarono le Nazioni Unite intendevano organizzare una pace duratura.  Molti temevano la diffusione del comunismo.  Altri temevano la sconfitta del comunismo e la vittoria definitiva del capitalismo. Ad eccezione di alcuni casi particolari, come il Mahatma Gandhi e il suo collega economista J.C. Kumarappa, nessuno temeva il pericolo più grande di tutti: lo sviluppo.

Sebbene la “pace” e la “sicurezza” fossero ideali citati nei negoziati che hanno portato alla fondazione delle Nazioni Unite, lo “sviluppo” non lo era.

Tuttavia, concepito come soluzione e non come problema, lo “sviluppo” ha dato il nome a un ideale che poteva tenere assieme le Nazioni Unite. Risolveva il problema di tenere a bordo l’Unione Sovietica e l’Europa dell’Est.  Poteva essere accettato da tutti, Est e Ovest. Nord e Sud potevano convenire che c’era più di un modo per “svilupparsi”. Lo “sviluppo” era il risultato del processo di accumulazione capitalistica.  Ma anche la pianificazione centrale, insieme agli investimenti e all’accumulazione da parte dello Stato, potevano essere considerati “sviluppo”.

Le Nazioni Unite tennero la loro prima riunione a Londra il 10 gennaio 1946. Quando il 10 dicembre 1948 l’Assemblea Generale adottò a Parigi la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, con la sua forte enfasi sui diritti sociali, compreso il diritto al lavoro, lo “sviluppo” era già “il nuovo nome della pace”.

Lo “sviluppo” divenne il nome per portare la maggioranza “sottosviluppata” (poi “in via di sviluppo”) degli esseri umani sul nostro pianeta nella terra promessa dove la minoranza “sviluppata” era già arrivata.  La “ricostruzione” dell’Europa avrebbe portato senza soluzione di continuità allo “sviluppo” di Africa, Asia e America Latina. La Banca Mondiale era già stata denominata Banca Internazionale per la Ricostruzione e lo Sviluppo.

Per la maggior parte della storia, l’umanità non è stata riconosciuta come un’entità collettiva unita. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, di comune accordo e per esplicito consenso, l’umanità è stata finalmente designata legalmente, in documenti firmati dai rappresentanti di tutti i governi nazionali, come una specie con uno scopo comune. Il suo scopo era lo sviluppo.

All’epoca pochi erano consapevoli di ciò che oggi, nel 2023, è diventato dolorosamente evidente a tutte le persone pensanti. La vita umana e tutta la vita potrebbe essere distrutta o quasi da una guerra nucleare totale. Oggi in particolare, la Russia, apparentemente senza alternative migliori, potrebbe o non potrebbe avvalersi di armi nucleari tattiche. L’uso di armi nucleari tattiche potrebbe o non potrebbe portare all’uso di armi nucleari strategiche. Un0 scontro nucleare totale potrebbe non accadere mai. Lo sviluppo, invece, è avvenuto. È ancora in corso. Lo sviluppo ha creato la cosiddetta Grande Accelerazione, ovvero il decollo, dopo la Seconda Guerra Mondiale, di misure di sviluppo economico che aumentano sempre più di pari passo con il costante peggiorare della catastrofe ecologica. Lo sviluppo ha già distrutto molte specie ed è sulla buona strada per distruggere la specie umana.

Sebbene la parola “sviluppo” abbia avuto una storia precedente a quella in cui è stata utilizzata per dare un nome allo scopo comune dell’umanità dopo la seconda guerra mondiale, ho usato il termine evocando il suo significato successivo alla guerra. Ora offrirò un’interpretazione di quello che è stato ed è il significato cruciale dell’ultimo periodo.

Se si consultano esperti riconosciuti in materia di sviluppo associati al Center for International Development della Harvard Kennedy School, come Dani Rodrik, Ricardo Hausmann e Andres Velasco, si apprendono due fatti fondamentali che hanno sottolineato a mezzo stampa in un testo scritto congiuntamente:

Qualunque altra cosa possa essere lo sviluppo, è crescita economica.

Per far sì che la crescita economica avvenga, è necessario che gli investitori siano “entusiasti” di investire.

L’economista boliviano Gabriel Loza fa un ragionamento simile: una teoria dello sviluppo è una teoria dell’investimento.

Impariamo il significato di una parola studiando il suo rapporto con quelle che il linguista Ferdinand de Saussure chiamava parole vicine. Stiamo imparando a conoscere la parola sviluppo mettendola in relazione con le sue vicine “crescita” e “investimento”.

