Per l’ennesima volta il Parlamento ha ratificato il finanziamento delle missioni militari all’estero. Alcune di queste hanno lo scopo di assicurare, manu militari, l’esternalizzazione sempre più a Sud delle frontiere dell’Italia e dell’Unione Europea, per impedire, con qualsiasi mezzo, che vengano varcate da migranti e richiedenti asilo.

Si è trattato di un vero e proprio colpo di mano antidemocratico, se non nella forma, sicuramente nella sostanza.

Infatti, per la prima volta da quando l’Italia invia missioni militari all’estero, il voto sul finanziamento delle stesse non è passato nelle Aule Parlamentari, dove avrebbe potuto essere oggetto di approfondito dibattito e di un voto secondo coscienza di tutti i singoli parlamentari, ma soltanto nelle Commissioni Esteri e Difesa, che hanno sbrigato il tutto in qualche decina di minuti.

È da rilevare inoltre che, ancora una volta, si è scelta la fine del mese di luglio, con sette mesi di ritardo, nel momento di maggior distrazione dell’opinione pubblica.

Le missioni all’estero sono molteplici e complessi i settori interessati. In alcuni casi, più interventi vengono realizzati in uno stesso Paese, con finanziamenti ad hoc.

Tale è il caso della Libia, dove si interviene con diverse operazioni, tese in gran parte a fermare il flusso migratorio diretto verso l’Italia e l’Europa.

Dato per scontato il voto favorevole dei partiti di destra, ampiamente prevedibile, dobbiamo rilevare che purtroppo il Partito Democratico ha giocato con estrema ambiguità.

Infatti, da un lato al Senato ha approvato tutte le missioni senza obiezione alcuna, mentre dall’altro, alla Camera, i rappresentanti del P.D. hanno espresso posizioni critiche riguardo l’operato della cosiddetta Guardia Costiera Libica ma si sono limitati alla astensione, come del resto i loro colleghi del Movimento 5 Stelle e di Italia Viva. Gli unici deputati del PD a votare contro, a titolo personale, sono stati gli onorevoli Boldrini e Palazzotto, che tuttavia hanno limitato il loro dissenso alla sola scheda 47.

La scheda 47 riguarda un aspetto specifico e parziale, cioè l’addestramento della sedicente Guardia costiera libica, che in realtà da mesi è svolto da personale turco. La scheda 47 appare quindi come una scatola vuota, perché riguarda un impegno che non è più nostro, mentre ben più gravi sono le conseguenze delle altre operazioni italiane in Libia (ad esempio quanto è previsto nella scheda 33) e che sono state approvate a larghissima maggioranza. Infatti, voti contrari a tutte le operazioni in Libia e ad altre operazioni simili in Mali e in Niger sono soltanto quelli espressi dal gruppo ManifestA, che aveva presentato numerosi emendamenti soppressivi, e dal gruppo di Alternativa.

Ad esempio, a parte l’impegno ad assicurare l’assistenza nella manutenzione delle motovedette, fornite dall’Italia con il compito di bloccare chi tenta la fuga via mare dall’inferno libico, il punto fondamentale della scheda 33 è che sono previste “attività di collegamento e consulenza a favore della Marina libica” e soprattutto “ la “collaborazione per la costituzione di un centro operativo marittimo in territorio libico per la sorveglianza, la cooperazione marittima e il coordinamento delle attività congiunte da svolgere”.

Uscendo dalla fumosità di questo enunciato, ciò significa in concreto, che la Libia, pur essendosi attribuita una vastissima zona Sar fin dal giugno 2018, non ha ancora una centrale Mrcc per gestire le operazioni di ricerca e soccorso nel Mediterraneo centrale. Di fatto questa fondamentale funzione finora è stata svolta, direttamente o indirettamente, dall’Italia attraverso le navi della nostra Marina che si alternano alla fonda

nel porto di Tripoli, dando le istruzioni alla cosiddetta Guardia costiera libica per la ricattura in mare dei profughi/migranti che sono riusciti a fuggire e che vengono poi ricondotti nei lager, come noto veri e propri luoghi di schiavitù, tortura, sistematica violenza sessuale e morte. Il via libera alla scheda 33 equivale a perpetuare questa situazione, che continua a ignorare come la Libia non possa in alcun modo considerarsi un “porto/posto sicuro” e come Tripoli non abbia alcun requisito per gestire una zona Sar. Ne consegue che, in sostanza, l’Italia continua a rendersi complice degli abusi e dei soprusi a cui sono condannate le migliaia di persone riportate in Libia e riconsegnate all’orrore dei centri di detenzione. Un orrore che – come denunciato in varie sedi, inclusa la Corte Penale Internazionale, da diverse organizzazioni – può configurare un vero e proprio crimine di lesa umanità.

L’affermazione di alcuni dirigenti del Pd, secondo cui il loro partito avrebbe votato contro la missione in Libia e il finanziamento alla guardia costiera libica è pertanto capzioso, se non palesemente falso.

La tempestività e l’ambiguità delle procedure imposte non ha purtroppo consentito la reazione della società civile e delle associazioni solitamente in prima linea per la difesa dei diritti umani.

Roma, sabato 30 luglio 2022.

MANI ROSSE ANTIRAZZISTE

NUOVI DESAPARECIDOS