Sempre più frequenti i problemi di pace e sicurezza sociale che stanno assillando Torino, la repressione è una non soluzione, la politica, a parte rari casi, è assente

Sono molti i fatti che stanno succedendo a Torino che certamente sono indicatori di politiche che ignorano il valore della pace e della sicurezza sociale.

In primo luogo i fatti occorsi ieri alla manifestazione a difesa del Comala di c.so Ferrucci, minacciato dal progetto per la costruzione del supermercato della Esselunga. La decisione da parte delle forze dell’ordine di arrivare allo scontro è stata duramente criticata da tutta Sinistra Ecologista, in particolare dalle dichiarazioni di Marco Grimaldi capogruppo regionale di LUV, Jacopo Rosatelli, Assessore alle politiche sociali di Torino e Sara Diena, Consigliera comunale di maggioranza, che hanno chiamato in causa il Prefetto e il Questore, richiamandoli alle dichiarazioni d’intenti “sul dialogo” da loro rilasciate.

Certamente in zona gialla i cortei sono vietati, ma poteva essere evitata la violenza, com’è successo varie volte nel recente passato.

Sulla questione Esselunga/Comala il Comune è pesantemente chiamato in causa, è questo un banco di prova di capacità di ascolto e, aggiungiamo, “coraggio sociale”.

Stiamo assistendo anche a fatti di cronaca che riguardano persone straniere. Eclatante è il caso della persona che ha pubblicamente tentato di baciare in bocca una bambina, persona che in passato aveva già messo in atto comportamenti non equilibrati. Questa persona era già stata rilasciata dal centro per rimpatri (CPR ) di Torino per un tentato suicidio.

Questo fatto è emblematico sull’adozione di non soluzioni. I tentati suicidi vengono derubricati come “dimostrativi”, il che “dispenserebbe” di fatto il Centro di Salute Mentale (CSM) dell’ASL TO1 dal prendere in carico queste persone. Il Segretario provinciale del SIULP ha dichiarato che questa persona “non è rimpatriabile”. Dichiarazione che desta perplessità: che differenza fa se una persona con evidente disagio e vulnerabilità psichica tenta di baciare una bambina in Italia o nel suo Paese d’origine?

E’ evidente che il CPR è una non soluzione, i rimpatri, al di là di dichiarazioni demagogiche d’intenti, non sono praticabili se non in casi limitati e, aggiungiamo, costosi, per cui una finta applicazione estensiva dei respingimenti immediati, non “calibrata” su determinati soggetti, non porta a nulla. Il rilasciare fuori dalla porta del CPR, senza nessuna assistenza, persone vulnerabili soprattutto dal punto di vista psichico, e girarsi dall’altra parte, mette di fatto in pericolo la cittadinanza.

La salute mentale delle persone migranti è un fatto “messo sotto il tappeto”, che crea conflitto sociale. A commento degli articoli che trattano con superficialità il problema leggiamo: “Non riusciamo ad occuparci dei nostri malati, come possiamo occuparci degli stranieri?”. Certo non tutti sono a conoscenza delle leggi, ma sarebbe dovere dei media d’informazione conoscere ed informare correttamente. Non ci sono “nostri” malati, la legge è chiara: tutti vanno curati, indipendentemente dalla disponibilità o meno di un titolo di soggiorno valido.

Più in generale il problema della salute mentale in Piemonte è ormai eclatante, diffuso, spesso sfocia in violenza della quale a farne le spese sono i soggetti più vulnerabili: donne, bambini, spesso tra le mura domestiche. Le persone con patologie psichiche sono abbandonate alle famiglie: un inferno, senza alcun tipo di supporto psicologico per i famigliari che se ne prendono cura.

La legge italiana impone quindi la cura a tutti indistintamente, ma il problema è che i CSM sono sostanzialmente smantellati, e questa è colpa delle politiche sanitarie di Cirio che stanno mettendo in pericolo la salute (e non solo) dei cittadini.

C’è inoltre il problema delle baby gang, e questo è evidentemente un problema di politiche sociali e d’integrazione, anche questo è stato messo “sotto il tappeto”. La repressione è una soluzione che dovrebbe essere emergenziale, ciò che occorre perseguire è la prevenzione, che attiene a volontà politiche.

Sono brutti segnali che portano a pensare che la mancanza, ormai da anni, di politiche serie di integrazione, di welfare, di sanità, stiano facendo maturare frutti avvelenati: l’esaperazione, quando diffusa (e lo è), è un problema che mette in pericolo tutti, la repressione e l’oppressione hanno il solo risultato di accrescerla.

Ecco perché anche il Sindacato di Polizia dovrebbe chiedere prevenzione e politiche di pacificazione sociale, questo in primo luogo per la sicurezza degli agenti, spesso in prima linea su questi problemi.