Due semestri fa ho seguito un corso alla SUNY a Cortland (State University of New York, ndt) sulla cultura Maya. Accedendo a questo corso mi aspettavo di imparare la storia dei Maya e di come gli effetti del colonialismo li influenzino ancora oggi. Quello che non mi aspettavo era come questa cultura mi avrebbe spinta a riflettere su me stessa e a implementare alcuni suoi aspetti nella mia vita.

Nel primissimo giorno di lezione, la prima cosa che il professore ci ha insegnato è stato il concetto Maya del éetlàakʼ, o “altro sé”. Diversamente dalla maggior parte delle persone nel mondo, i Maya hanno rispetto per tutti, e questo concetto è utilizzato per mostrare come i Maya pongano gli altri prima di se stessi. “Altro sé” in questo caso significa che gli individui dovrebbero comportarsi con gli altri come farebbero con se stessi. Non mostreresti mai mancanza di rispetto o pregiudizio a te stesso, quindi perché dovresti farlo a qualcun altro? Con éetlàakʼ dovresti essere sempre disposto a offrire agli altri il tuo cuore. È importante dire sempre la verità e essere aperti rispetto ai propri interlocutori. Infatti i Maya si mostrano rispetto reciproco attraverso la conversazione detta ¢ikbàal.

Per completare con successo ¢ikbàal, chi parla con qualcuno deve sempre dire la verità, non dare mai per scontato il punto di vista dell’altro, e cercare sempre una sorta di sintesi tra le due posizioni anziché accontentarsi di “accettare di non essere d’accordo” (modalità di risoluzione di conflitto secondo cui si accetta il disaccordo e si rinuncia a ulteriori discussioni, ndt). “Accettare il disaccordo” mostra che non ci si è presi il tempo per ascoltarsi a fondo e imparare l’uno dall’altro. I maya sanno se una persona sta prestando attenzione a ciò che stanno dicendo oppure no, perché quando conversano in ¢ikbàal, l’altra persona deve iniziare il suo pensiero con l’ultima parola che l’interlocutore ha pronunciato. Questo dimostra che l’attenzione è rivolta all’altro e che tutto quello che l’altro sta dicendo è importante.

Negli Stati Uniti si tende a pianificare la risposta prima che l’altro abbia terminato di parlare. Questo distoglie da ciò che l’altra persona sta dicendo perché ci si concentra su se stessi anziché porre tutta l’attenzione sull’altro. I Maya non fanno questo; restano concentrati e danno all’altra persona tutto il rispetto che merita. Questi aspetti del ₵ikbàal mostrano come per i Maya il senso del rispetto sia prioritario, poiché indica alla persona con cui si sta parlando che è molto più importante di qualunque altra cosa in quel momento. Infatti, se un individuo Maya stesse conversando con qualcuno e vedesse avvicinarsi una persona che conosce, non metterebbe mai in pausa la sua conversazione per salutare con gesti o parole la persona che si avvicina. In quel momento nulla è più importante della persona con cui stanno conversando.

I Maya si interessano sinceramente di chiunque e si aspettano sempre risposte oneste. Chiedono spesso alle persone cosa stanno pensando e si aspettano risposte precise anziché generiche.  Negli Stati Uniti se qualcuno chiede “Come stai?”, di norma si risponde con “bene” o altre semplici risposte. Ma se lo chiede un Maya, vuole che gli si dica precisamente come si sta e perché. Vogliono sinceramente conoscere i tuoi pensieri e una risposta non autentica mostra una mancanza di rispetto nei loro confronti.

Credo che questo sia una spetto centrale di ciò che possiamo imparare da loro. Quanto spesso la nostra mente vaga mentre parliamo con qualcuno, e offriamo un cenno o una parola occasionale per mostrare che siamo consapevoli dell’altro in modo che pensi che lo stiamo ancora ascoltando? Quanto spesso siamo certi che la nostra opinione sia corretta e qualunque altra errata? E quanto spesso nascondiamo informazioni agli altri invece di dire loro la verità? Adottando i concetti di éetlàakʼ e ¢ikbàal nelle nostre vite, la nostra connessione con gli altri diverrebbe più autentica. Non soltanto mostreremmo agli altri rispetto, ma ci sentiremmo noi stessi più rispettati, cosa che penso contribuisca a farci vivere meglio.

