Nel giorno in cui ricorre il quinto anniversario della firma del Memorandum Gentiloni-Minniti sottoscritto il 2 febbraio 2017 con il governo di Tripoli, che già allora non rappresentava l’intero paese, si moltiplicano le testimonianze sugli abusi che ancora oggi subiscono le persone intercettate in alto mare e riportate indietro dalla sedicente Guardia costiera libica. E’ giusto chiedere la revoca di quel Memorandum, già oggetto di una precisa denuncia da parte del Tribunale permanente dei Popoli nel dicembre del 2017, ed apertamente criticato già nel 2019 da una importante sentenza del Tribunale di Trapani adesso confermata dalla Corte di cassazione (caso Vos Thalassa), ma occorre essere anche consapevoli della continuità delle linee di governo che hanno caratterizzato i rapporti con le autorità libiche a partire dal 2004 ad oggi. Linee di governo che si sono concretizzate in atti amministrativi “contra legem”, in scelte operative che hanno concretizzato respingimenti collettivi illegali e in decisioni politiche e legislative che hanno violato il sistema gerarchico delle fonti normative ed i principi basilari dello Stato di diritto, segnati dagli articoli 10,11 e 117 della Costituzione italiana. Ed è proprio su questi temi che si sta portando avanti a Palermo un processo nei confronti dell’ex ministro dell’interno senatore Salvini. Processo che rischia però di diventare l’ennesimo terreno di propaganda per le campagne di destra contro i soccorsi in mare e le organizzazioni non governative.

Come ha ricordato il Giudice delle indagini preliminari di Trapani, nella sentenza sul caso della legittima difesa riconosciuta ai naufraghi raccolti dal rimorchiatore Vos Thalassa nel luglio lo scorso anno, ” il memorandum Italia-Libia, essendo stato stipulato nel 2017, quando il principio di non-refoulement aveva già acquisito rango di jus cogens, è: – privo di validità, atteso che ai sensi dell’art. 53 della Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati è nullo qualsiasi trattato che, al momento della sua conclusione, sia in contrasto con una norma imperativa di diritto internazionale generale; – incompatibile con l’art. 10 co. 1 Cost., secondo cui l’ordinamento italiano si conforma alle norme di diritto internazionale generalmente riconosciute, tra le quali rientra ormai anche il principio di non-refoulement’. Secondo il giudice di Trapani, il Memorandum d’intesa tra Italia e Libia stipulato il 2 febbraio 2017, mai approvato dal Parlamento secondo la procedura fissata dall’art. 80 della Costituzione, costituisce “un’intesa giuridicamente non vincolante e non avente natura legislativa”.

Per diritto cogente (jus cogens), ai sensi dell’art. 53 della Convenzione di Vienna sul diritto dei Trattati, si intendono quelle norme contenute nei Trattati e nelle Convenzioni internazionali che non possono essere derogate dagli stati. “ È nullo qualsiasi trattato che, al momento della sua conclusione, sia in contrasto con una norma imperativa di diritto internazionale generale. Ai fini della presente convenzione, per norma imperativa di diritto internazionale generale si intende una norma che sia stata accettata e riconosciuta dalla Comunità internazionale degli Stati nel suo insieme in quanto norma alla quale non è permessa alcuna deroga e che non può essere modificata che da una nuova norma di diritto internazionale generale avente lo stesso carattere”.

Per quanto riguarda il cd diritto internazionale del mare l’ambito di norme che vincolano direttamente gli stati è ancora più ristretto, e prevale il riconoscimento dello strumento convenzionale per dare concretezza al rispetto dei doveri di ricerca e soccorso in mare. La doverosa tutela della persona umana impedisce però di considerare la singola Convenzione internazionale o peggio alcune sue disposizioni, in una dimensione atomistica, senza tenere conto di tutte le principali Convenzioni internazionali, del diritto umanitario dei rifugiati e degli obblighi di cooperazione tra gli stati per garantire la dignità umana in un quadro di giustizia e di pace. Assume dunque particolare rilievo, accanto alle Convenzioni internazionali di diritto del mare, il divieto di respingimento sancito dall’art.33 della Convenzione di Ginevra.

Si deve ricordare infine il Protocollo addizionale alla Convenzione delle Nazioni Unite firmata a Palermo nel 2000 contro la Criminalità organizzata transnazionale per combattere il traffico illecito di migranti per via terrestre, aerea e marittima, frequentemente invocato per fornire una base legale agli accordi intercorsi con la Libia, prevede la superiorità gerarchica delle norme di diritto internazionale relativi ai diritti dell’Uomo e della Convenzione di Ginevra. Lo stesso Protocollo risulta peraltro applicabile solo quando si riscontrino gli estremi del crimine transnazionale.

In base all’ articolo 19 § 1 del Protocollo adesso richiamato, «Nessuna disposizione del presente Protocollo pregiudica gli altri diritti, obblighi e responsabilità degli Stati e degli individui derivanti dal diritto internazionale, compreso il diritto internazionale umanitario e il diritto internazionale relativo ai diritti dell’uomo e, in particolare, laddove applicabili, la Convenzione del 1951 e il Protocollo del 1967 relativi allo status dei Rifugiati e il principio di non respingimento ivi enunciato».

 

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