Sabato 5 giugno si è tenuta la conferenza stampa itinerante di Progetto Ecosebino sugli aggiornamenti riguardanti il Cementificio di Tavernola Bergamasca (BG), che è stato al centro dell’attenzione per il pericolo della maxi-frana. La conferenza è avvenuta a Sale Marasino, per decentrare l’attenzione su Tavernola e per riportare l’attenzione su tutto il lago, in quanto le ripercussioni dell’attività cementifera riguardano tutto il territorio. In seguito il percorso è proseguito fino a Siviano, località di Montisola di fronte a Tavernola.

Nei giorni scorsi il Governo ha preso precise decisioni in merito all’esame dell’intero bacino d’acqua, delle sue coste e dei suoi pendii, affidando il lavoro tra gli altri alla Marina Militare. Gli ambientalisti, volendo portare a galla la verità, hanno depositato un esposto alla Procura di Bergamo, allegando alcuni documenti raccolti ed elaborati nel corso degli anni dai Comitato contro le attività estrattive del Cementifico di Tavernola Bergamasca (BG) nata nel 1902 e destinata alla trasformazione della marna da cemento. Progetto Ecosebino ha trasmesso alla Procura di Bergamo, un serie di atti documentati e pubblici, in quanto prodotto pubblicamente negli anni 80 e per tutti gli anni 90, che testimoniano “la situazione di rischio ambientale”.

Come hanno affermato gli attivisti di Ecosebino: “L’estrattivismo marniero nella zona ha prodotto una quantità di materiale riguardo la correlazione tra Cementificio, cave e movimenti franosi. Ricostruzioni che all’epoca erano state previste anche grazie a studi geologici” – “Ci fa piacere che ci sia stata una certa attenzione per i 70 dipendenti, anche se ci sarebbe piaciuto che l’attenzione fosse venuta dai sindacati confederali. Piuttosto che chiedere l’immediata riapertura per permettere ai lavoratori di rientrare, si sarebbero dovuti preoccupare della loro salute”.

Secondo gli ambientalisti, in questo continuo rimpallo di responsabilità tra le istituzioni, vi è sempre meno la volontà di affrontare il problema: “Ora la Procura ha aperto un’inchiesta esplorativa per stabilire la connessione tra movimento franoso ed attività estrattive sul territorio e ci sembrava doveroso continuare la nostra attività nel fare luce sulla questione, portando questa documentazione alla magistratura”.

La conferenza stampa è stata tenuta da Ezio Locatelli, ex-attivista del Comitato No Cementificio che dal 1985 si è battuto per la chiusura dello stabilimento e la chiusura delle cave per questioni legate all’impatto ambientale e al tema della salute.
“In questa vicenda che riguarda la frana di Tavernola c’è tanta ipocrisia. Vero che tutti hanno detto che bisogna mettere in sicurezza il territorio, ma nessuno ha parlato di responsabilità, che sono state cancellate a livello giornalistico e a livello del dibattito pubblico. Si è parlato quasi come se fosse stato un accidente e non come un vero e proprio disastro ambientale più volte denunciato per effetto delle attività estrattive portate avanti dal Cementificio di Tavernola in contrasto con tutte le denunce e le segnalazioni della maggior parte delle amministrazioni comunali e del Comitato Contro la Miniera di Parzanica.” – ha dichiarato Locatelli.

“Noi siamo stati in prima linea in quegli anni contro le attività di escavazione in loco, sia in quanto coordinatore del Comitato contro la Miniera di Parzanica, sia nella veste di rappresentate istituzionale”.
Già nel 1988, i Nuclei Operativi Provinciali, chiamati dalla Provincia di Bergamo, ad esprimere parere sull’attualità del progetto di apertura di una nuova cava a Parzanica, affermarono: “Si ritiene che gli interventi proposti siano incompatibili con un habitat suscettibile di politica conservativa”.
In quegli anni si dichiarava che gli interventi in quell’area erano completamente incompatibili con la politica conservativa del territorio.

