Gli Stati Uniti d’America, il primo luglio, hanno aggiunto la Turchia nell’elenco di quei paesi implicati nell’uso di bambini soldato nel 2020. L’amministrazione statunitense così ha inserito per la prima volta un alleato della NATO in tale elenco, questa decisione ovviamente rischia di complicare ulteriormente i già tesi legami tra Ankara e Washington.

Il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti ha stabilito nel suo Trafficking in Persons (TIP) del 2021 che la Turchia stava fornendo un “sostegno tangibile” alla brigata armata di Sultan Murad in Siria, una fazione dell’opposizione siriana che Ankara ha a lungo, sostenuto e un gruppo che Washington accusa di aver reclutato e utilizzato bambini soldato in questi ultimi anni.

Secondo l’agenzia di notizia Reuters, un alto funzionario del Dipartimento di Stato ha fatto riferimento all’uso di bambini soldato in Libia, affermando che Washington sperava di lavorare con Ankara sulla questione per affrontarla.

La Turchia ha effettuato tre operazioni militari transfrontaliere in Siria, in questi ultimi cinque anni, contro il cosiddetto Stato islamico(ISIS) e le Unità di Difesa Popolari(YPG/J), ha spesso utilizzato fazioni di combattenti siriani armati in aggiunta alle proprie forze, come l’Esercito libero siriano.

Alcuni di questi gruppi sono stati accusati da diverse ong che lottano per i diritti umani e dalle Nazioni Unite di aver attaccato indiscriminatamente civili e di aver compiuto rapimenti e saccheggi sul territorio siriano. Le Nazioni Unite avevano chiesto ad Ankara di mantenere distanze con questi gruppi armati mentre il governo centrale in Turchia ha respinto le accuse, definendole “infondate”.

Le prime reazioni di Ankara

Lo stesso giorno, con un comunicato scritto, il Ministero degli Esteri della Repubblica di Turchia ha espresso la sua prima reazione a proposito della decisione di Washington.

“È l’esempio più eclatante d’ipocrisia degli Stati Uniti, che sostengono apertamente l’organizzazione terroristica PKK-PYD-YPG, che recluta bambini in diversi attentati terroristici in Siria e Iraq. Le cosiddette “Forze Democratiche Siriane” sono sotto il controllo dell’organizzazione terroristica PKK/YPG e hanno commesso molte violazioni e gravi crimini come il reclutamento forzato di bambini in Siria, il rapimento, la privazione della libertà, l’uso delle scuole per scopi militari. Questo fatto è stato confermato anche nel report di Virginia Gamba il 21 giugno del 2021, la rappresentante speciale delle Nazioni Unite per i bambini e il conflitto armato”.

Report della fondazione SETA

Nel mentre, in Turchia, dopo la decisione dell’amministrazione statunitense sono stati spolverati gli archivi. Nel suo ultimo articolo, il giornalista Murat Yetkin, sul suo sito personale, Yetkin Report, ha ricordato una relazione particolare preparata da una fondazione turca. Secondo questo lavoro di approfondimento realizzato nel 2020 dalla Fondazione di Ricerche Sociali, Economiche e Politiche (SETA), il partner armato numero uno di Ankara ossia l’Esercito libero siriano sarebbe accusato di reclutare dei minorenni in Siria. In questo report firmato da uno degli esperti assunti dalla SETA ossia Ömer Özkızılcık, si sottolinea che il 10% dei combattenti dell’Esercito libero siriano ha meno di 20 e più di 18 anni. La SETA specifica che soltanto l’ottantotto millesimi dei combattenti fa parte di questo “esercito” da solo 1 anno. Quindi non è così difficile supporre che in quel 10% dei combattenti appena maggiorenni ci siano dei ragazzi reclutati quando erano minorenni. Inoltre nel report si specifica che i combattenti turcomanni di questa formazione armata hanno un’età media inferiore rispetto quelli arabi, curdi e circassi.

Questo report è stato rimosso dal sito della fondazione SETA nel mese di novembre del 2020. La cosa più particolare forse sta nel fatto che la fondazione SETA sia una realtà nata durante la carriera politica del partito al governo e offra un continuo e importante servizio di consulenza ad Ankara nelle sue scelte di politica estera.

Dunque la decisione calda degli Stati uniti d’America non sembra che sia piovuta dal cielo anzi sembra che abbia una sorta di conferma anche nel report preparato dalla fondazione di “fiducia” di Ankara.

Le eventuali conseguenze

I governi inseriti in questa lista sono soggetti a restrizioni, secondo il rapporto del Dipartimento di Stato, su alcuni servizi di sicurezza e licenze commerciali di attrezzature militari, in assenza di una deroga presidenziale. Non è ancora chiaro se eventuali restrizioni saranno applicate automaticamente alla Turchia. Quindi questa mossa ha sollevato dubbi sul fatto che potesse far deragliare i negoziati in corso di Ankara con Washington sull’offerta della Turchia di gestire l’aeroporto di Kabul in Afghanistan una volta che gli Stati Uniti avranno completato il ritiro delle sue truppe, esattamente com’è stato comunicato nell’ultimo vertice della Nato a Bruxelles all’inizio giugno. Dall’altro lato, secondo l’agenzia Reuters, il portavoce del Dipartimento di Stato, Ned Price, ha sottolineato che le due cose non saranno probabilmente collegate. Va sottolineato il fatto che, con l’obiettivo di svolgere questo compito, Ankara cerca vari supporti finanziari e operativi all’interno della Nato.Il presidente statunitense, Joe Biden, dopo l’incontro a Bruxelles con il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, aveva confermato che il sostegno degli Stati Uniti sarebbe arrivato.