Entro in contatto con il dottor Bruno Passaretti, cardiologo che vive e lavora a Bergamo, dopo aver ascoltato un suo importante intervento in un webinar sugli allevamenti intensivi. Lo contatto, è da subito molto disponibile e lo ringrazio. Gli chiedo di produrre un video di 3 minuti per “lanciare un appello”, e prontamente me lo manda.

Dottor Passaretti le chiedo di riassumere le sue tesi.

Credo che i vostri lettori sappiano già dell’importanza del cambiamento climatico e dei rischi gravissimi che comporta. Vorrei dedicare alla difesa dell’ambiente i miei ultimi anni di carriera; come ha detto Ban Ki-Moon: “Ognuno di noi, qualsiasi lavoro svolga, deve avere come faro della sua attività il tentare di contrastare il cambiamento climatico.” Quindi se fossi un architetto e dovessi progettare una città terrei fermo questo principio, essendo io un medico posso cercare un aggancio tra la difesa della salute dell’individuo e l’ambiente. Da qualche anno questo tema è molto presente soprattutto nei paesi anglosassoni, in Italia no. Feci molta fatica a far pubblicare un editoriale su questo tema.

E invece il discorso è incredibilmente semplice: se ci sono delle misure che migliorano la salute dell’individuo e hanno pure una ricaduta favorevole sull’ambiente, perché non sostenerle e diffonderle con decisione? Se invece “mangiamo come se non ci fosse un domani”, dilapidiamo e distruggiamo l’ambiente, facciamo male sia all’ambiente che a noi stessi. Dobbiamo trovare quei punti di aggancio tra salute individuale e ambientale. Ve ne sono due che sono eclatanti: l’alimentazione e l’attività fisica.

Si ritrovano ogni qual volta si parli di prevenzione: che sia il tumore, la cardiopatia ischemica, il diabete, lo scompenso, l’ipertensione, l’insufficienza renale… tra i consigli si parla sempre di alimentazione sana ed attività fisica. Non parliamo quindi di prevenzione di una sola malattia, ma in senso lato. Per quanto riguarda l’alimentazione il discorso sulla “carne rossa” è ciò che unisce salute della persona e benessere del pianeta.

Noi sappiamo che gli allevamenti intensivi sono la maggiore fonte di emissione di gas nocivi, la percentuale del 14,5%, che viene sempre citata, andrebbe alzata se (come dice il Worldwatch Institute nel 2009) aggiungessimo l’emissione di CO2 per la respirazione degli animali e se considerassimo quanta foresta amazzonica viene disboscata per creare terreni atti a sfamare i bovini di questi allevamenti. Tenendo conto di tutto ciò, gli allevamenti intensivi arriverebbero ad essere la causa del riscaldamento globale per il 51%! Ripensare ad una riconversione senza tener conto di questo aspetto, significa fare un discorso monco.

Che la carne rossa sia dannosa per il nostro organismo è qualcosa di cui si parla da molto tempo, ma da un punto di vista mediatico la questione è esplosa con un “warning” dell’OMS del 2015 che disse: la carne rossa è probabilmente cancerogena e quella “processata” (affumicata, essiccata, inscatolata) è sicuramente cancerogena. Il consumo di questa carne andrebbe equiparato al fumo di sigaretta.

Perché tutte queste resistenze?

Sicuramente ci sono interessi dietro al mercato della carne, inoltre alla gente “piace” e quindi sono argomenti ostici, non fanno guadagnare voti. Toccare un tema come l’alimentazione è inoltre parecchio delicato: il fumo della sigaretta riguardava un’abitudine voluttuaria, lo sfamarsi è necessario.

Certo è che dopo questa evidenza di cancerogenicità sono fioccati moltissimi studi sulla popolazione e nei quali è chiaro che mangiare carne rossa aumenti la mortalità per cancro e malattie cardiovascolari. E questi dati sono gli stessi anche se fatti tra popolazioni europee, mediterranee.

Quanto tempo ci vorrà ancora per poter leggere queste informazioni scritte chiaramente su uno di quei cartelli che vediamo nelle sale d’attesa dei nostri medici di base?

Manca ancora la consapevolezza da parte della maggioranza dei medici. Solo nel 12% delle visite mediche, dice uno studio, vengono date delle raccomandazioni sull’alimentazione. Io faccio parte di un’organizzazione di medici per l’ambiente nella quale sono “concentrati” i medici attenti a questo tema: non abbastanza, per ora.

