Si è consumato il solito squallido, ritrito, e violento, copione dei 1° maggio a Torino da alcuni anni a questa parte

Arriviamo in piazza Vittorio qualche minuto dopo le nove, il corteo era già composto, per ultimo, dopo Rifondazione, lo spezzone sociale. A chiusura del corteo gli anarchici della FAI.

Un nutritissimo cordone di forze dell’ordine in tenuta antisommossa era già schierato davanti allo spezzone sociale a divisione del corteo prima che partisse alla volta di piazza s. Carlo.

Abbiamo assistito alle interlocuzioni di rito tra la Polizia e i dimostranti, comprendendo presto, e con sollievo, che il cordone degli agenti si sarebbe aperto quando la parte del corteo immediatamente precedente si sarebbe avviata. Il che ci ha fatto presagire uno svolgimento “ordinato” (non a caso usiamo questo termine, spiegheremo più avanti il perché) del corteo.

In prima linea rispetto al cordone di Polizia si sono schierate le Mamme in Piazza per la Libertà di Dissenso. Quando Rifondazione ha cominciato a muoversi il cordone degli agenti si è aperto. A quel punto ogni tensione è scomparsa, il corteo avanzava verso piazza S. Carlo dove dal palco erano previsti gli interventi delle sigle dei sindacati nazionali.

Giornalisti e fotografi, dapprima tutti concentrati in piazza Vittorio ai lati dello spazio tra il cordone di Polizia e la testa dello spezzone sociale, si sono sparpagliati per il corteo. Ad un certo punto, non a caso, dati gli avvenimenti degli scorsi anni, con i colleghi ci siamo un po’ tutti ritrovati a metà di via Roma, tra piazza Castello e piazza S. Carlo in corrispondenza della testa dello spezzone sociale.

D’improvviso, da sotto i portici sono spuntati da ambo i lati gli agenti della “celere”, non appena, inevitabilmente, ci sono stati contatti tra i manifestanti, presi alla sprovvista, e gli scudi degli agenti che li spingevano, sono cominciate a volare le manganellate.

In un’operazione simile alla chiusura di un cancello, gli agenti si sono compattati riformando un cordone per fermare lo spezzone sociale, Da quel momento sono partite diverse cariche.

Pochissimi minuti dopo mezzogiorno il cordone si è riaperto. Guarda caso gli interventi dal palco di piazza S. Carlo erano appena terminati. Durante i lunghi momenti di tensione in via Roma sono intervenuti al microfono un portavoce di Rifondazione, Angelo d’Orsi e Gastone Cottino dell’ANPI. Tutti hanno denunciato come il negare il diritto alla manifestazione di una parte di cittadinanza fosse un atto profondamente antidemocratico.

Su tutto ciò urgono una serie di considerazioni: la prima è il concetto di difesa dell’ordine pubblico, nel momento in cui volano delle manganellate, senza che ci siano state tensioni, l’ordine è di per sé sovvertito, non c’è nulla che attenga alla difesa/mantenimento dell’ordine. Inoltre dinamiche del genere hanno l’effetto di scatenare la rabbia.

Rabbia che viene spessissimo poi inquisita dal sistema giudiziario, senza che si inquisiscano le cause scatenanti, che in questo caso certamente non attengono ai manifestanti, questo non ci pare essere nel solco democratico, ma anzi, che generi un vero e proprio vulnus. Vedremo se si avrà il coraggio di far scattare dei provvedimenti a danno dei dimostranti per i fatti di oggi.

Dal punto di vista democratico e civile: il 1° maggio non appartiene a determinato partito o a determinate sigle sindacali, la politica prevede il dissenso, se partiti e sigle sindacali non vogliono manifestazioni di dissenso si pongano il problema di mettere in atto politiche che generino consenso.

Dal punto di vista politico e delle forme di manifestazione del dissenso: la mancanza di un’interlocuzione, di una mediazione con la base sociale, è uno dei principali problemi dell’attuale politica, che continua a negare la democrazia partecipativa. La base sociale è l’espressione di una parte della cittadinanza, il continuare a sollecitare un innalzamento del livello di scontro da parte degli apparati dello Stato con atti come quello odierno, non fa che minare sempre di più consenso, pace e coesione sociale.

Certo per interloquire occorre un fondamento basilare: il riconoscimento della dignità alla base sociale, lo smettere di pensare che esistano dei modi “codificati” per fare politica, che la politica appartenga solo agli apparati di partito o sindacali. Le istanze possono tranquillamente provenire dalla cittadinanza attiva, dalla base dei lavoratori, è compito dei politici e sindacalisti raccogliere ed estinguere quelle istanze con la risoluzione del problema. Il contrario di ciò che avviene nella realtà, ovvero la giostra delle vane promesse in campagna elettorale, durante la gestione delle crisi aziendali, nel mondo del lavoro precario.

Occorre che la politica abbia un atteggiamento responsabile verso la pace sociale, che agisca concretamente per abbassare il livello di scontro, in tutta franchezza siamo davvero stufi marci di vedere violenze in piazza a Torino. Che si ripristini il concetto di democrazia partecipativa. Spesso i politici da una parte chiedono partecipazione di piazza e dall’altra si seccano oltremodo quando qualcuno li contesta, reagendo come se il proprio territorio fosse invaso.

Un’ultima cosa: c’è un politico che non ama essere contestato in piazza, si chiama Salvini, oggi però non c’era…

Lasciamo parlare le immagini.