pubblichiamo il contributo di Sciarrino, giovane studioso ed attivista dei movimenti anticapitalistici contemporanei, a cui è stata affidata la nota introduttiva del volume di Antonio Casano, Arnesi dalla Bottega. Saggi politici sulla soggettività, Multimage, Firenze, 2022

 

I saggi che leggerete di seguito sono tutti stati pubblicati tra il 1986 e il 1993 sulla rivista Alla Bottega. La scelta da parte dell’autore, ma anche dell’editore, di pubblicare dei testi apparentemente datati è stata molto coraggiosa, si basa su una convinzione a mio parere condivisibile: i temi trattati sono ancora attualissimi e gli interrogativi posti da Toni Casano non hanno ancora trovato delle risposte definitive. Ma gli spunti posti in essere dalla ricerca sottostante alla scrittura di questi elaborati possono ancora oggi essere utilizzati, essendo – a parere di chi scrive – un valido supporto di base per delle riflessioni che tutt’ora sembrano essere all’avanguardia della ricerca militante rispetto alla sclerotizzazione della discussione scientifica e politica su questi temi. Il pregio ammirevole di questa opera, infatti, è certamente la capacità di porci degli interrogativi sul mondo che viviamo, la pretesa di non accontentarsi di spiegazioni semplicistiche o riduttive di un mondo infinitamente complesso.

Il mondo analizzato da Toni però non è più quello della nostra realtà e poco di quello che veniva descritto in quelle pagine potrebbe essere ritrovato oggi in quegli stessi termini.

Una cosa è certa: la nostra percezione è mutata di pari passo alla realtà in cui siamo immersi, ma gli interrogativi posti allora non hanno ancora trovato soluzioni dal lato della pars costruens della critica alla società capitalista. Sono sicuro però che il nostro tempo, quello che i filosofi senza più fantasia chiamano post-postmoderno, nasce in quegli anni ottanta interrogati e studiati in queste pagine. La nostra incapacità di comprendere il mondo che viviamo ha infatti radici lontane, la cui origine può essere vista in quei meccanismi di impoverimento lessicale che cominciarono proprio negli anni ottanta, periodo la cui essenza è stata magistralmente colta in questi saggi.

Il tentativo di questi scritti è quello di suggerirci una chiave di lettura capace di far luce sulla nascita di un mondo diverso che non è riconoscibile attraverso schemi epistemici classici, positivisti o veteromarxisti. Il mondo che nasce nei “ruggenti” anni ottanta è un mondo profondamente diverso da quello vissuto e analizzato da filosofi ed economisti negli anni settanta, è evidente che gli schemi di studio e di analisi sviluppati fino ad allora siano diventati d’un tratto troppo obsoleti per descrivere la realtà.

Non c’è dubbio che ad accorgersi di questo rapidissimo impoverimento di strumenti conoscitivi sia stato quel gruppo di intellettuali militanti postoperaisti (di cui certamente Toni fa parte) la cui scuola di pensiero non ha avuto paura di cimentarsi in un percorso difficile, in cui bisognava abbandonare le basi teoriche pregresse per porre nuovi interrogativi capaci di innescare discussioni scientifiche, sociali e politiche nuove.

Non è un caso che – a mio modo di vedere – questa riflessione epistemica sia cominciata a quasi dieci anni dalla data simbolo del 1977. Intendo dire che in quegli anni è maturata la consapevolezza di vivere una realtà nuova che sicuramente gli anni delle lotte operaie nelle fabbriche e le rivolte studentesche estese nel sociale avevano contribuito a creare, ribaltando tutti gli schemi politici e sociali di allora. Insomma il paradigma del conflitto otto-novecentesco era profondamente cambiato.

La sensazione che abbiamo è che, a partire da allora, sia cambiata la velocità del mondo, che abbia subito un’accelerazione esponenziale, tale da richiedere una capacità di lettura dei fatti sociali fuori dal comune, se non si vuole sembrare fuori dal tempo e inattuali. Il mondo che i filosofi francesi della “postmodernità” descrivevano in quegli anni non ammetteva le riduzioni semplicistiche della lotta di classe come unico motore della Storia. Ci si è accorti che questa è un’astrazione che ha portato fuori strada le forze riformiste. In Italia viene addirittura sancita la fine ontologica della classe operaia, soppiantata dall’operaio massa così diverso dai protagonisti delle analisi marxiste che riempivano i volumi di filosofia politica fino alla fine degli anni settanta. Di questa consapevolezza c’è traccia in quasi tutti i capitoli che leggerete in questo libro, come in un filo rosso che unisce tutti gli interrogativi posti in queste pagine: chi sono i nuovi attori sociali, i protagonisti che hanno subìto o promosso i cambiamenti di questo tempo?

