La legge 112/2016 sul “Dopo di Noi” si rivolge –come è noto– alle persone affette da disabilità grave prive di entrambi i genitori o che non possono contare sul sostegno della propria famiglia. Stiamo parlando di disabilità grave per la quale sia necessario un intervento assistenziale permanente, continuativo e globale nella sfera individuale o in quella di relazione, che può riguardare sia i disabili mentali che quelle persone che per menomazioni o disfunzionalità fisiche o anche solo per vecchiaia non sono o non sono più autosufficienti.

L’ISTAT stima che nel nostro Paese le persone con disabilità –grave e non– siano complessivamente 3 milioni e 150 mila, pari a oltre il 5% della popolazione. In massima parte anziani, quasi 1 over 75 su due (il 22% della popolazione in quella fascia di età) e, di questi, quasi 1 milione sono donne. A livello territoriale, la disabilità si concentra soprattutto nelle isole (6,5%) con la Sardegna che ha l’incidenza più alta rispetto alla sua popolazione (7,9%). Quasi un terzo (29%) delle persone con disabilità vive sola, il 27,4% con il coniuge, il 16,2% con il coniuge e i figli, il 7,4% con i figli e senza coniuge, il 9% con uno o entrambi i genitori, il restante 11% vive invece in altre tipologie di nucleo familiare. Ad essere particolarmente vulnerabili sono soprattutto coloro che hanno disabilità complesse, che vivono soli o con genitori anziani.

Sono le famiglie i principali incaricati dell’assistenza, dell’ospitalità e dell’accompagnamento del proprio parente con disabilità, con pesanti aggravi fisici e psicologici sulla loro quotidianità e con grandi difficoltà economiche e burocratiche. Difficoltà che diventano ancora più critiche per quelle persone con disabilità che, una volta venuto a mancare il nucleo d’origine, rischiano di avere come unica soluzione quella di vivere in strutture residenziali non scelte o sconosciute, senza aver ancora elaborato o sperimentato il distacco dai genitori. Ed è proprio per venire incontro a quelle persone con disabilità gravi che perdono i propri cari che nel 2016 è stata approvata la legge “Disposizioni in materia di assistenza in favore delle persone con disabilità grave prive del sostegno familiare”, emanata in attuazione dei principi della Costituzione, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea e della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità che utilizza l’espressione “dopo di noi” per dare maggior valore alle forti problematiche che riguardano la vita delle persone con disabilità grave dopo la scomparsa dei genitori/familiari. Uno dei principali strumenti introdotti dalla legge è il Fondo per l’assistenza alle persone con disabilità grave prive del sostegno familiare (art. 3), le cui modalità di accesso sono regolate dal decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali del 23 novembre 2016. Attraverso tale fondo, ripartito alle regioni con appositi decreti ministeriali, possono essere finanziate diverse tipologie di misure come: percorsi programmati di accompagnamento per l’uscita dal nucleo familiare di origine; interventi di supporto alla domiciliarità; programmi per il raggiungimento del maggior livello di autonomia possibile; interventi di realizzazione di soluzioni di alloggio innovative; interventi di permanenza temporanea in una soluzione abitativa extra-familiare.

A distanza di oltre 6 anni e mezzo dall’approvazione della legge, quali sono i principali risultati prodotti dal fondo?

A dircelo è la recente Analisi conclusiva, approvata con Delibera n. 55/2022/G, che la Sezione centrale di controllo sulla gestione delle amministrazioni dello Stato della Corte dei conti ha condotto sull’attuazione delle misure volte al benessere, la piena inclusione sociale e l’autonomia delle persone con disabilità grave prive di sostegno familiare, previste nel “Fondo Dopo di Noi”.

Dei circa 466 milioni di € stanziati tra il 2016 e il 2022 per l’autonomia e l’inclusione delle persone con disabilità grave e senza sostegno famigliare, la Corte dei conti certifica che soltanto 240 milioni di € sono stati effettivamente trasferiti alle Regioni a causa della mancata rendicontazione dell’effettiva attribuzione delle risorse ai destinatari (la Conferenza Unificata, nella seduta del 30 novembre 2022, ha formalizzato l’intesa sullo schema di decreto di riparto del Fondo, che per l’annualità 2022 sarà di 76,1 milioni di €. Si attende che il provvedimento sia registrato e pubblicato in Gazzetta Ufficiale). Solamente 6 Regioni, Abruzzo, Emilia-Romagna, Friuli Venezia-Giulia, Lazio, Toscana e Piemonte, risultano aver ricevuto tutte le somme complessivamente assegnate, mentre le altre che non hanno rendicontato hanno riscosso solo in parte le quote spettanti. Scrive la Corte:” Ben tredici Regioni non hanno ricevuto le quote delle risorse assegnate per il 2020 (Basilicata, Calabria, Campania, Liguria, Lombardia, Marche, Molise, Puglia, Sardegna, Sicilia, Umbria, Valle D’Aosta e Veneto). Per sette di dette Regioni non risulta inviata la rendicontazione delle risorse trasferite nel 2018, mentre altre due hanno solo parzialmente rendicontato le risorse utilizzate (Liguria, Marche)”. Inadempienze regionali che destano non poche preoccupazioni in vista dell’investimento del PNRR sui Percorsi di autonomia per persone con disabilità

La Magistratura contabile rileva inoltre come “il numero dei beneficiari, tra i 100 e i 150 mila, sia stato stimato in modo solo indiretto e parziale (percezione di pensione di invalidità con indennità di accompagnamento) e senza prendere in considerazione i bisogni da soddisfare. In concreto, i bisogni da soddisfare sono stati individuati sulla base degli stanziamenti di bilancio, secondo un processo contrario a quello proprio di un corretto processo di programmazione”. La Corte dei conti ammette che la mancanza di strumenti idonei ad arginare prontamente i ritardi e a superare le inadempienze delle Regioni non ha consentito, finora, di verificare che le risorse stanziate nel bilancio dello Stato siano state interamente utilizzate allo scopo e nei tempi programmati”.

E per suffragare la débâcle nell’applicazione della legge “Dopo di Noila Corte dei conti scrive che “il raffronto tra il numero dei beneficiari effettivi delle prestazioni erogate (pari a 8.424 soggetti, secondo gli ultimi -ed unici- dati disponibili) con la platea potenziale dei destinatari (stimati tra i 100.000 e i 150.000 soggetti nella relazione tecnica alla legge n. 112/2016), evidenzia come solo in minima parte siano state soddisfatte le esigenze di cui la stessa legge si era fatta carico. Aggiungendo che: “allo stato attuale, risulta tuttavia difficile pretendere dalle Regioni, nella prestazione dei servizi previsti dalla legge n. 112/2021, l’assicurazione del raggiungimento di risultati che non siano stati definiti come livelli essenziali delle prestazioni”.

Qui la Delibera della Corte dei conti.

In assenza di controlli idonei a verificare, su tutto il territorio nazionale, la corretta e completa attuazione della norma e, soprattutto, senza i Livelli Essenziali delle Prestazioni (LEP) da garantire alle persone con disabilità, la Corte dei conti ci dice -insomma– che risulterà impossibile arrivare ad una corretta e completa attuazione della norma.

Due domande finali: 1^. Coloro che si agitano per voler arrivare quanto prima ad una pasticciata e pericolosa “autonomia differenziata” avranno letto queste raccomandazioni della Magistratura contabile? 2^. E, in generale e al di là dell’assenza reiterata dei LEP, siamo proprio sicuri dell’efficacia delle procedure che pongono in capo alle Regioni (a queste Regioni) la gestione di questo fondo, come di tanti altri fondi?