Si è concluso sabato 30 aprile presso Villa Fiorita, a Cernusco sul Naviglio nei pressi di Milano, il breve tour italiano di Nina Lakhani per presentare la traduzione italiana del suo importante libro “Chi ha ucciso Berta Caceres. Dighe, squadroni della morte e la battaglia di una difensora indigena per il pianeta”.

Nina Lakhani, inglese, inizia a lavorare come infermiera con persone che soffrono di problemi di salute mentale. In seguito diventa giornalista e si stabilisce per un po’ di anni in centro America come corrispondente per il Guardian. In quel periodo ha l’occasione di intervistare una brillante attivista honduregna: Berta Caceres. Berta è già minacciata da tempo, sa che possono ucciderla, si sposta di casa in casa, eppure non lascia il suo paese, la sua gente. Qualche mese dopo Nina riceve da varie parti lo stesso messaggio: “Hanno ucciso Berta Caceres.” Dopo appena qualche settimana è in Honduras e comincia a cercare informazioni, a fare interviste. Il colpo di scena è un’intervista ad un giovanissimo ex militare honduregno che ha lasciato il battaglione speciale in cui si trovava e che racconta come avesse visto, a suo tempo, una lista di persone da eliminare: tra queste c’era Berta Caceres, e nella stessa lista appariva anche il nome di un vecchio attivista della sua zona, con una X a fianco, a significare che questi era già stato eliminato.

L’articolo, racconta Nina, fece molto scalpore. Lei stessa venne attaccata frontalmente dal governo e dall’ambasciata Usa. “Ma – dice – siccome sono molto testarda andai avanti, e non escludo che quella fu un’ulteriore spinta a scrivere il libro.” Seguì tutto il processo, unica corrispondente estera in tribunale, e continuò la ricostruzione della vita di Berta. Ma parallelamente alla storia di Berta emergeva quella dell’Honduras, un paese martoriato dove la violenza è altissima, dove lottare per la giustizia, i diritti, la salvaguardia del territorio è pericolosissimo. E Berta lo sapeva. Non bastarono il suo riconoscimento internazionale, la sua notorietà, per salvarla. Nina racconta: “Quando seppi della morte di Berta, pensai: in Honduras possono uccidere chiunque!”

Nina ha pubblicato con coraggio questo libro in inglese, tormentata dalle minacce di sanzioni e multe da parte della banca honduregna finanziatrice del progetto idroelettrico contro cui si batteva Berta. Ha resistito. Ora il libro è stato tradotto in italiano (grazie alla piccola e vivace casa editrice CAPOVOLTE) e in spagnolo. Nina ha potuto finalmente presentarlo in carne ed ossa con 4 incontri in Italia, il più significativo dei quali è probabilmente quello in Val di Susa, nel presidio di San Didero, dove sanno bene cosa siano le minacce e la criminalizzazione della difesa di un territorio.

Nina si sente parte di un fiume carsico che continua l’azione di Berta. Leggere e diffondere questo libro ci sembra importante, perché gli esempi come quello di Berta Caceres si moltiplichino e la sua lotta e la sua morte non siano state vane.

Qualche riga dalla postfazione del libro:

Berta Caceres significava molte cose per molte persone. Era una leader indigena, una politica radicale, una difensora di base dei diritti umani, che rifiutava di arrendersi all’ordine mondiale patriarcale neoliberista. Era intelligente, gentile, divertente, provocatrice e una leader rara che sapeva ascoltare, negoziare e unire le persone. E’ morta davvero troppo giovane, a soli quarantaquattro anni, in un tempo in cui i popoli indigeni e le risorse naturali del pianeta sono sotto pesante attacco da parte di insostenibili avidità e consumo. La corsa per salvare il pianeta si sta compiendo, ma sono necessari cambiamenti radicali e il tempo a disposizione si sta esaurendo. La sua morte è stata un crimine contro la sua famiglia, la sua organizzazione COPINH, il popolo Lenca, la società honduregna e l’umanità.”