Il preoccupante e drammatico incremento dei femminicidi in Italia prova che le misure adottate non bastano a garantire l’incolumità della vittima

Non viene adottata una perizia psichiatrica/psicologica del soggetto abusante, non c’è un monitoraggio psicologico/psichiatrico che perduri nel tempo.

La valutazione del livello di pericolosità del soggetto abusante è sostanzialmente affidato alla valutazione dell’Autorità inquirente. La mancanza di un monitoraggio psichiatrico/psicologico nel tempo non dà indicazioni ai Magistrati sull’opportunità della sospensione delle misure restrittive a tutela della donna abusata.

Rimandiamo a questo articolo, che affronta lo stato attuale delle misure a protezione della vittima di abuso.

E’ di tutta evidenza che un’ordinanza di divieto di avvicinamento incentrata sui luoghi diventa a tutti gli effetti una restrizione della libertà personale della donna abusata, costretta, per la sua incolumità, a frequentare esclusivamente quei posti. Inoltre costringe l’abusata ad una continua ansia nel controllare di non essere seguita, a cambiare costantemente itinerario di trasferimento da un luogo designato all’altro.

La Procura di Torino ha dichiarato che sta adottando misure cautelari più restrittive a carico del soggetto abusante, misure mutuate dall’Ordinamento.

E’ però di tutta evidenza che la mancanza di una normativa specifica più tutelante per la vittima affida l’adozione di determinati strumenti alla discrezionalità dei Magistrati, discrezionalità che può variare da Magistrato a Magistrato, da Procura a Procura.

Il soggetto abusante, a meno che non sia sottoposto alla misura cautelare degli arresti domiciliari con la restrizione della cavigliera elettronica, non è monitorato dall’Autorità competente, o meglio: i controlli che avvengono in funzione di una detenzione domiciliare senza cavigliera elettronica non sono sufficientemente tutelanti per la vittima. L’obbligo di firma non è una misura sufficientemente tutelante per l’abusata a meno che l’abusante non abiti in altra località molto lontana, non lo è neanche il divieto di dimora qualora l’abusante abiti nella stessa località della vittima.

Sarebbe sufficiente prevedere un monitoraggio elettronico: una cavigliera obbligatoria per l’abusante soggetto alla restrizione del divieto di avvicinamento ed un dispositivo affidato alla donna abusata, interconnessi tra loro in rete. Monitoraggio che metta in allarme le FFOO nel momento in cui la distanza di 500 metri viene violata. Che alzi il livello di allarme qualora questa distanza diminuisca entro certi parametri, in modo che, data situazione di pericolo per la donna abusata, venga attivata la segnalazione ad una pattuglia in zona.

Certo ci sono aspetti legati alla privacy, occorrerebbe che il servizio fosse affidato tecnicamente ad un gestore telefonico, come peraltro avviene per le cavigliere elettroniche adottate in caso di arresti domiciliari. Tuttavia la firma di un consenso informato da parte della donna abusata che decida di acconsentire, l’uso di metadati criptati leggibili in chiaro solo dalle FFOO, metterebbero la vittima di abuso al riparo da problemi di privacy.

I femminicidi in Italia sono in aumento: dal 1 agosto 2021 al 31 luglio 2022 sono stati 125. Una donna uccisa ogni 3 giorni, è un dato drammatico. E’ anche di tutta evidenza che “dietro” il dato dei femminicidi c’è un numero molto più ingente di aggressioni, purtroppo anche con lesioni permanenti, come nel caso di Gessica Notaro.

L’Istat certifica che: “Il 31,5% delle 16-70enni (6 milioni 788 mila) ha subito nel corso della propria vita una qualche forma di violenza fisica”.

Le statistiche certificano che le misure di protezione per l’incolumità delle donne abusate sono del tutto insufficienti.

Si tratta di salvare vite, di garantire l’incolumità delle donne abusate.