Un altro aspetto della cultura Maya che esprime il loro senso del rispetto è il credere che tutti siano kèetil, ossia uguali. Ad esempio, se uno statunitense sapesse parlare la lingua maya e andasse nello Yucatán in Messico, i Maya lo tratterebbero come uno di loro. Questo perché conoscere la lingua maya ti rende Maya agli occhi dei Maya. Anche qualcuno che non conoscesse la loro lingua sarebbe trattato equamente e con rispetto. Negli Stati Uniti non è così. Se un Maya imparasse l’inglese e arrivasse negli Stati Uniti, la maggior parte degli americani lo vedrebbe come un estraneo e lo tratterebbe come inferiore anziché come eguale. Sembra esserci una mentalità dominante negli Stati Uniti, e penso che se lì e nel resto del mondo si seguissero gli insegnamenti Maya sul fatto che siamo tutti uguali e ci si trattasse tutti sulla stessa base di uguaglianza e rispetto il mondo diverrebbe davvero un luogo di pace.

I Maya sono molto religiosi e questo si può vedere dalle loro molte cerimonie. Verso la fine del semestre il nostro professore ci ha proposto un video su Facebook postato da una persona Maya. Una delle prime cose che ha mostrato è stata la cerimonia Maya detta del saka. Nel saka si fanno offerte e preghiere agli dei. In questo video l’uomo raccontava come sua nonna offriva saka per nove giorni non appena avvertiva l’arrivo di qualche malattia. Quando svolgeva questa cerimonia si sedeva sulla sua amaca e offriva le sue preghiere, e una volta terminate donava agli dei un pollo arrostito. La donna svolgeva questo rituale nella speranza che gli dei impedissero l’arrivo della malattia o almeno la riducessero d’intensità. Ma non lo faceva soltanto per il popolo Maya. In quei nove giorni ella offriva il saka per chiunque nel mondo, perché i Maya non pensano soltanto a se stessi.

Punti di vista egocentrici negli Stati Uniti e in altri Paesi incoraggiano le persone a pensare soltanto a se stesse e a come andare avanti nella vita. Non è il caso dei Maya. Tutti sono kèetil quindi tutti meritano di essere protetti e considerati. Come sarebbe diverso il mondo se la gente pensasse davvero ai bisogni e ai desideri degli altri invece di concentrarsi sui propri.

Uno degli ultimi aspetti della cultura Maya che mi ha aiutata a rivalutare me stessa e la mia vita è come la maggior parte di loro viva in condizioni che si potrebbero definire di “povertà”. Mi riferisco alla “povertà” perché il termine è socialmente costruito da coloro che hanno accumulato “ricchezza” in termini di denaro  tangibile. Sì, la maggior parte dei Maya si guadagna da vivere con la Milpa (i loro campi di mais) e senza poterne vendere il frutto, la maggior parte di loro non può accumulare denaro, ma sono ricchi in tanti modi nonostante l’esigua ricchezza materiale. La qualità delle loro relazioni e la loro fede li rendono più ricchi dei più ricchi nel mondo. Spostare l’attenzione da ciò che non abbiamo a ciò che invece abbiamo come cibo, casa, salute, famiglia e amici, questo è ciò che rende ricchi.

Dall’esame della cultura Maya ho ricavato la possibilità di rivedere la mia vita. Uguaglianza e rispetto sono valori centrali in essa, e questo si riflette in tutto ciò che fanno. Così tanta gente oggi nel mondo si preoccupa solo di se stessa e di come andare avanti o migliorare la sua vita. Attraverso il riesame e la riflessione, forse le persone si renderanno conto che gli oggetti materiali non hanno alcun valore realmente significativo, ma che il vero valore è nel modo in cui ci presentiamo e rispettiamo gli altri.

Una volta imparato che siamo esseri umani uguali non ci chiederemo più “Come posso migliorare la mia vita?” ma piuttosto “Come posso migliorare la vita degli altri?” Quando si inizierà a mettere la vita degli altri prima della propria ci si renderà conto che ogni azione – non importa quanto piccola – può avere un impatto sulle vite altrui e persino sul mondo. Tutto inizia con il prendersi il tempo per rivalutare se stessi e cambiare la propria scala di valori.

Pensi che i Maya abbiano lezioni preziose da insegnare agli altri? Ci sono elementi della loro cultura che vorresti integrare nella tua vita? Mandami i tuoi pensieri all’indirizzo: rebecca.diers@cortland.edu

di Rebecca Diers

Traduzione dall’inglese Manuela Donati. Revisione di Thomas Schmid


Rebecca Diers sta facendo uno stage con Pressenza come parte della sua specializzazione in scrittura professionale alla SUNY Cortland. La sua altra specializzazione in Antropologia alimenta la sua passione per la comprensione di culture diverse e per creare legami con le persone. Usa la scrittura come un modo per dare un senso al mondo e per ispirare un senso di umanità nel suo pubblico.