Si celebra il 30 luglio la giornata internazionale dell’amicizia, una ricorrenza delle Nazioni Unite con la quale, come segnala la risoluzione istitutiva (risoluzione dell’Assemblea Generale 65/275 del 28 luglio 2011), si invita la comunità internazionale nella sua interezza, tutti gli Stati membri, le organizzazioni del sistema delle Nazioni Unite, e altre organizzazioni regionali e internazionali, come pure la società civile, comprese le organizzazioni non governative e le singole persone, «a celebrare la Giornata Internazionale dell’Amicizia in maniera appropriata, in accordo con le culture e altre circostanze e costumi delle rispettive comunità locali, nazionali e regionali, anche attraverso l’istruzione e attività di promozione di consapevolezza presso l’opinione pubblica», osservando, peraltro, che «attività, eventi e iniziative legate al tema dell’amicizia si svolgono ogni anno in diversi Paesi», a conferma dell’importanza e dell’attualità della questione.

Infatti, per quanto spesso catalogata tra le “ricorrenze dimenticate” del sistema delle Nazioni Unite, la giornata internazionale dell’amicizia è un’occasione assai preziosa per rimettere a tema e sollecitare iniziativa pubblica sulla questione, importante e attuale più che mai, dell’amicizia tra popoli e comunità, della collaborazione e della cooperazione internazionale e, in prospettiva, della costruzione della pace. È ancora la risoluzione dell’Assemblea Generale a richiamare, sin nei suoi paragrafi introduttivi, «la rilevanza e l’importanza dell’amicizia quale sentimento nobile e prezioso per la vita degli esseri umani ovunque nel mondo» e a soffermarsi sul fatto che «l’amicizia tra popoli, Paesi, culture e singole persone può ispirare gli sforzi per la pace e costituisce un’opportunità per costruire ponti tra le comunità, rispettando la diversità culturale». È cioè, la questione dell’amicizia e, in particolare, con essa, la costruzione dell’amicizia tra i popoli e le culture, la realizzazione di progetti e di iniziative per la solidarietà e la cooperazione internazionale, la promozione del legame e della fiducia, uno strumento prezioso del lavoro di pace e degli stessi Corpi civili di pace.

L’orizzonte della “pace positiva”

In particolare, in questo senso, è ancora la risoluzione a osservare che «l’amicizia può contribuire agli sforzi della comunità internazionale, in linea con la Carta delle Nazioni Unite, verso la promozione del dialogo tra le culture, la solidarietà, la comprensione reciproca e la riconciliazione», ponendo, per questa via, la questione dell’amicizia e della cooperazione tra i popoli sulla falsariga della questione della pace, in particolare del lavoro di pace e per la ricomposizione. Il nesso viene esplicitamente richiamato nella risoluzione quando si richiamano «le finalità e gli obiettivi della Dichiarazione e programma di azione per una cultura di pace e il Decennio internazionale per una cultura di pace e nonviolenza per i bambini del mondo (2001-2010)». Il documento di riferimento, importantissimo per la sua portata e per i suoi contenuti, è, appunto, la risoluzione dell’Assemblea Generale 53/243 del 6 ottobre 1999 contenente la Dichiarazione e programma di azione per una cultura di pace. Qui viene messo in evidenza, in maniera opportuna e adeguata, che «la pace non è solo l’assenza del conflitto, ma richiede anche un processo positivo, dinamico e partecipativo, in cui il dialogo sia incoraggiato e i conflitti siano risolti in uno spirito di reciproca comprensione e cooperazione».

Si tratta, precisamente, della definizione, ormai ampiamente assodata in letteratura, di pace “positiva”: non più pace, in negativo, come carenza, mancanza, negazione (negazione del conflitto o mera assenza della guerra, ad esempio), bensì una rinnovata, più articolata e più esigente allo stesso tempo, concezione della pace, in positivo, come presenza, affermazione, pienezza, realizzazione, cioè, di un contesto in cui tutti i diritti umani per tutti e per tutte siano riconosciuti, tutelati e promossi, sia promossa la giustizia sociale, siano costruiti processi di inclusione e di partecipazione. Come ricorda, ad esempio, Johan Galtung, tra i massimi esponenti a livello internazionale della ricerca per la pace, «la distinzione fra pace negativa e pace positiva che introdussi nel 1958 era ispirata alla distinzione di Marie Jahoda fra salute mentale negativa e positiva, criterio precursore della psicologia positiva. Il che non implica alcun monopolio sulla definizione. Per una valida nozione scientifica è tuttavia indispensabile una conoscenza del campo, a discernimento degli elementi da escludere o includere. […] Ci servono criteri sulla pace per sapere di che trattiamo; per la pace negativa: assenza o basso livello di violenza diretta e strutturale, tali per cui vengono soddisfatti i bisogni umani basilari e di natura-diversità-simbiosi; per la pace positiva: presenza di cooperazione-equità, armonia-empatia, trasversalmente ai fronti conflittuali, di genere-generazione-razza-classe-natura-territorio. […] Pace positiva significa che si muove qualcosa di buono. Pace è un rapporto fra le parti, così come salute è un equilibrio nelle persone».

Per il pieno sviluppo di una “cultura di pace”

Non si tratta di un lavoro banale: è ancora Galtung a ricordare, infatti, che «la pace positiva si struttura sulla pace negativa, costruendo sulla riconciliazione dei traumi e sulla risoluzione dei conflitti. C’è da fare molto lavoro». Non a caso, come ricorda la citata Dichiarazione e programma di azione per una cultura di pace, «il pieno sviluppo di una cultura di pace è integralmente connesso con la promozione della risoluzione pacifica dei conflitti, del mutuo rispetto e della reciproca comprensione, e della cooperazione internazionale; il rispetto degli obblighi internazionali sotto la Carta delle Nazioni Unite e il diritto internazionale; la promozione della democrazia, dello sviluppo e del rispetto universale di tutti i diritti umani e le libertà fondamentali; il rafforzamento delle istituzioni democratiche e della piena partecipazione; lo sradicamento della povertà e dell’ analfabetismo e la riduzione delle diseguaglianze, all’interno e tra le nazioni». Elementi fondamentali, nello spirito della giornata del 30 luglio, per costruire, sull’amicizia, un orizzonte di cooperazione e di pace.