Tutto nasce nel gennaio 2020 quando il Tribunale del Lavoro di Norwich, in Gran Bretagna, ha espresso un verdetto storico, annullando il licenziamento di un lavoratore vegano. La sentenza prevedeva che “il veganesimo etico è in tutto e per tutto paragonabile a una religione o a un credo filosofico, e i suoi seguaci pertanto non possono essere sottoposti a discriminazione sulla sua base, in base all’Equality Act del 2010″.

Il caso, molto atteso dai media come da diverse associazioni antispeciste, è stato sollevato su ricorso di Jordi Casamitjana, residente a Londra, impiegato della League Against Cruel Sports, organizzazione benefica a difesa degli animali e contro sport come la caccia alla volpe, alla lepre e al cervo, che lo ha licenziato per aver avanzato obiezioni sul fatto che il fondo pensioni dell’associazione stava investendo in società coinvolte in test sugli animali. Un licenziamento, secondo Casamitjana, dettato dal suo “veganesimo etico”. A decidere sulla vertenza è stato infatti il Tribunale del lavoro di Norwich.

I vegani seguono una dieta a base di vegetali, ma i vegani etici provano anche a escludere ogni forma di sfruttamento degli animali, compreso l’utilizzo di indumenti di lana o pelle e di qualsiasi prodotto testato sugli animali. Gli avvocati di Casamitjana erano convinti che il veganesimo etico avesse tutti i requisiti per essere ritenuto un credo filosofico o religioso e per questo protetto dall’Equality Act del 2010, di fatto la legge anti-discriminazione, e il giudice Robert Postle gli ha dato ragione.

Secondo questa sentenza i vegani antispecisti, quindi coloro che portano avanti una lotta politica ed etica legata allo sfruttamento animale e alla questione ambientale, possono esercitare l’obiezione di coscienza contro vaccini testati su animali.

Un discorso che si dovrebbe fare su come sono organizzati i rapporti di potere nella nostra società, il modello di sviluppo economico, la crisi ambientale, la centralità dei fini umani, assenza di visione olistica (concetti di Casa Comune e di cooperazione tra specie – non di “proprietà” e di “specie dominante”) e il fare scienza. Alla luce di tutto ciò il Covid ha sbancato la concorrenza a tutti gli altri argomenti, l’emergenza ha legittimato quella che veniva vista la priorità, quindi il primato di un tale argomento sugli altri, e le molteplici sensibilità sono state cancellate di fronte al bisogno di “salvare la vita umana” dalla “morte umana”. Sembra più un messaggio messianico che scientifico.

Ho come l’impressione che gran parte del mondo antispecista ed ambientalista si sia dimenticato che esistono altri modi di fare ricerca scientifica, che non esistono solo la vivisezione e la sperimentazione animale (un business per l’industria farmaceutica e per gli stabulari), ma che esistono appunto anche i metodi animal-free che si basa su cellule umane riprodotte in laboratorio che hanno un costo risibile rispetto alla sperimentazione animale che non è mai stata convalidata scientificamente. 

Il Covid ha impedito di ri-aprire, per l’ennesima volta, il dibattito su questi argomenti e, con ignoranza epistemica, si sono continuati a delegittimare i metodi animal-free definendoli “antiscientifici”. Fa ridere che sia il mainstream a definirli così e non gli scienziati e i bioeticisti che ci lavorano da anni su questi metodi, per esempio la biologa Susanna Penco del Dipartimento di Medicina Sperimentale e il bioeticista Franco Manti entrambi dell’Università di Genova. 

