Oltre 150 seggi sparsi per la città, in circoli, mercati, centri sociali, cinema, librerie, comunità religiose, sedi dei sindacati di base, aziende, università, biblioteche. Una comunità intera che si è messa in moto per la fabbrica pubblica e socialmente integrata. L’ex-GKN è al centro di un nuovo attacco, fatto di calunnie e di stipendi saltati, un vero e proprio assedio, che in questo momento può essere rotto partecipando alla consultazione popolare autogestita, promossa dal Collettivo di Fabbrica e appoggiata da tante realtà sociali e sindacali del territorio.

Una squadra di oltre 500 volontari in questi giorni sta battendo le strade, le piazze, i luoghi di lavoro, di incontro e di cultura, per raccogliere voti sì, ma anche per spiegare e ascoltare. Perché i banchini della raccolta firme sono anche questo, un posto in cui si può esprimere la propria solidarietà, parlare con gli operai e raccontare di quando magari in quella situazione c’eravamo noi. E allora capita che si ferma un operaio del tessile con i capelli bianchi e ti dice che nella sua fabbrica erano più di mille e quando facevano sciopero saltavano i cancelli, per andare a far uscire i dirigenti asserragliati dentro: “però sai, allora eravamo forti, lavoro si trovava ovunque e ci si poteva permettere anche di fare sciopero ad oltranza fino a che non si ottenevano i diritti. Ora invece? Io non so dove la trovano questa forza. Diciassette mesi di presidio e ora anche senza stipendio”. Poi lo vedi andare via, sotto la pioggia, le spalle curve e il freddo umido di un pomeriggio d’inverno al mercato ti passa, con tutto quel calore.

Qualcuno passa distratto, altri non si fermano, qualcuno dice anche che non è giusto stare in cassa integrazione. E infatti la consultazione è proprio per questo, per dire che quella fabbrica vogliamo farla ripartire, quegli operai vogliamo vederli a lavorare, magari con un prodotto che sia utile a tutti, con una riconversione che sia nell’interesse di tutta la comunità. La fabbrica pubblica e socialmente integrata appunto. Non una cassa integrazione infinita, come le troppe che abbiamo visto negli ultimi anni, che serve solo a indebolire la lotta e poi lascia il territorio con un capannone vuoto e un’altra emorragia di posti di lavoro.

Con questa consultazione si chiede se si vuole un intervento pubblico per l’ex-GKN e se questo intervento debba però essere vincolato a progetti di pubblica utilità e al controllo pubblico della fabbrica. Una volontà di un intero territorio che poi approderà ai tavoli per la reindustrializzazione, dove potranno essere valutate proposte concrete e reali, visto che l’attuale proprietà, in quasi un anno di incontri istituzionali inefficaci, non ha ancora presentato un reale piano industriale.

La storia da raccontare è semplice: c’è un fondo finanziario che se ne va dall’oggi al domani, per puro calcolo speculativo, 500 lavoratori che non ci stanno, una comunità intera che li sostiene, con tutti gli strumenti che le varie fasi di lotta impongono. E si crea un modello, proprio nel momento in cui tutto sembrava perduto e la deriva del precariato e dell’individualismo inarrestabile.

Tanto semplice, che lo capirebbe anche un bambino. E infatti sono i giovanissimi a fermarsi ai banchini, conoscono la vicenda, l’hanno seguita e sentono sulla loro pelle quanto questo sia l’ultimo baluardo per il loro futuro: “andate avanti” dicono “perché la vostra lotta è per tutti, anche per noi”.

“La lotta stana i bugiardi” si legge su uno striscione all’ingresso della fabbrica e il voto li stana ancora di più. Per partecipare c’è tempo fino all’11 dicembre. Tutte le informazioni e i luoghi in cui votare su insorgiamo.org.

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