Un altro vicino è la “produttività”. La produttività spiega perché lo sviluppo si è guadagnato la reputazione di nobile causa umanitaria. Lo sviluppo non si è guadagnato la reputazione di essere un altro nome per la pace; né si è guadagnato l’approvazione del Vaticano e di convinti socialdemocratici scandinavi come Gunnar Myrdal, Trygve Lie e Dag Hammarskjold perché era un altro nome per investimenti redditizi.

Lo sviluppo portava un altro nome e aveva un’altra descrizione.  Era il nome del patto sociale che poneva fine alla lotta di classe. Le economie “sviluppate” del primo mondo hanno indicato la strada al terzo mondo “sottosviluppato”, perché allora lo sviluppo permetteva di finanziare i diritti sociali dell’uomo. La pace sociale del dopoguerra è stata costruita quando i soldati della classe operaia che avevano combattuto Hitler – gli uomini che Franklin Roosevelt chiamava “i ragazzi delle quattro libertà” (libertà di parola, libertà di culto, libertà dal bisogno, libertà dalla paura) sono tornati a casa dopo aver sconfitto i nazisti. Non sono tornati a casa con una continuazione della depressione degli anni Trenta. Tornarono a casa con un’occupazione quasi totale, lo stato sociale, il GI Bill che forniva istruzione terziaria gratuita ai veterani e la negoziazione collettiva.

Si riteneva che la chiave della pace sociale nel primo mondo fosse l’alta produttività. Si credeva che la povertà del terzo mondo fosse causata, in fondo, da una bassa produttività.

Lo sviluppo era, ed è tuttora, un nome per aumentare la produttività. Si riteneva, e si ritiene tuttora, che far sì che gli investitori siano entusiasti di investire sia un mezzo pratico per raggiungere il fine sociale della prosperità condivisa. A volte si pensa che sia l’unico mezzo pratico.

All’inizio del 2023, dopo i traumi del 2022 e del 2021, il pacifico ventunesimo secolo immaginato dai fondatori delle Nazioni Unite si è trasformato in una favola che non si è avverata.

Nel primo mondo la produttività è aumentata sempre di più, mentre la pace sociale è diminuita sempre di più. L’industria si è spostata nel terzo mondo, tanto che i consumatori della classe media e alta del terzo mondo, che accedono al mercato per prodotti costosi, ora superano in numero e in spesa i consumatori del primo mondo. Il terzo mondo comprende alcune delle società più diseguali, tra cui il Sudafrica (coefficiente Gini 63), la Colombia e l’Arabia Saudita (54), il Brasile (48,9), l’India (47) e la Cina (46,6).

Se lo sviluppo poteva essere “il nuovo nome della pace”, la storia si è svolta in un mondo in cui, come ha scritto Jürgen Habermas, il mercato è la realtà sociale primaria e il governo è solo una realtà sociale secondaria e in cui, come ha osservato Alan Greenspan in termini più pittoreschi “non importa chi viene eletto presidente. I mercati governano il mondo”. Lo sviluppo ha dimostrato di essere in pratica soprattutto crescita economica che produce la Grande Accelerazione.

All’inizio del 2023, mentre le calotte polari si sciolgono, gli incendi e le guerre immettono nell’atmosfera enormi quantità di CO2, innescando catene di cause che portano ad altri incendi e ad altre guerre, e mentre migranti economici disperati rischiano la vita nel tentativo di attraversare il Mediterraneo per fuggire dall’Africa ed entrare in Europa, il diavolo chiede la sua libbra di carne.

Suggerisco un’agenda per la sopravvivenza con tre imperativi difficili da realizzare contemporaneamente:

Accogliere nella famiglia dell’umanità i miliardi di persone oggi oppresse, o completamente rifiutate, dal mercato del lavoro, organizzando mezzi di sussistenza dignitosi per tutti – dando la priorità al finanziamento di lavori per realizzare il compito più importante, cioè il ripristino degli equilibri naturali (per esempio piantando alberi).

Riconsiderare il “successo” delle classi medie e alte che stanno distruggendo il pianeta con stili di vita irresponsabili, violando la massima di Kumarappa: non consumare in un anno più di quanto la natura possa sostituire in un anno. Si tratta di una sfida sia ad elevata tecnologia che a bassa tecnologia. La parte ad elevata tecnologia (ad esempio la transizione energetica e le economie circolari) richiede capitale e intelligenza.  La parte a bassa tecnologia (ad esempio le biciclette e gli hamburger di soia) richiede un cambiamento culturale.

