Un programma ricco e variegato – un dibattito, uno spettacolo teatrale, un laboratorio esperienziale, una “creazione sonora collettiva”, un momento di “magia della fantasia” dedicato ai bambini, un “aperitivo riparativo” con letture e interventi sul tema della giustizia riparativa – un’atmosfera piena di calore e di speranza e poi mercatini dei produttori locali e agorà delle associazioni.

Filo conduttore la pace, non solo come aspirazione o sogno, ma anche e soprattutto come utopia concreta basata sulla capacità tutta umana di immaginare qualcosa che non esiste ancora e dargli la possibilità di accadere. Un’utopia concreta che si riflette perfino nella cucina: i cibi proposti con “La pace in un piatto” vengono da zone di guerra, ma poi si scopre che popoli contrapposti mangiano la stessa pietanza, perché questa fa parte di una cultura più ampia, che travalica confini e nazionalismi.

Lasciateci in pace”, edizione 2022 di Equalafesta, inizia sabato 27 agosto con il dibattito “Armiamoci e pa(r)tite: la guerra non porta nulla di buono”. E non parliamo solo della guerra in Ucraina, ma anche delle tante altre guerre dimenticate sparse per il mondo che i media ufficiali ignorano, mostrando un chiaro esempio di un’informazione distorta, manipolata, piena di fake news, basata sulla rissa e sulle accuse. A questa si contrappone un’informazione indipendente, una rete di media come Pressenza, che danno spazio alle iniziative incentrate sulla solidarietà, i diritti umani, il disarmo, l’ambiente, la lotta a ogni forma di discriminazione e la nonviolenza. Luci, grandi e piccole, che illuminano questo momento oscuro. Un’informazione libera è pericolosa per il potere; il caso drammatico di Julian Assange, che rischia una condanna a vita per aver rivelato crimini contro l’umanità, costituisce una minaccia per la libertà di stampa e il diritto alla verità di tutti noi e uno stimolo a organizzarci per impedire la sua estradizione negli Stati Uniti.

Dopo questa introduzione, si entra nel vivo con Francesco Vignarca, responsabile campagne delle Rete Italiana Pace e Disarmo, che racconta i diversi passaggi grazie a cui si è arrivati dalle 73.000 testate del 1983 alle attuali 13.000 (comunque sufficienti per cancellare l’umanità dalla faccia delle Terra) e soprattutto al Trattato per la Proibizione delle Armi Nucleari, entrato in vigore nel gennaio 2021. Un chiaro esempio di utopia irrisa e giudicata irrealizzabile, che invece si è concretizzata grazie all’impegno delle organizzazioni riunite nella campagna ICAN (che per questo ha ricevuto nel 2017 il Premio Nobel per la Pace) e dei tanti Paesi che continuano a firmarlo. I 65 Stati Parte del trattato si sono riuniti in giugno a Vienna insieme a parlamentari e attivisti e hanno sviluppato un Piano d’Azione in 50 punti, che definisce i passi concreti per impedire agli Stati dotati di armi nucleari di usarle e per progredire verso la loro totale eliminazione.

Le potenze nucleari – USA, Russia, Cina, Francia, Regno Unito, Pakistan, India, Israele e Corea del Nord – si sono ben guardate dal firmare il trattato e anzi lo osteggiano in tutti i modi. Non hanno aderito nemmeno i Paesi della Nato e tra questi l’Italia, nonostante ospitino bombe nucleari (nel nostro caso nelle basi Ghedi e Aviano). La campagna “Italia ripensaci” punta proprio a cambiare la posizione del governo italiano, ricordando le catastrofiche conseguenze umanitarie delle armi atomiche, in base a un principio semplice e chiarissimo: la mia sicurezza non può passare dal genocidio.

Sono coinvolti nella campagna numerosi Comuni, anche nel territorio dell’Alto Verbano. Lo dimostrano le testimonianze del sindaco di Brezzo di Bedero e di Germignaga, che si impegnano a portare avanti nelle comunità locali, insieme alle associazioni, iniziative di sensibilizzazione e consapevolezza.

L’”utopia” di un mondo senza armi si concretizza nelle azioni esemplari del Collettivo Autonomo Lavoratori Portuali di Genova. Il giovane sindacalista Josè Nivoi conquista l’ammirazione del pubblico raccontando scioperi e blocchi del porto intrapresi per fermare le navi cariche di armi. Anche in questo caso il principio di base è semplice e chiaro: come lavoratori, non possiamo accettare di far parte di una catena di morte. Come nel caso di Assange, chi denuncia gravi reati viene criminalizzato (alcuni membri del Calp sono accusati di associazione a delinquere), mentre lo Stato italiano ignora l’articolo 11 della Costituzione e la legge 185, che proibisce il traffico e il transito di armi dirette verso Paesi in guerra e che violano i diritti umani. Insomma, gli interessi economici e le merci vengono prima delle vite umane. I portuali di Genova non sono soli: si è formata una rete che coinvolge porti italiani, europei e nordamericani e punta all’ambizioso obiettivo di uno sciopero internazionale per fermare le navi delle armi.

