Il dottor Luisi è il presidente di Palestine Children’s Relief Fund Italia e coordina le missioni umanitarie italiane in Palestina.

Dottor Luisi, che cos’è l’associazione di cui lei è presidente?

Palestine Children’s Relief Fund (PCRF) è una organizzazione umanitaria fondata nel 1992 negli Stati Uniti da membri della comunità palestinese desiderosi di aiutare i propri connazionali, soprattutto i minori, rimasti in patria o rifugiati nei paesi limitrofi. E’ operativa in Palestina, con uffici sia in Cisgiordania che nella Striscia di Gaza, in Libano e in Giordania, ed è sostenuta da una vasta rete di “chapters” in diversi paesi del mondo, tra cui PCRF-Italia che rappresento.

Anche PCRF-Italia è un’organizzazione non profit, è indipendente da qualsiasi formazione politica o religiosa e concorre agli sforzi di PCRF per fornire aiuti umanitari e assistenza medica alle bambine e ai bambini palestinesi, senza alcuna distinzione nazionale, politica o religiosa. L’unico obiettivo è garantire il diritto alla vita e al benessere dei minori, sostenendo il loro accesso ai servizi sanitari e socio-sanitari.

Com’è nata PCRF-Italia?

La nostra costituzione in Italia risale al 2013, ma muove dalle mie prime esperienze come volontario in Palestina nel 2007. Sono un cardiochirurgo pediatrico e dopo un primo contatto con PCRF ho iniziato a coinvolgere i miei colleghi dell’Ospedale del Cuore “G. Pasquinucci” di Massa a titolo personale, poi direttamente la Fondazione Toscana G. Monasterio (FTGM), ossia l’ente pubblico che gestisce questo ospedale. La partecipazione è stata ampia, il sostegno anche istituzionale oltre le migliori aspettative. La Regione Toscana ha iniziato a finanziare le missioni (noi siamo volontari, ma abbiamo bisogno di strumentazione costosissima per le attività chirurgiche). Per darvi un’idea dei numeri, dal 2007 ad oggi abbiamo svolto 47 missioni durante le quali abbiamo curato e operato 442 bambini, tra Gerusalemme, Ramallah (Cisgiordania) e Khan Yunis (Striscia di Gaza). Un’enormità.

Ma siamo andati anche oltre, iniziando a coinvolgere e a mettere in rete altri specialisti già in qualche modo impegnati con PCRF o comunque interessati alle sue attività. Oggi abbiamo team volontari di neurochirurgia, endoscopia respiratoria, emergenza/urgenza, odontoiatria, chirurgia plastica, chirurgia generale. Riceviamo anche il supporto istituzionale di numerose ASL toscane: oltre a  FTGM, anche l’AOU Meyer di Firenze, l’AOU Pisa, l’Azienda USL Toscana Nord-Ovest e l’AOU Toscana Centro.

Tutto questo “movimento toscano” attorno a PCRF doveva trovare un ordine ed essere valorizzato. E’ così che ci siamo messi in rete e abbiamo costituito l’associazione di volontariato PCRF-Italia.

I vostri sforzi si incentrano molto sul territorio di Gaza. Perché?

Perché a Gaza manca tutto quello che è necessario per curare le ferite fisiche e psicologiche causate dagli attacchi militari, per cui il trauma è un qualcosa che accompagna l’infanzia in modo sistematico. A Gaza l’emergenza è permanente, stante un sistema sanitario al collasso, pressato da richieste sempre più ingenti per l’altro numero di feriti e di persone che si ammalano per gli effetti delle armi chimiche, dell’inquinamento, dell’acqua non potabile, del cibo scadente. Il sistema sanitario di Gaza inoltre è impoverito dalle ripetute distruzioni, dagli alti costi di importazione di taluni prodotti, tra cui farmaci e carburante per far funzionare i generatori che alimentano i macchinari negli ospedali (ad esempio le incubatrici, i monitor, le macchie per le trasfusioni e per le dialisi). Andiamo a Gaza perché per i malati farsi curare fuori dalla Striscia costituisce un’impresa estenuante.

