Il prossimo fine settimana si terrà in Repubblica Ceca la seconda tornata delle elezioni presidenziali.

I candidati che si contenderanno il Castello sono l’ex primo ministro Andrej Babiš e il generale Petr Pavel. In effetti sembra che, vada come vada, i cechi si ritroveranno a dover ingoiare un boccone amaro. La fortissima polarizzazione che si è creata attorno a queste elezioni ha portato probabilmente la maggioranza delle persone a scegliere tra due candidati che forse non avrebbero avuto tanto seguito in una situazione meno tesa.

Andrej Babiš è uno degli imprenditori più ricchi della repubblica e vanta forti interessi in particolare nel settore agro-alimentare, ma i suoi investimenti spaziano in vari settori, compreso quello dell’informazione e dell’intrattenimento. È stato il fondatore del partito ANO ed è stato molto criticato per i conflitti di interesse tra la sua carica e le sue aziende. È stato accusato dall’opposizione di aver approfittato della sua posizione per ottenere dei vantaggi personali per le imprese da lui guidate. Recentemente c’è stato un processo a suo carico per frode, accusa da cui è stato però assolto.

Dall’altra parte c’è Petr Pavel, un generale che ha ricoperto ruoli chiave nell’esercito e in particolare ha avuto un ruolo molto importante all’interno della NATO. Personaggio praticamente sconosciuto fino a poco prima della candidatura, è stato il candidato che ha raccolto il numero più alto di voti al primo turno, superando seppur per pochissimo Babiš.

Nonostante i sondaggi diano in testa il generale, in questo momento la campagna elettorale ha raggiunto toni a dir poco esasperati. Evidentemente c’è la paura che qualcosa possa ancora cambiare le sorti della partita.

I sostenitori di Pavel accusano Babiš di ogni nefandezza e si pongono come unica alternativa alla deriva morale del paese. I sostenitori di Babiš si comportano più o meno allo stesso modo, lamentando prevalentemente il fatto che in questo momento l’elezione a presidente di un militare rappresenta un pericolo.

La campagna ha assunto toni così accesi che Babiš ha ricevuto persino delle minacce di morte con il ritrovamento di un proiettile.

Ci sono diverse cose che colpiscono l’attenzione. Innanzitutto, nonostante non se ne parli sempre in maniera diretta, si capisce da commenti laterali che uno dei temi centrali di divisione riguarda la posizione diversa dei due candidati rispetto al rapporto con la Russia e al ruolo della Repubblica Ceca in relazione alla guerra in Ucraina.

Babiš ha sempre mantenuto un atteggiamento abbastanza moderato rispetto all’isteria antirussa che una larga parte della classe politica manifestava anche molto prima dell’inizio del conflitto in Ucraina. Ha espresso molti dubbi rispetto alla politica di armamenti intrapresa dal governo e all’escalation che sta provocando. L’atteggiamento del generale Pavel è, come era prevedibile, allineato alle posizioni ufficiali della NATO.

In tutto questo viene da pensare che le grandi antipatie che Babiš si è guadagnato a livello internazionale riguardino non tanto le sue presunte frodi, il conflitto di interessi o il suo patrimonio, ma il fatto che non ha mai manifestato i forti sentimenti antirussi che sembrano essere d’obbligo da queste parti.

Il sospetto è che l’opinione pubblica sia stata fortemente influenzata ad arte in questo senso, con un’operazione mediatica di assoluta demonizzazione nei confronti di Babiš e del presidente uscente Zeman, personaggi che, sebbene molto contestabili, sono stati dipinti con toni eccessivamente pittoreschi rispetto alla realtà dei fatti. Ad esempio sui social non è raro trovare riferimenti a Babiš come a un “imprenditore pluricondannato” o come qualcuno che controllerebbe l’informazione in Repubblica Ceca. E invece non ha subito alcuna condanna e i media mainstream sembrano piuttosto osteggiarlo.

Strizzando l’occhio agli elettori preoccupati per il concreto rischio di un’escalation militare in questo quadrante dell’Europa, Babiš sta puntando molto a spaventare la popolazione rispetto all’eventualità che una presidenza del generale potrebbe portare il Paese in guerra.

Uno dei lati comici delle varie, reciproche contestazioni è che entrambi i candidati si accusano a vicenda di aver collaborato con il governo all’epoca del comunismo. Ovviamente è vero per entrambi, poiché avendo avuto all’epoca incarichi pubblici, questo era inevitabile.

I risultati delle elezioni saranno resi pubblici nella giornata di sabato 28 gennaio.