Per noi ogni giorno è il 25 gennaio, anzi il 27 gennaio, quando la console italiana al Cairo ha chiamato per dirci che Giulio non aveva fatto ritorno a casa dalla sera del 25 gennaio. Da allora la nostra vita è stata drammaticamente stravolta. Diciamo che da tempo ci aspettiamo un 25 gennaio diverso, con dei risultati concreti, ma purtroppo oltre ad aver dovuto imparare a decodificare gli avvenimenti o non avvenimenti, siamo ormai preparati anche all’inerzia-incoerenza della politica.

Il giallo non è solo un simbolo a Fiumicello, ma è ormai un colore che si è diffuso in tutta l’Italia e non solo. È il colore di Giulio che continua a fare cose, continua a unire le persone, continua a ricordare da che parte bisogna stare; il giallo è il colore che illumina la richiesta di verità e giustizia. Per Giulio, ma come diciamo sempre anche per tutti i Giuli e le Giulie. Ci piace sapere che ci sono più di cento panchine gialle dedicate a Giulio, un’iniziativa che riteniamo importante perché permette di ricordare la tragedia di nostro figlio, non solo visivamente ma con azioni concrete: in fin dei conti la panchina dovrebbe essere anche un luogo di relazioni interpersonali.

In questi lunghi e dolorosi sette anni, il Popolo Giallo che è divenuto anche scorta mediatica, è cresciuto in maniera esponenziale e ci è sempre vicino attivamente”. Sono parole efficaci e toccanti, dichiarazioni dei genitori di Giulio Regeni nell’intervista concessa a La Repubblica alla vigilia di quella che si annuncia come la giornata dell’onda gialla che percorrerà l’Italia con una serie di iniziative volte a tenere alta l’attenzione sulle omissioni di questa storia.

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