Coltano, un piccolo paese della provincia Toscana, quell’entroterra dove i viali alberati, le pinete si alternano ai campi, dove il tempo si è un po’ fermato, dove a pochi passi c’è la stazione dalla quale Guglielmo Marconi lanciò le prime comunicazioni oltre-oceano, un paesaggio d’altri tempi. Bellissimo.

Proprio nel mezzo della riserva di San Rossore il governo vorrebbe costruire un’ennesima base militare, 190 milioni di euro per occupare un altro pezzo di territorio in favore di chi fa la guerra. Sono soprattutto voci femminili che si alternano, dal potente impianto audio, per denunciare le vergogne di una proposta che la cittadinanza rifiuta in toto, sia lì che altrove.

Oggi almeno 15mila persone hanno sfilato sotto un caldo impressionante, un mondo variegatissimo, di tutte le età, di varie provenienze. L’accento toscano era quello che più si sentiva, ma non solo; striscioni e cartelli fatti a mano, scritte dissacranti per smontare una fantomatica base militare, prima che venga issata la prima recinzione.

Bambini che inneggiano alla base, sì, ma della torta, o a quella del triangolo; cartelli e slogan a difesa del territorio nei suoi molteplici e diversi aspetti: naturale, paesaggistico, culturale. Questa base è uno schiaffo e la popolazione locale si è alzata in piedi. Da mesi protestano, sono diventati esperti ed esperte, come spesso avviene in queste occasioni. Oggi è il loro giorno: hanno preparato tutta l’ospitalità e non smettono di ringraziare i tanti arrivati anche da molto lontano, con autostrade da bollino rosso.

Sono arrivati i tre pullman organizzati dalla GKN hanno scaricato uomini, donne, striscioni e tamburi e sono partiti cori e rullate che sembrava di essere a Campi Bisenzio. Il corteo parte, si snoda nella campagna, musica e interventi al microfono, mentre si cammina e si cammina. Parlano i No Muos dalla Sicilia; ci sono i No Tav (due pullman da Torino) che ben conoscono la militarizzazione e la repressione di un territorio. Interviene Francuccio Gesualdi del Centro Nuovo Modello di Sviluppo che elenca le numerose ingiustizie e la necessità di recuperare diritti in campo sociale e sindacale. Alla fine, saranno stati sette chilometri, ma tra raggiungere il proprio mezzo e altro, forse se ne sono fatti 10. Stanchissimi, ma soddisfatti.

Un enorme NO a questa base, alla militarizzazione, alle spese militari nel loro insieme, per le quali dal cilindro sono usciti milioni e milioni di euro quando non ve ne sono per case, trasporti, scuola, sanità…

Un enorme SI alla difesa dell’ambiente, della bellezza, dei beni pubblici, della terra, della natura, della diversità, della libertà di muoversi liberamente senza muri e fili spinati.

Una giornata importante che in tanti ricorderemo, per la fatica e la gioia di ritrovarsi, in un luogo dove – la sensazione è diffusa – torneremo presto.

 

Foto di Andrea De Lotto, Loredana Bellone e Marta Gatti