Ridurre il tasso di natalità rispetto a quello della mortalità, diminuendo il numero di esseri umani sul pianeta.

Un nome per l’orientamento generale degli sforzi per fare la differenza per il bene, dato questo tipo di analisi di ciò che l’umanità sta affrontando, è “organizzazione senza limiti”.  Per iniziare le conversazioni, o piuttosto per continuare in Occidente le conversazioni iniziate con Socrate, in Cina le conversazioni iniziate prima, in India ancora prima e altrove in date che non conosco, il “bene” può essere definito come “soddisfare i bisogni umani in armonia con la natura”.  O, per usare le parole di Carol Gilligan, “assistere e rispondere ai bisogni”.

Il termine “Unbounded organizing” (UO) si riferisce a innumerevoli iniziative intraprese da persone di ogni estrazione sociale, in tutti i settori dell’economia, senza escludere a priori alcun approccio o scuola di pensiero.  L’idea di UO è nata da esperienze di organizzazione in America Latina e in Africa. È simile all’idea di “azione pubblica” di Amartya Sen.

Non è un fatto di poco conto che l’UO sia tra le scuole di pensiero e di pratica attuali, dedicate a lavorare insieme per soddisfare i bisogni umani in armonia con la natura. Thomas Piketty (per la Francia), C.B. McPherson (per il Regno Unito), Howard Zinn e più recentemente Katharina Pistor (per gli Stati Uniti) e altri hanno dimostrato che una simile intenzione era ben lontana dalle menti degli ideatori del XVIII secolo che hanno progettato le istituzioni pubbliche che sono diventate il modello di quasi tutte le repubbliche moderne. Purtroppo non sorprende che le istituzioni che non sono state progettate con l’obiettivo di soddisfare i bisogni degli esseri umani, né con l’obiettivo di vivere in armonia con la natura, di fatto – come la storia ha dimostrato finora – non lo facciano.

Sconvolta dagli orrori della Seconda guerra mondiale, dall’olocausto, da Hiroshima e Nagasaki, minacciata da orrori futuri a causa dell’inizio della Guerra fredda, c’era la speranza che l’umanità imparasse finalmente a cooperare per la pace. Il futuro sarebbe stato diverso dal passato.

Le Nazioni Unite, le istituzioni di Bretton Woods e la Dichiarazione Internazionale dei Diritti Umani promettevano la libertà dal bisogno e dalla paura. Dalla metà del XX secolo in poi, la pratica di onorare la dignità umana avrebbe realizzato le promesse non mantenute della liberté, égalité, fraternité del XVIII secolo. In quel che restava del ventesimo secolo la dignità sarebbe diventata fisica; la dignità umana avrebbe significato buoni posti di lavoro, assistenza sanitaria e pensioni. Il nuovo nome della pace sarebbe stato “sviluppo”.

Ho suggerito che lo scoglio che ha affondato lo sviluppo, come un iceberg ha affondato il Titanic, è stato l’investimento. Si è scoperto che c’era poco che le Nazioni Unite potessero fare, poco che i governi potessero fare e poco che la democrazia potesse fare per raggiungere lo sviluppo.

Tutto dipendeva dall’entusiasmo degli investitori privati per gli investimenti. Il loro entusiasmo dipendeva dal ROI, il ritorno sugli investimenti. Tutto dipendeva dalla crescita economica, e la crescita economica – acquistata pagando il prezzo dell’ingiustizia sociale – è sinonimo di disastro ecologico. La consolazione, se ce n’è una, è che se gli stalinisti avessero vinto la Guerra Fredda e avessero preso il controllo del mondo intero, la vita sarebbe stata ancora peggiore di quella attuale.

Ma credo che ci sia anche un’altra consolazione: la crescente influenza dell’etica della cura, dell’etica della solidarietà, dell’etica della dignità, dell’etica della responsabilità, dell’etica della virtù e dell’etica che persegue uno scopo di vita veramente valido. UO ne è un esempio. È come se nel profondo del loro DNA e dei loro ormoni, gli esseri umani avessero una bussola morale che intonava: se l’economia fallisce, se la politica fallisce, se lo stato di diritto fallisce, provate con l’etica.

Traduzione dall’inglese di Maria Rosaria Leggieri. Revisione di Thomas Schmid.

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