La Golar Tundra è nel canale di Sicilia e avanza lentamente verso Piombino. Arriverà in autunno per poi essere attiva dalla primavera 2023. Si tratta di una gigantesca nave metaniera, lunga circa 300 metri, costata 350 milioni, che sarà adibita come rigassificatore e unità di stoccaggio, in gergo tecnico Fsru, (Floating Storage and Regasification Unit).

E non importa se a Piombino nessuno la vuole. In tempo di emergenza si passa sopra a tutto, dalla democrazia all’ambiente.

Sebbene il governo Draghi sia caduto proprio sul decreto Aiuti, (alla Camera approvato con 266 sì e 47 no, al Senato passato blindato dalla fiducia, passa con 172 sì, M5S astenuto e Draghi dimessosi), sembra che non si sia spazio per un ripensamento. E così il decreto ora convertito in legge, oltre all’inceneritore romano, permette di installare i rigassificatori galleggianti a Piombino e Ravenna senza Valutazione Ambientale Strategica (VAS) e Valutazione di Impatto Ambientale (VIA). Un precedente pericoloso per ogni territorio, così che per motivi di emergenza nazionale, la valutazione di impatto ambientale sarà un blando optional.

Dal basso la gente protesta. Piombino è una città già duramente provata dall’inquinamento dell’acciaieria, che aspetta le bonifiche da decenni e non ne vuole sapere di essere nuovamente sacrificata sull’altare di un falso progresso. Il Comune di Piombino, insieme ai Comuni limitrofi si oppone e si affida ai legali. Dopo la manifestazione con migliaia di persone nella bella piazza sul mare del 25 giugno 2022 si passa a una strategia di disobbedienza civile: il 3 luglio gli attivisti hanno attraversato continuamente le strisce pedonali per bloccare il traffico diretto al porto, ma una ventina sono stati schedati dalla Digos pur non avendo commesso alcun illecito..

Alla richiesta della Snam di lasciare il rigassificatore per 25 anni nel porto (che è il normale ciclo di vita di un impianto di rigassificazione), il presidente della Regione Toscana Giani, nominato dal governo come Commissario straordinario per sveltire le pratiche burocratiche, patteggia un massimo di 3 anni a Piombino e 22 altrove (dove non si sa).

Come se non bastasse, la Snam ha acquistata una seconda nave (BW Singapore) destinata a Ravenna, che però avrà tempi più lunghi per essere attiva, si ipotizza non prima del 2024.

In tutta Italia si sta formando una Rete Nazionale contro i Rigassificatori, su iniziativa di Coordinamento ravennate “Per il clima Fuori dal Fossile”; all’incontro del 13 luglio erano presenti comitati territoriali di Ravenna, Piombino, Brindisi, Sardegna, Sicilia.

Francesco Cappello, fisico dell’Università di Pisa, curatore del blog “Seminare domande” spiega: “Se volessimo sostituire il gas che ci arriva dalla Russia – 29 miliardi di metri cubi l’anno – con gas naturale liquefatto sarebbero necessarie 322 navi metaniere all’anno, ciascuna in grado di trasportare 150 mila metri cubi di gas liquefatto. Un via vai di enormi dimensioni che moltiplicherebbe rischi e danni ambientali in proporzione. Vanno poi, più propriamente, considerati i costi economici ed ambientali di liquefazione, trasporto, rigassificazione.”

Il ciclo del GNL è molto inquinante: il gas viene estratto tramite fracking, una tecnologia di perforazione del suolo, che implica consumo di terra e di acqua. Una volta estratto il gas viene poi trasportato fino agli impianti di gassificazione (o liquefazione) sulle coste, dove, dal Mozambico a Capo Delgado “la popolazione costiera, che finora viveva di pesca, viene costretta a trasferirsi a 10-15 km dalla costa per far posto agli impianti industriali per la liquefazione del gas destinato all’esportazione. L’ambiente costiero viene sempre più inquinato”.

Il GNL, gas compresso a -161°C, viene quindi trasportato su grandi navi metaniere e riportato sotto forma di gas naturale, tramite i rigassificatori sulla costa. Il ritorno allo stato gassoso da quello liquido avviene grazie allo scambio di calore con l’acqua di mare. Qualsiasi fuoriuscita accidentale in tale operazione può avere effetti disastrosi. Per questo le norme internazionali di sicurezza prevedono che i rigassificatori debbano essere lontani da qualsiasi operazione commerciale marina o centro abitato.

Come sottolinea Cappello: “oltre a voler imporre la convivenza con un impianto estremamente pericoloso anche se tenuto a debita distanza – 22 km dalla costa nel caso del Rigassificatore OLT tra Marina di Pisa e Livorno – il normale funzionamento del rigassificatore prevede l’uso di varechina (candeggina) NaClO, a ciclo continuo, quale antivegetativo, necessario a tenere sempre libere dalla formazione di alghe ed incrostazioni le serpentine degli scambiatori di calore del rigassificatore. Ci si chiede quali possano essere le possibili conseguenze sugli equilibri dell’ecosistema marino locale, le attività di pesca e di allevamento ittico. L’acqua di mare utilizzata viene restituita al mare più fredda (-8°C) e clorata. Come dicono vari studi, gli alogeno-derivati sono tossici, mutageni, poco biodegradabili e possono interferire in molti processi metabolici e fisiologici.”

La domanda a questo punto sorge spontanea. Ma gli scienziati dell’IPCC non ci avevano chiesto di lasciare i combustibili fossili (petrolio, gas, carbone) sotto terra? Che transizione ecologica è mai questa? Purtroppo anche il Parlamento Europeo ha tradito ogni promessa votando per la Tassonomia verde-grigia a favore dell’inclusione di gas e nucleare tra le energie rinnovabili da incentivare.

La strada verso la crisi climatica è insomma lastricata di transizione ecologica. Ed è sempre più in discesa.