Incredibile missiva del direttore dell’ufficio legale di Eni: ReCommon e Antonio Tricarico non possono essere degni “interlocutori” del servizio pubblico RAI. ReCommon reputa questo atto un grave attacco alla libertà di stampa da parte della più importante multinazionale italiana e chiede la solidarietà dei media e della società civile.

Lo scorso venerdì, ReCommon ha ricevuto per conoscenza dall’avv. Stefano Speroni, direttore dell’ufficio legale dell’Eni, la email, indirizzata alla trasmissione report della RAI e al suo conduttore Sigfrido Ranucci, il cui testo pubblichiamo di seguito.
L’avv. Speroni non comprende perché Report ed il servizio pubblico si permettano di intervistare Antonio Tricarico di ReCommon, mettendo così in discussione la sua legittimazione, competenza e autorevolezza.
ReCommon ritiene inqualificabili i toni ed il merito della comunicazione inviata dal direttore dell’ufficio legale dell’Eni e denuncia l’intimidazione con intento diffamatorio rivolta nei confronti di ReCommon e del suo rappresentante.

“Egregi Signori,
dalle anticipazioni disponibili questa mattina, abbiamo preso nota che lunedì 10 dicembre 2021 intendete mandare in onda un Vostro servizio sul noto tema del video del 28 luglio 2014, già oggetto di numerosi scambi di corrispondenza tra Eni, la Vostra redazione ed il Dr. Ranucci personalmente.

In vista di tale trasmissione rinnoviamo che venga data in tale sede piena e completa lettura ed informazione sulla posizione espressa da Eni, unitamente ad una chiara informativa al telespettatore della disponibilità di tutta la documentazione rilevante disponibili sul sito Eni https://eni.com/it-IT/media/caso-opl245-processo-nigeria.html e, in particolare,https://eni.com/it-IT/media/caso-opl245-processo-nigeria/nostre-risposte-report.html

In relazione alla porzione di intervento di Antonio Tricarico, che ci legge in copia unitamente al proprio difensore, (come già oggi conoscibile anticipato sui vostro social e quello di Re:Common), Vi invitiamo a riportare anche la seguente posizione di Eni:
• Re: Common ed il Dott. Tricarico personalmente sono i soggetti che presentarono gli esposti in Procura a Milano e che diedero avvio alle indagini sulla vicenda OPL 245 conclusasi con l’assoluzione di Eni ed i suoi managers perché il fatto non sussiste, accertamento dell’insussistenza del quale per di più verificato in via definitiva;
• Il Tribunale di Milano respinse la richiesta di costituzione di parte civile di Re-Common nel processo OPL 245 non rilevando legittimazione alcuna;
• I commenti scambiati da Piero Amara e Andrea Peruzy intervengono tra soggetti totalmente ed assolutamente terzi rispetto ad Eni, privi di alcun titolo formale e sostanziale per spendere il nome della società. Detti commenti sono riportati nel contesto di un tentativo affaristico di danneggiare Eni unitamente a Vincenzo Armanna per il perseguimento di interessi economici personali di Amara, Armanna, Peruzy (ed altro soggetto) intervenuti a tale riunione;
• Lo scopo di lucro personale di tutti gli intervenuti è altresì direttamente confermato nell’interrogatorio reso dal dott. Andrea Peruzy alle autorità inquirente in data 8 novembre 2019 in merito alla partecipazione a tale riunione (tale interrogatorio essendo pubblico).

Non si comprende pertanto la rilevanza (al di là della legittimazione, competenza o autorevolezza dell’interlocutore che Report intende assegnare ad Antonio Tricarico al punto da eleggerlo quale interlocutore di un servizio pubblico) dei commenti rispetto alla reputazione di Eni, se non per danneggiarla senza legittimo motivo.
Eni si riserva pertanto di agire in ogni sede a tutela della propria reputazione laddove ve ne fossero ulteriori riscontri ad esito della visione o nel caso della mancata integrale esposizione dei propri argomenti e documenti.

Distinti saluti.

Avv. Stefano Speroni
Eni SpA
Sede Legale
Piazzale Enrico Mattei, 1
00144 Roma – Italia”

Non è la prima volta che l’avv. Speroni si rivolge a ReCommon ed i suoi legali con siffatti toni inaccettabili.
Dal momento che l’ultima missiva è stata indirizzata, direttamente e pubblicamente, alla RAI, ReCommon ed il suo rappresentante si riservano di agire nelle sedi competenti contro una siffatta condotta diffamatoria.
I vertici di una società come Eni, che si professa responsabile e rispettosa della libertà di parola e dei principi costituzionali, dovrebbero aprire subito un’indagine interna sull’accaduto e prendere adeguati provvedimenti nei confronti del direttore dell’ufficio legale. Sulla base dei passi che muoverà l’azienda al riguardo, dal momento che l’avv. Speroni ha scritto la missiva non a livello personale ma chiaramente a nome della società, ReCommon ed il suo rappresentate si riservano di agire nelle sedi competenti anche nei confronti di questa.

