Murat Cinar ed io collaboriamo entrambi con Pressenza e con Radio Onda d’Urto: questo me lo ha fatto sentire subito vicino, tanto che un anno e mezzo fa ho deciso di intervistarlo. Ne è nata una bella amicizia e durante il periodo in cui gli incontri online erano una fonte di sopravvivenza, ne abbiamo organizzato uno per raccontare cosa succedeva in Turchia

Quando con un crowdfunding chiese un contributo per pubblicare un libro su 11 storie turche, era scontato che decidessi di appoggiarlo. Da poco ho ricevuto e letto il libro.

Non era invece affatto scontato quello che sto per scrivere e lo faccio con sincera stima e affetto.

Il libro “Undici storie di Resistenza. Undici anni della Turchia” merita di essere comprato e soprattutto letto, magari anche passato a qualcun altro dopo…

Murat, che da 20 anni vive in Italia, riesce in un compito niente affatto facile: raccontare, descrivere, quella realtà a noi così troppo poco nota che è la Turchia, grande, complessa, difficile, particolare. Trova una formula che rende tutto più facile: in ogni capitolo (e ve ne sono 11, uno per ogni storia di un uomo o di una donna) parte dalla propria vita, dai suoi ricordi, fin da bambino. La sua quotidianità a Istanbul con gli occhi di un bimbo, di un ragazzino e più avanti di uno studente universitario che scopre il mondo. Spaccati familiari, intimi, con un padre impegnato politicamente, una mamma che si occupa di tutto e di tutti, una casa che dà sulla strada, un quartiere pieno di ragazzini.

Così Murat inquadra il tempo, l’atmosfera, e ogni poche pagine tira fuori dal cilindro un personaggio che ha lottato in quel contesto, che si è scontrato con una realtà feroce, di repressione, di ingiustizia, di assenza di diritti e libertà: giovani che sono usciti dal paese per poter continuare a vivere e lottare perché oppositori politici, o difensori dei diritti umani, o omosessuali, o kurdi o tutte queste cose insieme. Murat li descrive con poche pennellate. Benissimo.

Un libro che tiene insieme i dati, le statistiche, i numeri delle persone colpite, incarcerate, isolate, perseguitate, con i precisi volti di alcuni di loro: 11 individui, 11 storie. Murat passa dal microscopio al proiettore, tenendo molto bene insieme il tutto.

I numeri fanno impressione: migliaia di persone che perdono il posto di lavoro, sono messe in carcere o vanno in esilio. Scioperi della fame che coinvolgono decine, centinaia di prigionieri. Una lotta enorme, incredibile. Eppure sono numeri precisi. Faccio un esempio. Scrive Murat: “Durante lo stato di emergenza, dal 2016 al 2018, l’Associazione dei Legali progressisti ha difeso i diritti di buona parte di quelle 131.922 persone sospese, licenziate, denunciate e arrestate” (pag. 109); oppure: “Durante la campagna elettorale del 2015 le sedi dell’Hdp sono state prese di mira in diverse città per ben 128 volte.” Numeri precisi come ad indicare la memoria che li potrebbe nominare uno ad uno, ma anche il fatto che “in quanto numeri finiti” possono essere parte di una dura realtà che può “finire”, che non ha una forza infinita.

Ma sono poi le storie dei singoli (spesso con nomi complicatissimi, per scrivere i quali la nostra tastiera non basterebbe), che Murat ha conosciuto di persona e di cui raccoglie le testimonianze, che danno carne e sangue al tutto.

Numeri e storie si tengono insieme. Gli uni e le altre non basterebbero, da sole.

Murat ci accompagna in questo mondo, il suo mondo, quello che lui stesso, come quelli di cui parla, ha lasciato. Traspare l’amore e la nostalgia per quella terra, per quelle città, per quella cultura, e la convinzione di fare tutto il possibile perché il contributo “da fuori” aiuti coloro che resistono “da dentro”.

Murat tiene una piccola lanterna in mano e ci fa luce, noi lo seguiamo e ci addentriamo. Una realtà che fa davvero paura, ma dove chi lotta non abbassa mai la testa, lo sguardo.

Murat, e con lui i protagonisti di questo libro, ci chiedono di sapere, far sapere, divulgare, partecipare a questa resistenza molteplice, diffusa, che sogna un Paese nuovo, dove chiunque possa muoversi e parlare liberamente, studiare, lavorare, scrivere, lottare, vivere, senza temere controlli e repressione.

Si può trovare il libro qui.