Non capita quasi mai di aver voglia di recensire una mostra, a noi redattori di Pressenza. Che interesse potranno mai avere le ultime trovate di questa o quella star del cosiddetto sistema dell’arte, con le inevitabili motivazioni di mercato, l’influenza dei critici e delle mode – sapendo quanto i nostri lettori si trovino impegnati su ben altri fronti, assorbiti da ben altre urgenze, alle prese con la realtà di istanze, problemi, rivendicazioni, mille miglia lontani da quella che non a caso si chiama ‘scena’ culturali?

Ma nel caso di Michele Rech, meglio noto anzi strafamoso come Zero Calcare (soprattutto dopo il clamoroso successo su Netflix del suo primo film d’animazione Strappare lungo i bordi) ogni riserva passa in secondo piano, e anzi ci scusiamo per il ritardo con cui vi riferiamo di questa mostra davvero imperdibile, che si è inaugurata il 17 dicembre scorso alla Fabbrica del Vapore con il titolo (azzeccatissimo) Dopo il Botto. E per fortuna che la data di chiusura sarà il 23 aprile, abbastanza in là nel tempo per programmare una visita.

Visita, o anche trasferta per chi non abitasse a Milano, che caldamente raccomandiamo, ritagliando come minimo mezza giornata, perché si tratta (chiariamolo subito) di una Mostra impegnativa, con tante cose da leggere e rimettere in fila, tante situazioni in cui calarsi, tanti momenti della nostra stessa storia più o meno recente da ripassare… Preparatevi insomma a una esperienza straordinariamente coinvolgente ed immersiva, da centellinare senza fretta.

E dunque appunto: Dopo il botto, per dire di tutto quello che di complicato, difficile, penoso ci è successo … nell’arco di quanto tempo? Quasi un anno se pensiamo alla prima cosa che ci viene in mente, il conflitto russo-ucraino, che andrà avanti (ormai si è capito) chissà quanto. Oltre un ventennio se pensiamo alla mattanza del G8 a Genova, con tutto quel che ha significato e non riusciremo mai a metabolizzare. Meno di quattro mesi dalle ultime elezioni che hanno visto la destra fare un botto di voti, e chissà quanto ci vorrà per riprendersi. Stesso arco di tempo (più o meno) se pensiamo all’ultimo successo editoriale di Zero Calcare dal titolo No sleep to Shengal, testimonianza a fumetti del viaggio che riuscì a fare in Iraq nella primavera del 2021, in visita agli ezidi quando ancora potevano considerarsi “protetti” dalle milizie curde – perché da metà novembre di quest’anno la gragnola delle bombe turche si è abbattuta sugli stessi curdi, nell’indifferenza generale… Per non dire del botto più perturbante di tutti, la pandemia che ci ha colti tutti impreparati, tre anni fa: con lo strascico di incertezze, relazioni a pezzi, veri e propri lutti che abbiamo attraversato e stiamo solo provando a dimenticare.

Ed è su questa particolare dimensione emotiva, su questo scenario di post-apocalisse, che gioca anche l’impianto espositivo, sfruttando come meglio non si potrebbe la generosità di spazi della ‘Cattedrale’, all’interno della Fabbrica del Vapore. Un percorso che subito dopo l’ingresso (con la godibilissima timeline della Zerocal-story curata da Oscar Glioti, da quando era pischello a campione di incassi su Netflix) si apre su una specie di piazza, a mo’ di sinistra navata, con le pareti che a tutta altezza testimoniano del disastro già avvenuto, con le crepe sui muri che a malapena si vedono per la bassa illuminazione, le persiane serrate, i superstiti che occhieggiano ostili da dietro gli scuri, oppure ci guardano minacciosi da lassù, dove si sono rifugiati: gigantesca opera site specific realizzata dallo stesso Zero Calcare, per renderci fin da subito partecipi degli effetti di quella deflagrazione (il meteorite chiaramente visibile sullo sfondo, oltre che in locandina) che si è abbattuta sul pianeta e con cui dobbiamo fare i conti. Dopo il botto tocca riorganizzare almeno la memoria di quel che è successo prima.

E quel che (ci) è successo prima (perché è in questo spazio di studiata sospensione che capiamo che la mostra non riguarda solo il percorso artistico di Zero Calcare, ma parla in qualche modo anche di noi, co-protagonisti o testimoni di quello stesso multiforme attivismo che ha nutrito la sua produzione di fumettista dall’inizio sino ad oggi), è una storia che si snoda in centinaia di tavole originali, strisce, manifesti, volantini, illustrazioni, che tappezzano a tutt’altezza le pareti di questa specie di fortificazione, che resiste, nonostante tutto.

Impossibile arrivare con lo sguardo oltre qualche metro da terra. Impossibile non sentirsi anche un po’ oppressi dalla quantità di cose in display, alcune già viste, la maggior parte da riscoprire, memoria di una quantità di momenti, eventi, manifestazioni, sgomberi, contraddizioni, scontri anche personali, accolli… Impossibile non sentirsi (senz’altro) ammirati, di fronte a una tale e straordinaria mole di lavoro, striscia dopo striscia, giorno&notte dopo giorno&notte, libro dopo libro, prodigiosa capacità di essere sul pezzo sempre, nel corso degli anni. Impossibile soprattutto non sapere che questa Mostra racconta anche di noi: delle tante storie di resistenza piccole e grandi di cui ci siamo sentiti almeno un po’ partecipi, perché coinvolti in prima persona, o anche solo seguendole sui social; dei tanti momenti di passione collettiva che nonostante le sconfitte, non hanno mai smesso di nutrire la speranza di un cambiamento, non hanno mai svilito la fiducia nella possibilità di riuscire a fare “un altro pezzo di strada insieme”, superando l’individualismo, la tentazione di chiudersi a riccio, ciascuno con il proprio piccolo contributo, nei mo(n)di più diversi.

