Le associazioni denunciano la morte di 769 persone e 4.750 arresti durante le proteste contro il regime militare che ha preso il potere con un colpo di Stato, arrestando il Premio Nobel per la Pace Aung San Suu Kyi.

Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite “imponga immediatamente un embargo complessivo globale sulle armi” alla giunta militare al potere in Myanmar per “prevenire ulteriori violazioni dei diritti umani sui manifestanti pacifici“. A lanciare l’appello sono oltre 200 Ong locali e internazionali, tra le quali l’Asean Parliamentarians for Human Rights, Fortify Rights e Amnesty International. Già lo scorso febbraio ben 137 organizzazioni per i diritti avevano inviato un appello simile all’Onu.

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QUASI 800 MORTI E 5000 ARRESTI NELLE PROTESTE

Stando ai dati diffusi in un bollettino quotidiano dall’associazione di esuli birmani in Thailandia, Assistance Association for Political Prisoners (Aapp), ad oggi 769 persone sono state uccise e oltre 4.750 arrestate durante le proteste contro il colpo di stato militare dello scorso primo febbraio, che ha rovesciato il governo eletto a guida National League of Democracy (Nld), il partito della Premio Nobel per la Pace Aung San Suu Kyi. Quest’ultima è in stato di arresto, così come altri vertici del partito Nld.

L’OPPOSIZIONE DI RUSSIA E CINA ALL’EMBARGO

“In questo contesto”, scrivono ancora le Ong firmatarie dell’appello, “nessun governo dovrebbe vendere una singola munizione alla giunta“. Secondo le promotrici dell’iniziativa “imporre un embargo sulle armi è il passo minimo necessario che il Consiglio può prendere per rispondere all’escalation di violenze” in corso nel Paese asiatico. Le Ong si rivolgono quindi all’organismo dell’Onu e alla Gran Bretagna, Paese ‘titolare’ della questione birmana presso l’organismo, e li esortano ad “avviare al più presto una negoziazione per giungere a una risoluzione sull’embargo”. A oggi il Consiglio di Sicurezza ha condannato la repressione dei militari e ha richiesto la liberazione della ex consigliera di Stato Aung San Suu Kyi e di altri detenuti politici, ma non è riuscito a produrre un documento condiviso sull’embargo. A ostacolare una risoluzione sul tema, stando a fonti diplomatiche rilanciate dalla stampa, l’opposizione di Russia e Cina.

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