Ancora un’utopia realizzata nelle parole di Tiziana Volta di Mondo Senza Guerre e Senza Violenza, che racconta con traporto e commozione il percorso già compiuto dalla Marcia Mondiale per la Pace e la Nonviolenza, le tante iniziative realizzate nella prima e nella seconda edizione (quest’ultima purtroppo bloccata in Italia dal lockdown del 2020) e le prospettive aperte dalla terza: il lavoro organizzativo e di definizione del percorso è già cominciato e la Terza Marcia partirà il 2 ottobre 2024 con due delegazioni, senior e junior, che percorreranno il pianeta per tre mesi. Particolare spazio verrà dato al Mediterraneo, a partire da Reggio Calabria, suo centro geografico.

A conclusione dell’incontro, proposte e idee di aiuto reciproco e lavoro comune, per costruire tutti insieme un “mosaico di pace” e un momento di raccoglimento intorno al “Palo della pace” con scritte in diverse lingue opera dell’associazione World Peace Prayer International, accompagnati dal suono profondo del digeridoo, strumento degli aborigeni australiani.

La serata continua davanti a un pubblico numeroso con l’emozionante spettacolo C’era una volta la guerra”, realizzato dalla compagnia teatrale di Emergency e in particolare dall’attore Mario Spallino: una cavalcata per la storia di oltre un’ora, con fatti, dati, storie, riflessioni, date, canzoni e dialoghi per mostrarci l’assurdità della guerra e delle spese militari e, ancora una volta, la concreta utopia di un mondo di pace. Finale: “C’era una volta la guerra. E poi l’abbiamo abolita!”

Domenica 28 agosto il Parco Boschetto di Germignaga è gremito di bancarelle dei produttori locali e di tante associazioni, con gente ferma a chiaccherare, capannelli dovunque e un’atmosfera di attività e vicinanza.

La mattina si apre con una lezione aperta di Qi Gong e Tai Chi e dopo il pranzo multietnico Giovanna Silvestro del Centro di Nonviolenza Attiva di Milano guida il laboratorio esperienziale “Alla scoperta dei “superpoteri” . Seduti in cerchio, i partecipanti sperimentano momenti di riflessione personale e di dialogo per riconoscere le virtù, le qualità positive proprie e degli altri: siamo abituati a dare più peso a difetti e difficoltà, ma il riconoscimento di ciò che di meglio esiste in noi e negli altri può darci un senso di profonda pace e di coerenza interna ed esterna. Da qui parte quella pace a cui tutti aspiriamo, che non è solo una condizione esterna.

Foto di Thomas Schmid

In contemporanea i clown dell’associazione Stringhe Colorate di Varese intrattengono un folto pubblico di bambini con tale successo da ripetere lo spettacolo per due volte.

Il musicista Paolo Paliaga coinvolge i presenti guidandoli in un percorso con semplici esercizi con la voce e l’aggiunta di strumenti ritmici come tamburi e tamburelli, fino ad arrivare a un concerto a più voci, una vera e propria “creazione sonora collettiva”,

Ultima tappa della festa, letture e testimonianze sull’innovativo concetto di “giustizia riparativa”, con Stefano Orlandi (Progetto “Un futuro in comune – Giustizia riparativa”), Cooperativa Lotta contro l’Emarginazione e Fondazione Enaip. Dal punire al ricucire, riparando a un danno fatto per continuare un cammino di riabilitazione. Alla base il principio giapponese del Kintsugi: un vaso rotto non si ricompone com’era prima, nascondendo le crepe, ma anzi le si evidenzia con l’oro, arrivando a una creazione nuova e più preziosa. Le ferite non si nascondono, ma attraverso l’incontro tra rei e vittime e l’aiuto di mediatori culturali si possono raggiungere risultati che una giustizia punitiva non riesce a produrre. Un percorso nuovo, che richiede la messa in discussione di idee e pratiche radicate e obbliga a un’interessante riflessione.

In sintesi, una festa intensa e stimolante, permeata da un’energia positiva e da un evidente desiderio di pace in ogni sua accezione. Ed è solo l’inizio…