Emilio Molinari ci chiama, vuole fare un appello: fin dalle sue prime parole si sente l’ansia che lo accompagna, il tempo che passa e il poco tempo che lui ha, l’urgenza di un vecchio (nel più bel senso del termine) che vede lontano e coglie i pericoli immensi e imminenti. La necessità di arginare, resistere. Un grido.

Spiegaci, Emilio.

Quello che voglio fare è un appello a muoversi. Lo rivolgo all’associazionismo italiano, alla cultura italiana: nel dopo pandemia, nel mondo, si sta giocando la grande partita dei beni comuni. È in gioco la privatizzazione della vita o delle fonti primarie della vita e della democrazia. C’era anche prima, (ricordate? dicevamo: si scrive acqua e si legge democrazia), ora stiamo assistendo ad un’accelerazione. Se prima dicevamo “I ricchi, il capitalismo hanno vinto”, ora dobbiamo dire che “Il capitalismo sta stravincendo”.

La questione dell’acqua fino ad ora è stata del tutto silenziata. Credo venga prima anche di quelle, gravissime, dell’ambiente e della pandemia. Ci sono stati G8 o G20 e delle Coop, uno dietro l’altro, e l’acqua non è mai stata nominata. A Glasgow è entrata, paradossalmente, solo perché Ungheria e Tagikistan hanno espresso le loro preoccupazioni sul destino di alcuni fiumi che vengono inquinati a monte dei loro paesi.

Nessuno ne parla?

In Italia solo il Forum dei movimenti dell’acqua, ma in perfetta solitudine, troppo, troppo isolato. Mi rendo conto che, malato e a 82 anni, la mia voce è parte di questo grido nel deserto, ma l’urgenza è tale che farei davvero qualsiasi cosa perché si rompesse il silenzio. Sento un’urgenza crescente che si riesca a ricompattarsi su questa lotta che è maledettamente prioritaria. Quando lo abbiamo fatto, in occasione del referendum, abbiamo vinto. Dobbiamo tornare su quella lotta che, troppo presto, abbiamo dato per vinta. Fatico io stesso a crederci, ma trovo più attenzione e sensibilità sul tema tra la gente comune che non tra “i nostri”, di sinistra.

Come è possibile che nessuno si è sognato di disattendere i risultati di referendum “storici” del passato (penso al divorzio, all’aborto, al nucleare), mentre nel caso dell’acqua questo è incredibilmente successo?

Abbiamo proprio dato per scontato che, una volta vinto, l’obiettivo fosse stato raggiunto. Invece non è stato così. Quell’enorme opera di coscientizzazione che fu fatta andava continuata. Credo che ci fosse sfuggita la portata degli interessi in gioco: non era solo in gioco la rete idrica italiana, ma quella mondiale. Eppure lo avevamo intuito e in quel periodo portammo la questione all’ONU attraverso i governi latinoamericani. Sapevamo che era una questione che andava oltre i “beni comuni”, riguardava la VITA. A voler mettere le mani sulla vita e sull’acqua erano e sono interessi macroscopici.

L’appello lo fai in Italia, ma va quindi oltre?

Certo, lo faccio in Italia perché sono qui, ma il discorso è mondiale e le lotte furono mondiali. L’acqua è un nodo fondamentale in una partita immensa dove si gioca la questione del clima, dell’energia, dell’agricoltura, dei farmaci e della sanità. E dietro ogni vicenda ci sono blocchi di multinazionali, presenti su più tavoli.

La partita è ancora aperta?

Sì! Tu guarda in Cile, lì la privatizzazione è nella Costituzione di Pinochet e non riguarda solo la rete idrica, ma tutta l’acqua! Dai fiumi, agli invasi, alle falde e alle sorgenti; il compito che si trova ad affrontare il nuovo governo è enorme. Pensa che la proprietaria dell’acqua in Cile è diventata l’italiana ENEL. Il vescovo della Patagonia Luis Infanti de la Mora si batte da anni a fianco dei Mapuche perché ENEL smetta di voler costruire dighe sui fiumi di quella regione. In Cile si giocherà la partita del litio, che per essere estratto ha bisogno di tantissima acqua: chi possederà l’acqua avrà un potere enorme. Acqua, agricoltura ed energia andranno insieme, saranno sempre più interrelazionate.

E in Italia?

Il silenzio assordante dei principali media sul disegno di legge sulla concorrenza (passato per ora al Consiglio dei ministri e prossimamente in Parlamento) è gravissimo. Quello che è avvenuto è straordinario e pochissimi lo hanno denunciato, è la costituzionalizzazione del privato. Un ribaltone pazzesco: la costituzione italiana riconosceva la proprietà privata ma poneva dei fermi vincoli al suo possibile strapotere, bene questi vincoli vengono spazzati via. Prevalevano la dignità umana, gli interessi collettivi, sociali. Ora in questo DDL all’articolo 6 viene stabilito che il pubblico potrà anche esserci, ma in termini marginali e solo se garantisce la libera attività del mercato e della concorrenza, che diventa la nuova colonna dei rapporti umani. Il senso della costituzione è capovolto. I comuni saranno sempre più esautorati dalle decisioni a riguardo.

