Era il 1972 quando il Parlamento approvava la legge 772, che introduceva in Italia l’obiezione di coscienza al servizio militare, consentendo ai giovani di effettuare il servizio civile. Un cinquantesimo anniversario che, precisamente, si celebra a dicembre e che ci ricorda una grande vittoria dell’antimilitarismo, ottenuta però con fatica e sofferenza. Per arrivare all’abolizione della naja obbligatoria, invece, c’è voluta un’altra trentina d’anni, poiché la legge 226 è del 2004 e la sua entrata in vigore effettiva risale al primo gennaio 2005.
Chi, prima del 1972, non voleva effettuare la leva obbligatorio poteva sperare di essere riformato per caratteristiche fisiche o problemi di salute non idonei al servizio militare. Oppure tentare qualche trucco per arrivare al medesimo risultato, con il rischio però che la sua vita, compresa quella lavorativa, ne risentisse in futuro.
L’alternativa era il fermo rifiuto, considerato diserzione e punito con il carcere. Ne sa qualcosa Valerio Minnella, storico animatore di Radio Alice, ma prima ancora obiettore di coscienza al servizio militare che ha pagato proprio con la galera la sua scelta.
«L’obiezione di coscienza – racconta Minnella – ha una storia lunga, già dall’800. Ma dopo la seconda guerra mondiale in Italia l’obiezione avveniva in forma individuale, con i primi obiettori, Pietro Pinna e il bolognese Mario Barbani, che fecero il meraviglioso gesto di rifiutare di indossare la divisa».
Il gesto portava ad un processo per disobbedienza, analogamente a se non ci si presentava alla chiamata della famosa “cartolina”. La prospettiva per gli obiettori era quella del carcere, che in teoria poteva continuare fino a 42 anni, termine massimo per effettuare il servizio militare.
«In realtà dopo due, tre o cinque anni di carcere – ricorda Minnella – si veniva riformati per semi-infermità mentale, ma in quel modo non si poteva più lavorare nel pubblico e problemi di questo tipo».
Anche Minnella aveva deciso di fare obiezione di coscienza e, dopo aver effettuato i “tre giorni”, cioè la visita medica per valutare l’idoneità, e aver già detto in quella sede che non voleva effettuare la naja, in vista della chiamata nell’ottobre del 1970 si mise in contatto con alcuni gruppi antimilitaristi e partecipò alla marcia antimilitarista Milano-Vicenza, durante la quale si camminava per dieci giorni e si distribuivano materiali contro il servizio militare.
«A quella marcia incontrai molte persone, tra cui altri obiettori – racconta Minnella – E insieme decidemmo di cambiare paradigma all’obiezione di coscienza: non più da soli all’interno delle caserme, ma attraverso un’azione collettiva all’esterno, in modo che tutti potessero venirne a conoscenza».
Quella scelta fece leva sulla coscienza antimilitarista di tanti giovani, fino a formare un vero e proprio movimento. Tra la fine degli anni ‘60 e l’inizio dei ‘70 l’esercito era già un’istituzione messa in discussione dai giovani. Se i Proletari in Divisa (Pid) tentavano di ribellarsi dall’interno, cercando una difficile democratizzazione dell’esercito, fu la mobilitazione degli obiettori di coscienza a portare a un cambiamento.
«Nel 1972 la capienza delle carceri militari era di 250 posti – osserva Minnella – mentre c’erano già 400 detenuti, molti dei quali obiettori. E decine e decine di nuovi obiettori stavano arrivando».
Il governo e il Parlamento, dunque, si trovarono di fronte ad una situazione difficile da gestire, sia dal punto di vista burocratico che logistico.
Nel 1972, dunque, arrivò la legge che introdusse l’obiezione di coscienza e il servizio civile. «Già dal 1948 erano depositate in Parlamento proposte di legge sul tema – ricorda l’attivista – La legge in approvazione, però, prevedeva che gli obiettori avrebbero dovuto essere sottoposti al giudizio di una stupida commissione, che doveva valutare se effettivamente rispondevano alla propria coscienza e, una volta appurato, venivano puniti con 8 mesi di servizio civile in più rispetto alla leva».
Ed è qui che si registrò una giravolta del Partito Comunista Italiano, che da sempre era favorevole all’esercito e alla leva obbligatorio, con l’utopistica idea di avere delle forze armate in mano al popolo. «Il 14 dicembre del 1972, il giorno prima del voto sulla legge – racconta ancora Minnella – Incontrammo il capogruppo del Pci alla Camera e presidente della Commissione Difesa, che ci dissero che avrebbero votato contro la legge perché punitiva. Noi uscimmo dall’incontro soddisfatti, ma il giorno dopo, alle 10.00, quando la legge venì approvata, il Pci si astenne».
In ogni caso la legge approvata rappresentò una prima breccia nel sistema, che lungo questi anni ha tolto dall’esercito e consegnato a lavori socialmente utili ben 800mila giovani che hanno effettuato il servizio civile.
Minnella è anche il curatore del sito “Se la patria chiama”, che porta il nome dell’omonima pubblicazione mensile realizzata dal gruppo antimilitarista bolognese prima e padovano poi. Sul sito sono presenti e consultabili praticamente tutti i numeri della rivista, uscita dall’autunno del 1971 al 1973. E prossimamente si arricchirà di altro materiale dell’epoca o più attuale
La redazione della rivista era composta da anarchici libertari, comunisti, radicali (l’unico vero partito convintamente antimilitarista in Italia), cattolici ed altri cristiani, come i valdesi. Oltre ai cosiddetti “cani sciolti”, coloro che non avevano una precisa connotazione politica. «Avevamo orientamenti diversi, ma questo non ha mai rappresentato un problema – sottolinea Minnella – Mi faccio vanto di non aver mai partecipato ad iniziative settarie».
Un lavoro simile a livello documentale a “Se la patria chiama” è il sito “Obiezione di coscienza”, realizzato da Claudio Pozzi, un altro obiettore di coscienza dell’epoca.
Sul sito, oltre ad una ricca documentazione in materia, sono raccolte anche le storie di alcuni obiettori e addirittura canti antimilitaristi,
Entrambi i siti, in definitiva, raccontano una storia assai poco raccontata in Italia, forse perché nel discorso pubblica a farla da padrona sono ancora le retoriche patriottiche e militariste.
ASCOLTA L’INTERVISTA A VALERIO MINNELLA:
https://www.radiocittafujiko.it/cinquantanni-di-antimilitarismo-obiezione-di-coscienza-e-servizio-civile/
(dal sito di Radio Città Fujiko di Bologna)