Quando una nuova generazione prende in mano il processo di un paese, quando decide di entrare in politica nonostante l’enorme crisi istituzionale, siamo di fronte a una nuova sensibilità che merita rispetto e ammirazione. Allora questa generazione crea i propri partiti come nuovi strumenti che non rispondono più alle ideologie del secolo scorso e nell’organizzazione interna non separa più la sezione femminile o giovanile, ma stabilisce la parità di genere e il pieno diritto all’inclusione delle nuove generazioni. Inoltre nel mezzo della tremenda crisi ambientale questi giovani decidono che tutti gli ambiti devono essere considerati dalla prospettiva di salvare il pianeta.

Le loro convinzioni si basano sul pieno esercizio dei diritti umani, sui diritti sociali garantiti dallo Stato, sulla ridistribuzione della ricchezza e sulla lotta alla corruzione. Riconoscono che il sistema neoliberista è in profonda crisi e non vogliono più affidare al mercato il ruolo che ha svolto finora. Fanno dell’empatia e della compassione le loro emozioni guida e suscitano speranza anche nelle situazioni più avverse.

Perché ci vuole molto coraggio per contestare il potere in mezzo a questa crisi di civiltà, che è stata evidenziata in tutto il mondo dalla pandemia e che sta colpendo a cascata tutti gli aspetti della vita di oggi – come giustamente dice il segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres.

La generazione che si avvicina ai trentacinque anni è più preparata di molti dei suoi predecessori, non solo perché ha studiato a fondo le questioni che dovrà affrontare, ma soprattutto perché sa cosa non vuole. Come direbbe Ortega y Gasset, “un errore è un ponte verso l’apprendimento, l’opportunità di migliorare ciò che a un certo punto è andato male”. Il cambiamento e la crescita nascono dai nostri errori. Gli errori sono grandi maestri, ci indicano quale strada abbandonare o quale strategia migliorare. L’attuale sistema ha mostrato segni così evidenti dei suoi fallimenti ed errori che non c’è altra possibilità che imparare e correggere il tiro.

I giovani cileni di oggi fanno brillare come non mai il principio del superamento del vecchio a opera del nuovo, amano ancora più profondamente i loro predecessori e ne ammirano le opere migliori, di cui sentono di essere una sintesi.

Come sottolinea H. van Doren in Esordio del Potere Giovane: “Il vecchio e il bambino sono emarginati nella lotta tra due generazioni per il controllo del potere. La generazione al potere impedisce ai giovani di accedervi, ma inevitabilmente accade che i giovani facciano irruzione, soppiantando i vecchi e prendendo in mano il comando. Gli estromessi non hanno altra scelta che marciare verso il loro autunno. A loro volta, quelli che erano in età di apprendistato sono cresciuti e iniziano la loro lotta contro i nuovi detentori del potere. Le vecchie generazioni scompaiono e nuovi bambini irrompono sulla scena della vita. Questa è la meccanica inesorabile della storia”.

La partecipazione al voto è stata più alta rispetto al primo turno, dove aveva votato solo il 47,3% degli aventi diritto. Domenica i seggi si sono chiusi con l’affluenza più alta mai riscontrata in Cile (oltre il 55 %, N.d.T.), corrispondente a oltre 8 milioni di elettori

Il candidato di estrema destra Kast, rappresentante del pensiero autoritario, elitario, violento, predatorio e sessista, ha ottenuto il 44,15% dei voti (con il 98,77% dei seggi). I giovani invece, con la loro enorme energia positiva dispiegata su tutto il territorio nazionale, sono riusciti a prendere il potere con un significativo 55,85% dei voti, per cercare di superare con la solidarietà e la giustizia sociale l’enorme crisi in cui siamo immersi.

Questo risultato porta Gabriel Boric, di soli 35 anni e nato nella città più meridionale del mondo, alla presidenza del Cile a partire dai primi giorni di marzo 2022.

La vittoria è politica, ma anche generazionale. Il futuro è dei giovani che hanno avuto l’audacia di anticiparlo.

Traduzione dallo spagnolo di Thomas Schmid.

Revisione di Anna Polo