Nel dicembre 1989 Ezio Locatelli, in veste di consigliere provinciale a Bergamo, segnalò che con un telegramma rivolto agli enti locali del 24 maggio, il Ministero della Protezione Civile invitava “a svolgere accertamenti che non sono mai stati effettuati circa la situazione di dissesto idrogeologico di pericolo”.
Non stiamo parlando quindi di una “situazione emergenziale”, ma bensì di una vicenda che si protrae negli anni e che deriverebbe dal pericolo della concessione della miniera Ca’ Bianca.
Sempre secondo quanto affermato da Locatelli, nel gennaio 1990 il Comitato segnalò alla Procura di Bergamo che, visti i rischi ambientali e le norme di tutele esistenti (vincoli idrogeologico e piani paesistici), veniva approvato all’ordine del giorno all’unanimità la contrarietà all’apertura di una miniera.

Il 28 luglio 1982, su segnalazione del Comitato, la Sesta Commissione Consiliare Regionale “Ambiente e Territorio” fece un sopralluogo a Parzanica, poi un’audizione in sede di Consiglio Regionale e, prendendo atto di numerosi pareri contrari dei comuni lacustri (tranne Tavernola Bergamasca e Parzanica), approvò all’unanimità “parere contrario all’allargamento della attività di escavazione”.
In data 22 dicembre dello stesso anno, l’architetta Costanza Pera, Direttrice Generale del Servizio di Valutazione di Impatto Ambientale del Ministero dell’Ambiente, scrisse una lettera indirizzata a tutte le amministrazioni, agli enti locali e, in particolare, al Ministero dell’Industria, del Commercio e dell’Artigianato (da cui dipendeva la direzione generale delle miniere, avendo dunque l’ultima parola per quanto riguarda le concessioni minerarie), affermando “condivisione per tutte le perplessità espresse dai comitati e dalle amministrazioni locali circa l’attivazione del nuovo sito minerario Ca’ Bianca”.
Vi è una successione dei dati sommari di atti funzionali e di atti di studi geologici che portano a pensare che il problema non nasca oggi, ma che abbia cause materiali già segnalate in passato e che si potevano evitare. In una interpellanza presentata nel 1997, a seguito della morte di un operaio a causa del movimento franoso, il Comitato dichiarò: “siamo di fronte ad un secondo infortunio mortale nell’arco di pochi mesi; siamo convinti che la prosecuzione delle attività estrattive comporterà ulteriori gravi rischi ambientali e per le persone. Da anni continuiamo a richiedere un accurato monitoraggio mai effettuato per verificare la compatibilità di una serie di interventi tra i quali anche la miniera di Parzanica. Il territorio su cui si sta scavando per l’apertura di una mastodontica miniera di marna da cemento, presenta dei documentati ed evidenti movimenti franosi”.

Nonostante ciò si è deciso comunque di avviare le attività estrattive in una zona precedentemente sottoposta a vincoli idrogeologici-ambientali senza alcuna rigorosa indagine di fattibilità da parte degli enti pubblici, richiesta fin dal 1987.

“Queste cose vanno dette, ripetute e denunciate” – ha affermato Ezio Locatelli poiché, in un clima omertoso avallato dai mass media, si cerca di rimuovere elementi di responsabilità politiche dalla questione. Elementi che si palesano solo quando accadono avvenimenti tragici.

La miniera Ca’ Bianca, sottolinea Locatelli, c’entra nella questione in quanto sta a monte dei movimenti franosi che interessano la ex-miniera di Ognoli a ridosso del Cementificio. C’entra in quanto il perimetro della concessione Ca’ Bianca dista appena da 400-500 metri dalla miniera di Ognoli e le escavazioni, che sono state condotte, sono avvenute con l’utilizzo di esplosivo che non ha contribuito alla stabilizzazione del versante.

“Devono essere accertate omissioni, mancanze, responsabilità che più volte noi, come Comitato, abbiamo denunciato ininterrottamente per 15 anni” – ha affermato Locatelli, aggiungendo che – “ci son centinaia di articoli di giornali e decine e decine di documenti nascosti perché in troppi hanno la coscienza sporca”.