Il 6 settembre del 2018, l’UNICEF rese pubblico uno studio, secondo il quale nel mondo la metà degli studenti di età compresa tra 13 e 15 anni ha subìto violenza a scuola. L’istruzione continua a essere fondamentale per costruire le basi della convivenza; tuttavia, il dato ci dice che la scuola non è più un posto sicuro per bambine, bambini e adolescenti.

Per quanto concerne l’altra metà, con ogni probabilità si tratta di ragazzi che hanno subìto episodi di violenza sebbene non li abbiano percepiti come tali, poiché comportamenti normali nelle loro culture e quindi non considerati violenti. Coscienti o meno della violenza in ambiente scolastico, la scuola ha smesso di essere artefice del cambiamento nella costruzione di società costituite da individui capaci di convivere in un ambiente di coesistenza pacifica e di armoniosa collaborazione. In altre parole, nel consolidamento di una cittadinanza attiva, responsabile e impegnata nella costruzione di una cultura democratica.

La Fondazione Semilla ha appena pubblicato i risultati dello Studio sulla Violenza di Genere in Ambiente Scolastico; tali dati confermano che la violenza, in particolare quella di genere, è profondamente radicata nei comportamenti degli attori principali delle comunità scolastiche, compresi i rapporti con gli enti a essa collegati.

La scuola non è sicura per quel che concerne i comportamenti violenti, dal momento che un giovane su due che vive o ha vissuto una relazione sesso-affettiva ha subìto violenza da parte del partner. Uno studente su cinque è stato vittima di violenza sessuale; e le donne sono tre volte più esposte degli uomini. E neanche la scuola è riconosciuta come garante dei diritti degli studenti, dal momento che il 93% di coloro che hanno subìto discriminazione e/o aggressioni verbali perché giudicati non in linea con gli stereotipi di genere, non ricorre a organi istituzionali per denunciare e chiedere giustizia.

Qui la domanda non è che cosa è prioritario: se la violenza nella scuola o la violenza in seno alla società. La risposta alla domanda non lascia spazio a dubbi ed è una sola: la scuola ha il compito di essere artefice del cambiamento sociale, di sviluppare il pensiero critico e di formare bambine, bambini e adolescenti per la costruzione di una società migliore. E questo non si ottiene solo desiderandolo o convincendosi che debba essere così.

Dobbiamo veicolare l’istruzione affinché riesca a eliminare la violenza, dando agli studenti i mezzi per acquisire le abilità necessarie per la convivenza. In primo luogo, l’alfabetizzazione delle emozioni, dall’acquisizione del vocabolario fino a saperle riconoscere ed esprimere; in secondo luogo, è necessario imparare a valorizzare la diversità, cominciando dal capire cos’è un pregiudizio per poi essere in grado di riconoscere i propri e infine bisogna sviluppare l’empatia, imparando a mettersi nei panni dell’altro. E tutto questo richiede sforzo, impegno e molta pratica, perché solo in questo modo potremo fare in modo che la scuola torni a essere un luogo sicuro.

 

Traduzione dallo spagnolo di Ada De Micheli. Revisione di Flavia Negozio.