Come è stato scritto in un articolo sul sito antispecista Veganzetta1: “Dove sono finite le associazioni, i gruppi, i collettivi, le singole persone umane che hanno dibattuto, propagandato e agito per la “liberazione totale” dei viventi in questi anni e che ora tacciono, lasciando la difesa dell’inviolabilità dei corpi a un sindacato militare? Come mai non si indignano, non protestano, non si oppongono a questo massiccio attacco alle libertà dell’individuo umano, che è il logico seguito di una sperimentazione frenetica e orribile sui corpi degli Animali? Dove sono tutti i loro discorsi appassionati? Proprio ora che l’integrità dei corpi dei singoli è palesemente sacrificata sull’altare dell’interesse supremo del “corpo sociale”? Dove sono coloro che additavano come “paternaliste” tutte le idee e attività a loro non gradite in ambito antispecista, adesso che chiunque può assistere alla monumentale opera paternalistica dello Stato? (…) Dobbiamo pensare che un prodotto che contribuisce attivamente all’aumento della sperimentazione sugli Animali (il termine vivisezione ci ricorda ancora qualcosa?) può essere considerato adatto alle persone umane vegane? Riusciremo mai a crescere giungendo a confrontarci seriamente, a viso aperto, senza tatticismi e ipocrisie su tematiche così fondamentali? Ma la domanda più importante, forse l’unica a cui davvero dobbiamo dare una risposta è: in tutta questa vicenda dove sono gli Animali? Dove sono le loro sofferenze, il loro sfruttamento (a titolo di esempio si veda questo articolo o questo) fuori e dentro i laboratori di ricerca per l’individuazione di cure al virus? Che ne è del loro diritto alla libertà, alla vita, perchè non se ne parla?”

In ogni caso, quanto accaduto in questi anni della pandemia, conferma il fatto che le statistiche di dieci anni fa dei sondaggi dei movimenti antispecisti, secondo cui oltre l’80% della cittadinanza sarebbe stata contraria alla vivisezione, erano fuorvianti. L’opinione pubblica è contraria alla segregazione e alla tortura degli animali non umani nei laboratori quando o sono cani, o sono gatti, o gli scopi sono percepiti come superflui (i cosmetici, i farmaci non essenziali, i materiali utilizzati in ambito commerciale, ecc.). Quando il conflitto fra la nostra salvezza e il loro diritto a non essere manipolati senza il proprio consenso è più stringente, emerge tutto l’antropocentrismo che caratterizza il nostro modo di vivere. Antropocentrismo che, per inciso, continua a impedire a uno degli elementi più significativi della pandemia di irrompere nel dibattito pubblico: mi riferisco al fatto che indubbiamente fra le cause sistemiche dell’emergere delle zoonosi c’è il sistema degli allevamenti intensivi. E così, non appena l’idea che l’unica soluzione su cui puntare fosse la messa a punto di un vaccino, ha fatto terra bruciata di ogni altra misura (dal potenziamento della sanità pubblica alla sua ridefinizione verso una sanità domiciliare, fino alle cure per il Covid). Non era nell’ordine del discorso una critica alla vivisezione e alla sperimentazione animale.

Per questi motivi Avi Associazione Vegani Internazionale, Animal Aid Italia, LEAL Lega Antivivisezionista e Limav hanno inviato una petizione per richiedere l’obiezione di coscienza contro i vaccini testati su animali.

Chiediamo alle Istituzioni, al Ministro della Salute, al Presidente del Consiglio. al Presidente della Repubblica che sia possibile opporre l’obiezione di coscienza per chi rifiuta i vaccini per motivi etici in quanto i vaccini sono testati sperimentalmente sugli animali.

Chiediamo, come garantito dalla Costituzione Italiana che tutela le minoranze ed oggi di fatto il veganismo è una minoranza di cittadini che ha deciso di vivere uno stile di vita senza, in ogni sua forma, sfruttamento degli animali che sia riconosciuto il diritto, di chi è contro la vivisezione, quindi per motivi etici, di essere esentato dall’obbligo vaccinale.

Riteniamo che non si possa nè ignorare la sofferenza degli animali su cui vengano testati i vaccini, nè ignorare coloro che del rispetto degli animali ne hanno fanno un principio etico per cui mai accetterebbero di utilizzare prodotti che arrivino da sfruttamento e morte degli animali.

Firmate ed aiutateci a condividere questa petizione per poterla portare in Parlamento per far riconoscere la scelta di rispettare gli animali e il diritto alla libertà per ogni animale

Firma al link https://chng.it/gDGQ8tmJ e condividi la nostra campagna per chiedere lo stato di obiettori per un vaccino testato su animali.

https://leal.it/2022/01/04/leal-con-avi-aai-e-limav-chiede-il-diritto-allobiezione-di-coscienza-per-i-vaccini-testati-sugli-animali/