Quando ho parlato di questi temi ad un paio di convegni tra medici, ho incontrato sguardi stupefatti: rimangono colpiti dai numeri, che sono in effetti impressionanti. Che la carne rossa faccia male, questo è genericamente risaputo, ma QUANTO faccia male a noi e all’ambiente, questo non è noto.

Degli studiosi californiani hanno calcolato che se, improvvisamente, tutti gli statunitensi diventassero vegetariani, gli Usa raggiungerebbero il 74% degli obiettivi degli accordi di Parigi, senza toccare trasporti, riscaldamento… Ricordiamo che produrre, e quindi consumare, un chilo di carne vuol dire dilapidare dai 40mila ai 110mila litri di acqua.

Sta avvenendo un incontro tra questo vostro sapere e le nuove generazioni che si battono per una giustizia climatica e sociale?

Io noto molto interesse da parte dei giovani su questo argomento, penso ai giovani di FFF, ma in ambito medico trovo ancora molte resistenze: quando propongo questi temi ambientali, se coinvolto per esempio in un comitato scientifico, mi sento dire: “Si, ma cosa c’entra?” Come se l’ambiente non riguardasse la loro professione. C’è molta ignoranza. Nel mondo politico vedo molta più malafede, tra chi conosce bene i dati ma non li divulga o non li trasforma in lotte importanti. Ho visto attenzione solo da parte dei radicali.

Una misura come “tassare la carne rossa”, anche solo per i danni alla salute degli individui, non a quelli all’ambiente, avrebbe sicure conseguenze sulla riduzione di consumo e dei benefici consistenti a livello globale. I partiti politici non la propongono, temendo di perdere consenso. Ricordate il putiferio che venne fuori quando proposero di tassare le merendine? Sono temi difficilissimi da affrontare dal punto di vista politico, eppure andranno affrontati e presto. È evidente che i benefici, sul medio e lungo termine, sarebbero enormi, anche economici, risparmiando sulle cure posteriori e rinforzando invece la prevenzione.

Vogliamo poi parlare della fame nel mondo? È dall’inizio degli anni ’80 che diciamo che bisognerebbe vincere la fame nel mondo. The Lancet, una delle riviste scientificamente più importanti, ha creato una commissione dalla quale è emerso che se si riuscisse ad adottare un’alimentazione globale che comporti un uso di carne molto inferiore, ma consumando più prodotti vegetali e frutta secca, questo permetterebbe di nutrire 10 miliardi di persone, si risolverebbe in un colpo la fame nel mondo, l’obesità e le morti per cattiva alimentazione. Anche questo tema è fortissimo.

Come ha vissuto tutta la campagna mediatica durante il Covid che diceva: “Non possiamo abbandonare i nostri vecchi…”, e l’indifferenza rispetto a queste importanti raccomandazioni?

Ma secondo voi l’individuo medio ha capito che il Covid è venuto fuori anche per una manipolazione, una forzatura nei confronti della natura e dell’alimentazione, e che siamo noi, con i nostri stili di vita sbagliati, ad averlo creato? Secondo me questo discorso non è passato.

Basta vedere le foto satellitari della pianura padana, della Ruhr, delle zone più inquinate d’Europa, per capire come grazie al lockdown quell’inquinamento si crollato. Solo vivendo in un modo diverso si potrebbe ribaltare questa condizione di rischio.

Ogni tanto mi domando se forse la natura, per riprendersi, non abbia bisogno di togliere di mezzo noi…

Voi fra l’altro nella bergamasca il Covid lo avete vissuto in pieno.

Sì, è stato terribile, un incubo. Io l’ho preso quasi subito, in forma lieve, ma quando sono tornato in ospedale ho visto una situazione incredibile, era diventato un lazzaretto nel quale la gente viveva o moriva senza che tu potessi fare niente. Eppure, sembra che non abbiamo imparato.

Sia in sanità che in educazione cresce la sensazione di essere dei “meccanici” che lavorano su un’auto in corsa lanciata verso la distruzione.

Sì, è drammaticamente così. Ogni tanto sembra di spalare l’acqua con un forcone. Facciamo questi discorsi e andremo avanti a farli, a costo di essere considerati dei “fissati”, anche se a volte la sensazione è quella che si sia già passato il punto di non ritorno. Confidiamo nelle nuove generazioni, e sono contento di essere stato invitato in due scuole superiori dove andrò a parlare nei prossimi giorni.

Per maggiori informazioni o per contattarlo: http://www.passaretti.org/

 Andiamo avanti, nonostante tutto.