Gli oltre 2 milioni di cittadini di Gaza, infatti, non possono uscire dal recinto in cui sono costretti a vivere e hanno poche possibilità di ottenere l’autorizzazione a passare da parte delle autorità israeliane che controllano il confine. L’OMS parla di un terzo di richieste negate, anche per cure urgenti e gravi, anche per quelle dei bambini, di un 50% di permessi negati anche agli accompagnatori. E per “accompagnatori” si intende ad esempio la madre di bambino di 4 anni affetto da leucemia, che deve curarsi fuori dalla Striscia. Non è raro vedere  bambini “fortunati” (quelli cioè che hanno avuto il lasciapassare) che partono da soli, anche per molti mesi. Questo naturalmente mette ancora di più a repentaglio le loro condizioni di salute già precarie. C’è da dire poi che in generale molti dei pazienti che ricevono l’autorizzazione a uscire la ottengono molto in ritardo, per cui ogni cura non prestata tempestivamente risulta praticamente inutile.

Noi promuoviamo l’accesso ai servizi e vogliamo fornire ai bambini servizi di qualità. Per questo andiamo a Gaza, per portare le nostre conoscenze e capacità a vantaggio di chi altrimenti non ha nessuno o limitato accesso alle cure. E lo facciamo negli ospedali pubblici, per servizi gratuiti e universali, facendoci affiancare dal personale locale che così si confronta e può apprendere da noi che abbiamo maggiori opportunità di formazione e di aggiornamento professionale.

Com’è oggi la situazione con la pandemia da Sars Covid19?

Purtroppo già prima di questi ultimi attacchi, la situazione era critica, dato il numero esiguo di posti letto in terapia intensiva, l’insufficiente numero di ventilatori e la penuria di strumenti di protezione individuale anche per lo stesso personale sanitario.

Inutile dire che adesso la situazione sta degenerando: secondo gli ultimi dati dell’OMS di metà maggio, risultano oltre 106mila casi positivi, quasi 1.000 morti e oltre 100 ricoverati. Secondo MSF già tra marzo e aprile si è passati da meno di 1.000 nuovi casi a settimana a 1.000 al giorno.  Il tutto senza vaccini per lo stesso personale sanitario: le dosi donate dal programma COVAX, Emirati Arabi e Russia (circa 83.000) sono irrisorie, mentre  Israele dovrebbe garantire la copertura vaccinale come ha fatto per i suoi cittadini. Ci sono vincoli chiari dettati dal diritto internazionale in quanto potenza occupante.  Ma la “distribuzione a pioggia” che riserva a Gaza è di tutt’altro ordine…

Adesso, con la situazione in corso e la marea di sfollati che si riversano a cercare rifugio nelle scuole dell’UNRWA, va da sé che si perderà il controllo della situazione.

Cosa chiedete per aiutarvi?

Purtroppo anche PCRF è stato vittima degli attacchi militari. Il 17 maggio la nostra sede principale di Gaza City è stata distrutta. Questo ufficio rappresentava il quartier generale del lavoro nella Striscia ed è andato tutto perso. Un danno enorme, ma fortunatamente non c’erano operatori all’interno in quel momento, poiché era stato dato ordine di non recarsi in ufficio, ma di seguire diversamente le attività.

E’ un fatto che nemmeno si commenta: PCRF è senza ombra di dubbio un’organizzazione neutrale, offre solo aiuto umanitario.

Ad ogni modo parliamo di un ufficio, un ufficio che a fatica ricostruiremo, un lavoro che i nostri operatori di Gaza rimetteranno insieme. Ora quello che serve davvero è sostenere il Sistema Sanitario e la popolazione locale che non ha più acqua, non ha più cibo, non ha più un tetto, non ha di che curarsi. Stiamo raccogliendo fondi e vi chiediamo di aiutarci.

Ecco come sostenere PCRF-Italia:

IBAN per donazioni bancarie: IT32H0872670220000000037379

https://www.gofundme.com/35peth-help-palestine

Codice Fiscale per 5 per mille: 94012630466

Per maggiori informazioni:

www.pcrf.net/italy

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email: italy@pcrf.net