È stato osservato lo scorso 2 agosto il Giorno della Memoria dello sterminio delle popolazioni Rom, una delle giornate memoriali più significative, ma anche meno alla luce dei riflettori, del calendario civile d’Europa. È, in effetti, lo stesso sterminio delle popolazioni Rom a essere troppo spesso consegnato al silenzio: il Porajmos, più o meno letteralmente, «grande divoramento», costituisce lo sterminio delle popolazioni romané in Europa, Rom, Sinti, Manush e altre, ad opera della Germania nazista e dei regimi collaborazionisti, nella seconda guerra mondiale, sterminio in cui, secondo le stime, hanno perso la vita tra trecento e cinquecento mila persone.

È una ferita aperta nella storia d’Europa, con cui è necessario fare i conti e rispetto alla quale anche l’istituzione della giornata della memoria può e deve rappresentare un’occasione di riflessione e di approfondimento. Se è vero infatti che il nazismo portò a compimento uno sterminio dai contorni mostruosi, non solo per i Rom, per la sua indicibile efferatezza e per la sua straniante scientificità, è altrettanto vero che timore, sospetto, diffidenza nei confronti delle popolazioni Rom, in una parola quello che va sotto la definizione, imprecisa ma diffusa, di «antiziganismo», è stato e, per molti aspetti, continua ad essere, un tratto ricorrente della storia d’Europa.

La stupefacente estensione del pregiudizio contro i Rom

La casistica del pregiudizio e dello stereotipo, nei loro confronti, è quanto mai variegata ed estesa: considerati stranieri, misteriosi, pericolosi; accusati di stregoneria e nefaste “arti magiche”; accusati di spionaggio; reputati creature diaboliche o spaventose; sistematicamente tacciati di essere inclini al furto, all’accattonaggio, al nomadismo o, come spesso si è detto, al vagabondaggio. Il che, se da una parte, ha alimentato talvolta immagini letterarie e suggestioni artistiche, dall’altra continua a costituire il propellente di una «costruzione del pregiudizio» verso i Rom, un vero e proprio stigma, associato a continue discriminazioni, a loro carico.

È bene, peraltro, porre la stessa parola “zingari” tra corpose virgolette: non è infatti un caso che proprio il termine con il quale più comunemente li si appella sia, in realtà, un termine dalla connotazione dispregiativa, dal momento che deriva dal greco “athinganoi”, “intoccabili”, in riferimento alla casta dei paria, appunto gli intoccabili, a causa delle loro presunte pratiche, minacciose di “contaminare la purezza” delle caste superiori; e che ha avuto una sua ulteriore declinazione, quando il termine è passato ad indicare gli adepti di una setta dedita alle “arti magiche”, in particolare maghi, indovini, incantatori di serpenti. Da tali premesse, non si fatica a comprendere che il passo è breve nell’associare questo genere di stigma alle popolazioni romané: da una parte da escludere, rispetto al resto del corpo sociale; dall’altra “inclini” a pratiche oscure e sospette.

Se per secoli pratiche e norme discriminatorie sono state applicate, in vari paesi d’Europa, a danno dei Rom, con il nazismo si giunse alla pianificazione dello sterminio: i Rom furono considerati «minoranza degenerata, asociale e criminale»; dal 1937 iniziarono gli arresti di massa (in quanto considerati, tra le altre cose, alla stregua di «geneticamente criminali»); dal 1939 fu implementato il programma di deportazione di massa; e nello stesso volgere di tempo furono avviate le politiche di sterilizzazione, annientamento, sterminio. Una tragedia nella quale il regime fascista, in Italia, ha avuto una sua pesante parte di responsabilità, con politiche di discriminazione e deportazione, e luoghi di detenzione, ad esempio ad Agnone, a Tossicia, a Boiano.

L’istituzione della giornata della memoria

La variegata estensione su scala continentale del Porajmos è uno dei motivi per i quali quella del 2 agosto non è l’unica giornata commemorativa dello sterminio dei Rom europei; nell’aprile 2015 il Parlamento europeo ha infatti adottato una risoluzione sulla “Giornata internazionale dei Rom: l’antiziganismo in Europa e il riconoscimento da parte dell’UE della giornata della memoria del genocidio dei Rom durante la seconda guerra mondiale”. È proprio in ragione della sempre più allarmante diffusione di antiziganismo, antisemitismo, razzismo in tutta Europa, che il Parlamento europeo ha chiesto l’istituzione di una giornata commemorativa.

Altri Paesi legano la scelta della data ad altri eventi della storia: la notte del 2 agosto 1944, circa 3.000 Rom, soprattutto donne e bambini, furono mandati a morte nel campo di concentramento di Auschwitz-Birkenau, a seguito di un loro tentativo di rivolta. In Italia, la commemorazione avviene in occasione del Giorno della Memoria del 27 gennaio, data, in base alla legge istitutiva, «dell’abbattimento dei cancelli di Auschwitz, “Giorno della Memoria”, al fine di ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subito la deportazione, la prigionia, la morte».

Nei Paesi Bassi la ricorrenza è il 4 maggio, giornata della liberazione del Paese; in Russia, la giornata è quella del 8 aprile, Giornata internazionale delle popolazioni Rom; in Serbia, si commemorano invece due giornate, lo stesso 8 aprile e il 16 dicembre, Giorno della Memoria delle vittime rom nella seconda guerra mondiale. Si tratta infatti della data nella quale, nel 1942, «Himmler ordinò la deportazione sistematica e lo sterminio dei Rom nei campi di concentramento» (Milovan Pisarri, 2014). Importante, a tal proposito, l’istituzione della giornata internazionale dedicata alle popolazioni rom, sinti e caminanti dell’8 aprile, il “Romano Dives”.

A tutti gli effetti, dunque, una tragedia europea: che impone oggi un impegno al rispetto delle culture, tra cui quella, ricca e complessa, delle popolazioni romané, e alla protezione di «tutti i diritti di tutti e di tutte»; la stessa risoluzione del Parlamento europeo, infatti, condanna l’antiziganismo, quale «ideologia basata sulla superiorità razziale, una forma di disumanizzazione e di razzismo istituzionale nutrita da discriminazioni storiche»; «sottolinea la necessità di contrastare l’antiziganismo a tutti i livelli e con ogni strumento possibile», e ricorda, una volta per tutte, che «i Rom fanno parte della cultura e dei valori condivisi dell’Europa».