L’intervista alla presidente delle Ong del Burkina Faso e di Forus International, una piattaforma alla quale aderiscono circa 22mila realtà associative.

Le organizzazioni della società civile come chiave contro violenze e radicalizzazione delle comunità: è la prospettiva suggerita in un’intervista con l’agenzia Dire da Christelle Kalhoule, presidente delle Ong del Burkina Faso e di Forus International, una piattaforma alla quale aderiscono circa 22mila realtà associative. Il colloquio si tiene a margine di Coopera, due giorni nazionale della cooperazione allo sviluppo, dedicata alle cinque “P” dell’Agenda 2030 dell’Onu: pace, persone, prosperità, pianeta e partnership. Kalhoule si sofferma sull’esperienza del suo Paese d’origine.

“Dal 2015 il Burkina Faso sta affrontando una grave crisi di sicurezza e umanitaria” la premessa. “Abbiamo più di un milione e 900mila sfollati e sono stati uccisi migliaia di civili”. Secondo la presidente di Forus, la situazione è critica ma ci sono vie possibili, tutte da percorrere. “Le Ong e gli altri stakeholder stanno lavorando sulla coesione sociale perché ci sono conflitti che sono dovuti ad attacchi da parte di gruppi non statali, ma ce ne sono anche altri effettuati da gruppi di matrice comunitaria” sottolinea Kalhoule. La tesi è che c’è un legame decisivo tra violenza e mancanza di opportunità.

“La radicalizzazione di alcuni gruppi è un fenomeno determinato dalla povertà estrema” riprende la presidente di Forus. “Le Ong hanno allora un ruolo cruciale perché puntano sulla formazione e l’inclusione sociale, affinché tutte le voci possano essere ascoltate”. In Burkina Faso incursioni di gruppi armati si sono verificate anche nello scorso fine settimana. Secondo un portavoce del governo, Wendkouni Joel Lionel Bilgo, almeno 55 persone sono state uccise nel villaggio di Seytenga, nel distretto settentrionale di Seno. Negli ultimi anni alcune di queste violenze sono state attribuite a formazioni di matrice jihadista, come Al Qaida o lo Stato islamico.

Nel luglio 2021 in una sola di queste incursioni, nella cittadina di Solhan, le vittime erano state oltre 160. Anche come reazione all’insicurezza diffusa, nel gennaio scorso, un golpe militare ha portato al potere la giunta del colonnello Paul-Henri Sandaogo Damiba. Secondo Kalhoule, oggi più che mai le organizzazioni della società civile sono chiamate a offrire un contributo. “In Burkina Faso stanno promuovendo il dialogo tra le comunità, tra i gruppi religiosi e anche tra le comunità e il governo nazionale” sottolinea la presidente di Forus. “Questo è un momento decisivo; oltre a rispondere alla crisi umanitaria, che è terribile, le associazioni stanno sostenendo il dialogo e la costruzione della pace attraverso meccanismi per la risoluzione dei conflitti”.

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