La popolazione yemenita sta attraversando una crisi umanitaria senza precedenti: la carenza di cibo, acqua potabile, servizi igienici, assistenza sanitaria e la diffusione di epidemie come il colera e la difterite sono le conseguenze di una guerra senza scrupoli. Tutto risale alla primavera araba del 2011, quando una rivolta popolare ha costretto il presidente Abdullah Saleh a dimettersi e a cedere il posto al suo vice Abdrabbuh Mansour Hadi. La transizione politica aveva il compito di ripristinare il paese, ma così non è stato e da allora lo Yemen è precipitato in una guerra civile. Il presidente Hadi ha dovuto affrontare vari attacchi da parte delle forze militari fedeli a Saleh. Le ostilità sono iniziate nel 2014, quando il movimento ribelle sciita* Houthi ha conquistato la provincia settentrionale di Saada fino a prendere il controllo della capitale Sanaa, forzando l’esilio del presidente Hadi all’estero. Nel marzo 2015, i combattimenti si intensificano, un intervento militare dell’Arabia Saudita sunnita* e altri 8 paesi portarono a un inasprimento della guerra. La coalizione sunnita attaccò con raid aerei gli Houthi con la giustificazione di reintrodurre il governo di Hadi nel paese.

Com’è stato possibile la nascita di un conflitto del genere? Chi provvede a vendere armi all’Arabia Saudita e agli Emirati Arabi Uniti?

USA, CANADA E ITALIA.

Nel 2019, dopo le sollecitazioni di alcuni parlamentari, l’Italia iniziò a sospendere l’export di armi rafforzando “la clausola end-user”, cioè lo scopo finale delle armi. L’azienda produttrice doveva chiedere all’acquirente l’uso e lo scopo delle armi acquistate, così da poter garantire il rispetto della legge 185 del 1990 che stabilisce il divieto assoluto di vendita di armi ai Paesi in guerra o che sono responsabili di violazioni di diritti umani. La clausula end-user rafforzata prevedeva un impegno dei due Stati a non usare le armi acquistate nel conflitto con lo Yemen. Pochi giorni fa, è stata sospesa per riallacciare i rapporti diplomatici con Abu Dhabi. Ancora, si mette al primo posto il denaro invece di ridurre l’impatto della guerra, evitando la morte di vite innocenti. Lo stato italiano diventa colpevole quando chiude gli occhi di fronte a questo male che fa degli interessi economici il suo primo scopo. Così il governo Italiano trae profitto dalle lacrime degli indifesi civili yemeniti!

Non si può tollerare l’indifferenza, perché la guerra disumanizza l’uomo. Infatti, un conflitto genera paure che difficilmente prendono vita in parole e viverla significa lottare perché dove c’è distruzione c’è morte e solo un cuore coraggioso può sopravvivere. I più colpiti sono i bambini e da indifesi si domandano il motivo per cui esiste tutto questo dolore. Un bambino che cosa porterà dentro di sé, quali sentimenti avrà nei confronti del nemico? All’odio non bisogna rispondere con altro odio perché si creerà una catena infinita di sofferenza, ma bisogna trasmettere al bambino il dono di andare oltre il male. Che cosa può significare questo? Andare oltre significa resistere per proteggere la vita e l’unica arma che si può usare contro la violenza è la resilienza. Noi che siamo lontani da queste realtà, possiamo soltanto immaginare che cosa significa vivere con il pericolo di morire. Il rischio in una guerra è perdere la propria casa, la propria famiglia, i propri amici e soprattutto veder soffrire chi tenta di sopravvivere. La guerra negli occhi di un bambino non ha colore, come una fotografia in bianco e nero non può trasmettere i sentimenti.

Lo Yemen continua a vivere, continua a lottare, continua a amare, continua a sognare, continua a resistere negli occhi dei bambini. Rialzarsi e tendere la mano sono LA LOTTA contro un’ingiusta guerra!

Francesco Pio Pierro

*sciita e sunnita sono due correnti di pensiero musulmane nate alla morte del profeta Maometto e si differiscono sul decidere chi deve essere la guida dell’Islam.i