Nel merito della posizione di Eni come espressa nella richiesta rivolta alla RAI, si sottolinea che:

1. L’Eni ed i suoi manager sono stati assolti con formula piena lo scorso marzo dal tribunale di Milano solamente in primo grado. E’ quindi errato affermare che l’insussistenza del fatto è stata “verificata in via definitiva”, poiché la pubblica accusa e la Nigeria, in qualità di parte civile hanno presentato un atto di appello, che si svolgerà nel corso del 2022. Inoltre non è escluso che la sentenza di appello possa essere a sua volta impugnata, per motivi di legittimità, avanti alla Suprema Corte di Cassazione. L’insussistenza del fatto contestato è stata verificata in via definitiva solamente per quel che riguarda le azioni dei due intermediari nell’affare Opl245, che sono stati assolti in via definitiva nell’ambito di un rito abbreviato. E’ singolare che il direttore dell’ufficio legale di una delle più importanti multinazionali italiane, per altro partecipate dallo Stato, continui a fare affermazioni profondamente errate, che appaiono altresì irrispettose della Corte di Appello di Milano e delle magistrature superiori che potranno essere eventualmente chiamate a decidere sui medesimi fatti. Anche su questo comportamento riteniamo che i vertici della società dovrebbero aprire un’indagine interna e prendere provvedimenti adeguati a tutela della reputazione dell’Eni, proprio perché assolta in primo grado così come i suoi manager.

2. La richiesta di ReCommon di essere riconosciuta come parte civile al procedimento di Milano, in qualità di denunciante da cui è partita l’indagine sull’Opl245, è stata rigettata dal Tribunale non per una generica mancanza di legittimazione dell’associazione. Il tribunale ha ritenuto che ReCommon non avesse un fine statutario esclusivamente centrato sulla lotta alla corruzione. ReCommon ritiene grave che in Italia, tranne rarissimi casi, fino ad oggi nessuna organizzazione della società civile è stata riconosciuta parte civile in processi penali sui reati economici e finanziari dai tribunali italiani, ed in particolare in nessun caso per quanto riguarda il reato di corruzione internazionale.
E’ difficile su queste basi pretendere che i cittadini e la società civile organizzata contribuiscano attivamente alla lotta alla corruzione, fenomeno endemico nel nostro paese come certificato da anni dall’Unione Europea, se i tribunali italiani adottano un approccio così restrittivo per la legittimazione della parti civili in tali reati, per altro in violazione dello spirito e della lettera della Convenzione contro la Corruzione delle Nazioni Unite di cui l’Italia è firmataria e Parte.
In ogni caso ReCommon ritiene che è stato un suo diritto richiedere di essere parte civile al processo di Milano e difende tale scelta a fronte delle accuse denigratorie da parte del direttore dell’ufficio legale di Eni.

3. ReCommon prende atto del fatto che l’avv. Speroni come direttore dell’ufficio legale di Eni accusa il Dott. Andrea Peruzy, nel 2014 segretario generale della Fondazione Italiani Europei il cui Presidente è l’On. Massimo D’Alema, ritenendo che tutti i partecipanti all’incontro oggetto della trasmissione di Report (Piero Amara, ex avvocato esterno dei manager di Eni, Vincenzo Armanna, ex dipendente Eni, e Paolo Quinto, allora capo segreteria dell’On. Anna Finocchiaro) agissero perseguendo fini di lucro personale, eventualmente a danno di Eni.

4. ReCommon conferma che, proprio per i motivi esposti da Eni alla RAI, nel video in oggetto ci sono riferimenti a questioni che, a prescindere dal profilo penale, di sicuro pongono un problema di reputazione per il funzionamento dell’azienda, poiché nel video Andrea Peruzy defininisce Piero Amara, allora importante avvocato dei manager di Eni, come “sensore” all’interno dell’azienda a beneficio dello stesso Peruzy, Armanna e Quinto riguardo ad un affare di Eni in Nigeria – definito nel corso dell’incontro del valore di quattro miliardi di dollari – che i sodali dell’incontro avrebbero perseguito dall’esterno dell’azienda con fini di lucro personale. Si fa presente che il rapporto tra alcuni manager di Eni, anche in posizione apicale nell’azienda, e l’avv. Amara si è interrotto solo dopo alcuni anni dall’accaduto. Ciò rende legittimo chiedersi quanto solido sia stato il meccanismo di controllo interno per prevenire tali interferenze di soggetti esterni all’interno degli affari della società e tale questione pone un indubbio rischio di reputazione per la società.

Luca Manes Communication Officer Re:Common