Se le multinazionali avevano già messo le mani sull’acqua in Italia, lo faranno ancora di più. Le multinazionali europee sono trainanti in questa scalata: se, per esempio, le multinazionali francesi hanno resistenze in patria, vanno all’estero a fare affari. Non è un caso che tutto ciò avvenga sotto il governo Draghi, che evoca proprio tutto questo mondo della finanzia dal quale proviene. Mi sorprendo che i costituzionalisti che in passato si sono subito allarmati per possibili cadute della democrazia nel nostro paese, non si siano ancora alzati di fronte a questa nuova fase.

Cosa si può fare?

Si è tornati a raccogliere firme. Bisogna continuare a sostenere il Forum in queste prossime raccolte contro la quotazione in borsa dell’acqua e contro questo disegno di legge sulla concorrenza. Bisognerà cercare alleanze tra reti nazionali e internazionali su pochi obbiettivi: Acquav- Salute – Nucleare e alleanze nei Comuni ai quali viene tolto sempre più potere. Il territorio sarà sempre più svenduto ai privati.

Torno alla fine al cuore del problema: l’acqua è vita e più della metà della popolazione mondiale non ne ha di buona qualità e a sufficienza. Con il Forum dell’acqua ho girato tanto: ricordo Manaus in Brasile, due milioni di abitanti, dove c’è l’acqua nelle piscine dei ricchi, mentre il 70% della popolazione è senza. Eppure vivono a fianco al rio delle Amazoni, dove scorre l’11% di tutta l’acqua dolce del pianeta. Questo succede perché la multinazionale Suez Lyones Des Eaux, che possiede l’acqua, non allarga la rete idrica a quelle zone della città dove sa che non possono pagare. Se cerchiamo la vita in altri pianeti, cerchiamo l’acqua. E il nostro pianeta si sta inaridendo e miliardi di persone soffrono. Non è ammissibile.

Non siete riusciti a passare questo vostro enorme bagaglio di conoscenze ai giovani che lottano per il pianeta?

No, e questo è un mio grande cruccio. Benedico tutti i giorni l’esistenza di Greta, di questi movimenti di giovani, ma non siamo riusciti a passare loro queste informazioni. Abbiamo trasmesso sì la preoccupazione per il degrado del pianeta, dell’ambiente, ma non abbiamo passato l’elemento della mercificazione dei beni comuni fondamentali alla vita: la terra, l’acqua, il fuoco (l’energia), l’aria! L’aria si vende! Si vendono le quote di CO2 ed è stata una proposta stupida proveniente dallo stesso mondo dell’ambientalismo come possibile soluzione.

Temo che questi giovani non abbiano presente quale sia la potenza delle imprese economiche che hanno di fronte e che fanno carta straccia del pianeta per i loro profitti. In passato ci sono state lotte di resistenza da parte di quelli che allora erano giovani, che a volte hanno vinto. Se in Lombardia non ci fossero state le dure lotte compiute da giovani politicizzati a fianco dei contadini coi trattori avremmo due centrali a carbone in più, una a Tavazzano e una a Bastida Pancarana. Facemmo chiudere la centrale nucleare di Caorso prima del referendum. Grandi mobilitazioni, mirate. Era la solita Enel (che si ripropone ancora con il nucleare) che voleva fare quelle cose e la fermammo.

La cultura italiana si deve svegliare di fronte all’avanzata di queste multinazionali che mettono insieme acqua, energia e territorio depredando i beni comuni necessari alla vita di tutti e tutte. Ne va davvero della nostra libertà. Bisogna continuare ad aggregare e rompere con le nostre autoreferenzialità. Gli avversari non sono “le generazioni che ci hanno preceduto”, ma i poteri forti che si sono arricchiti sulle spalle dei più.

C’è un’ultima questione, come la ciliegia sulla torta: Di Maio e altri chiedono che il Forum mondiale dell’acqua venga tenuto in Italia. Si tratta di un evento enorme, prodotto dalle lobbies delle multinazionali: una vergogna. Noi chiediamo con forza che non si svolga in Italia e tanto meno ad Assisi, città di Sorella Acqua e del Santo che si spoglia e dà tutto ai poveri… sarebbe blasfemo.

 

Qui e qui le due parti di un’intervista fatta a Emilio lo scorso anno, dove introduce, tra gli altri, il tema della lotta per l’acqua