Nelle discussioni fatte con Toni sui temi di questa raccolta, è emersa la necessità impellente di delineare la figura che ha sostituito la classe operaia delineata da Marx, come strumento conoscitivo di un mondo che ha velocemente imparato a fare a meno di istituzioni gnoseologiche strutturaliste, ma che non ha lasciato a noi il tempo per sviluppare nuovi strumenti conoscitivi adatti a leggere il mondo che viviamo. La soluzione di questa risposta è incredibilmente all’avanguardia per quei tempi, sembra infatti emergere dalle righe di questi testi una prima nozione di moltitudine, definizione che entrerà nella discussione filosofica soltanto agli inizi degli anni duemila con Negri. L’intuizione apprezzabile che ho letto in questi saggi è il suggerimento che ad avere massima rilevanza nei fatti sociali, politici e persino economici sia la dimensione del Comune (come si direbbe oggi), vale a dire la capacità di singolarità liberamente aggregate di rivendicare le proprie necessità e desideri, costituire il proprio diritto dal basso ed incidere sullo scorrere lineare del tempo: vale a dire la possibilità di questo attore sociale, la moltitudine, di effettuare quello che uno storico chiamerebbe rotture, cioè dei momenti di profondo cambiamento della nostra quotidianità. Non mancano riferimenti di come questa teoria abbia degli esempi pratici che confermano la fondatezza dell’analisi. Gli aspetti che Toni Casano mette sotto la lente d’ingrandimento sono molteplici e passano dall’analisi epistemologica alla filosofia politica, e tutti questi passaggi mettono in luce come, anche inconsapevolmente, siamo noi stessi gli autori o comunque siamo sempre, direttamente o indirettamente, partecipi dei profondi cambiamenti che viviamo, anche velocissimi, senza saperceli spiegare, perché proviamo ad analizzare ancora oggi il mondo con le lenti del passato.

Il messaggio che si vuole far passare, attraverso questa nostra lettura, è il suggerimento di occuparci tutti coscientemente della gestione della cosa comune, poiché siamo già attori protagonisti che purtroppo non esercitano a pieno il contropotere di incidere sulla realtà dominante. Diciamo che ancora è troppo debole la consapevolezza, a partire dalle singolarità della moltitudine, della preziosa possibilità che c’è data di essere partecipi al processo costituente del cambiamento del mondo che viviamo.

Il piano su cui questa riflessione si svolge è nobilissimo e spesso non di facile approccio, la lettura di questo libro è infatti molto densa di nozioni e, come si addice ad un progetto di conoscenza della realtà che non escluda la complessità del reale, molto solida dal punto dei riferimenti bibliografici, che costituiscono essi stessi parte integrante del lavoro e sono fonte di riflessioni essenziali, capaci spesso di integrare il senso o di rispondere alle domande che sorgono durante lo studio della ricerca proposta.

È interessante vedere come i temi attraverso i quali possiamo leggere la postmodernità descritta in quei testi siano ancora oggi, dopo più di trent’anni, di stringente attualità e ciò sottolinea la sua utilità nelle analisi dei fatti sociali. Ad esempio, sulla scorta delle osservazioni di Fayerabend, noi tutti sappiamo di essere partecipi delle rivoluzioni scientifiche, che non sarebbero tali se rimanessero chiuse nelle stanze dei laboratori e che mostrano la loro forza solo quando diventano patrimonio comune. Cioè, fin quando non saremo noi stessi (perché in qualche modo ne siamo stati tutti partecipi) i vettori delle nuove prospettive, i cambiamenti non saranno mai tali perché non incidono sulla realtà. Oppure, altro punto da rilevare ancora nel volume, il concetto di crisi visto ed analizzato come parte costituente di questa società del capitale che non può fare a meno di vivere dei momenti di eccezionalità per sussumere le contraddizioni in seno a se stessa per continuare a riprodursi fortificandosi.

Ciò che più mi ha stupito di queste letture è però la capacità di intuire che a cambiare radicalmente con la postmodernità sarebbero stati prima di tutto i rapporti umani, sempre più rarefatti dalla necessità del capitale di infiltrarsi in ogni piega della nostra esistenza per sfruttare fino in fondo anche la nostra socialità. Si arriverà, infatti, a considerare come i rapporti mediati dalle nascenti reti multimediali non faranno altro che far perdere l’essenza degli scambi umani. Il quadro disegnato in questi testi potrebbe essere scoraggiante in effetti, ma soltanto ad una lettura superficiale. Ciò che a me è rimasto è la certezza che avere la consapevolezza di quello che ci succede intorno è l’arma più efficace che abbiamo per sottrarci alla mortificazione dell’essere umano che la società del capitale sta perpetrando a danno di noi tutti. Le difficoltà che si potrebbero incontrare nell’approccio alla lettura di questo lavoro, a nostro parere, potrebbero essere ricompensate con un arricchimento della cassetta degli arnesi.

Questo libro non ambisce a dare soluzioni, ma mette in guardia dalle facili semplificazioni ricorrendo all’armamentario di un mondo che non c’è più. E tuttavia sono tanti gli interrogativi che Toni pone prima a se stesso e a noi lettori, le cui risposte ipotizzate non sono mai definitive, bensì sempre e soltanto spunti di analisi per un mondo che è in continuo divenire.