E questo multiforme, ricchissimo, vitalissimo archivio di storia collettiva ci viene incontro nelle due aree retrostanti la navata iniziale, pensate proprio come due ‘mondi’ compresenti benché differenti: quello interiore e quello esterno all’autore.

Da una parte le ansietà del Michele-essere umano, presente sempre, anche a costo di lavorare tutta la notte pur di riuscire a contribuire a questa o quella causa con un disegnetto… ma non privo di incertezze, punti deboli, contraddizioni, sensibilissimo alle critiche di chi magari gli è amico dall’infanzia ma non potrà mai capirlo fino in fondo. Il mondo insomma che l’artista riesce a condividere solo con l’Armadillo, personificazione quanto mai geniale del rovello interiore che alberga in tutti noi.

Dall’altra le tavole in tema di relazioni, ingiustizie sociali, denunce, impegno, modi di resistere, “il risultato di un lavoro e un pensiero collettivo di cui io sono solo l’ultimo anello” dice lui. In particolare le strisce da La memoria è un ingranaggio collettivo (La nostra storia alla sbarra, 2004); o da La Rabbia (2016), ispirata al mondo punk; e poi Strati (da L’Essenziale n. 15, 2022), ma non possiamo non citare i corners dedicati alla resistenza NoTav in Val Susa, che Zero Calcare non ha mai smesso di frequentare – e molto altro.

“C’è talmente tanto da ricomporre, che non so nemmeno se possa essere ricomponibile”, ci mette in guardia Zerocalcare nel video all’inizio della mostra. E si ritorna sempre lì, a quella lunga agonia, a quell’esperienza di frattura, isolamento, distacco dalla realtà, che è stata la pandemia. “I miei personaggi sono diventati come tutti quanti noi, con le ferite frutto dell’isolamento che abbiamo vissuto e che, in qualche modo, ci ha frammentato. Un po’ tutti abbiamo formato le nostre opinioni non più con l’incontro e nella mediazione, ma sui social… da soli in casa … e ho l’impressione che ciò abbia favorito una radicalità di cui non devi rendere conto a nessuno…”.

Non resta che affidarsi a qualche santo in paradiso e di Santi Protettori  Zero Calcare ne ha concepiti abbastanza da riempire una parete: “Mi chiedono sempre chi sono le mie figure di riferimento, i miei modelli e ogni volta mi scervello, ho pensato di mettere in mostra anche loro”. Ed eccoli infatti tutti ‘in posa’, incorniciati su sfondo di foglie d’oro: c’è la mamma che ha le fattezze disneyane di Lady Cocca, accanto alle eroine combattenti Pavlichenko (tiratrice dell’Armata Rossa, che incontrò perfino il presidente USA Roosevelt) e Nasrin (l’attivista per i diritti umani iraniana condannata a oltre 33 anni di carcere e 148 frustate). Non poteva mancare il tirannosauro di Jurassic Park accanto al mitico Secco, l’amico del cuore diventato celeberrimo grazie alla serie Strappare lungo i bordi su Netflix. Per non dire dell’anarchico Gaetano Bresci, che dall’America ritornò apposta in Italia per uccidere il re Umberto I reo di aver autorizzato la strage di Bava Beccaris… accanto alle icone del punk rock (Joe Strummer) o del grunge (Kurt Cobain). Tutti ritratti con la consueta ironia, lungo una paretina che conduce allo ‘spazio cinema’, per rivedere quella serie straordinaria, dal titolo “Rebibbia Quarantine”, che durante la pandemia riusciva a strapparci qualche pensoso sorriso all’interno del programma Propaganda Live.

In una Mostra di tali ambizioni, dimensioni e ricchezza di spunti non poteva mancare l’angolo del merchandising: difficile non cedere alla tentazione di portarsi a casa quasi tutto, anche perché in edizione limitata, come è giusto che sia… nonché quello per i libri, ben 18 volumi, sfornati da Zero Calcare per le Ed. Bao Publishing nel corso degli anni, da sfogliare liberamente sul tavolone poco prima dell’uscita. E dunque, in attesa del prossimo cartone animato che dovrebbe uscire proprio quest’anno di nuovo su Netflix e che già dal titolo ci piace assai (Questo mondo non mi renderà cattivo) buona visita alla Fabbrica del Vapore di Milano!

Ideata da Silvia Barbagallo, la mostra Dopo il Botto di Zero Calcare è stata curata da Giulia Ferracci e rimarrà aperta fino al 23 aprile 2023 alla Fabbrica del Vapore di Milano, Via Procaccini 4.

Produzione di Arthemisia.  Organizzazione a cura di Minimondi Eventi, in collaborazione con Arthemisia e Piuma con il patrocinio del Comune di Milano.

Orari e info ai siti : https://www.fabbricadelvapore.org/- https://www.arthemisia.it/it/zerocalcare-milano/