Qualcuno potrebbe dire che l‘ergastolo non è una pena perpetua perché si può uscire in condizionale, ma chi la pensa così sbaglia, perché la condizionale, la semilibertà, il permesso, sono una possibilità, l’eccezione che conferma la regola. Molti ergastolani invidiano chi ha da scontare 30 anni e qualcuno dice che preferirebbe 40 anni di galera, o anche 50, piuttosto che l’ergastolo. Una volta ad un ergastolano feci questo paragone: se uno ha da fare 20 anni e ha 60 anni di età è come se avesse l‘ergastolo, e lui mi rispose semplicemente che non è la stessa, cosa perché può passare il tempo a contare gli anni. All’ergastolano invece non interessa neppure che giorno è oggi. E io gli risposi: “a proposito, che giorno è oggi?”.

Ed ecco la seconda testimonianza di un ergastolano:

Sono trascorse diverse primavere, 30 per la precisione, e ogni mattina all’alba, quando apro gli occhi, mi accorgo che sono sempre un prigioniero, circondato dal solito cemento armato e dal ferro delle sbarre. Ogni giorno penso che prima o poi ci sarà un periodo migliore, in modo di tenere viva quella poca speranza che mi è rimasta. Scrivo “quella poca speranza che mi è rimasta”, perché anni addietro sono stato condannato al massimo della pena, e per essere più chiaro “alla pena perpetua, l’ergastolo”. Ho scritto che sono sempre un prigioniero, perché i dati in mio possesso mi danno ragione, come confermato sul mio certificato di detenzione: “fine pena il 31.12.9999”, dunque non sono un detenuto, perché se lo fossi avrei un fine pena certo. Negli ultimi anni di questa mia prigionia, per ammazzare questo infinito tempo di sofferenza, ho cominciato a legge e a scrivere, il tutto partecipando al corso di “lettura, ascolto e scrittura”, che si svolge all’interno del carcere, grazie all’enorme umanità di un professore in pensione che fa volontariato in carcere. So che il resto della mia vita è senza futuro, sono destinato a morire da prigioniero, a meno che non cambino la legge e venga abolita la pena dell’ergastolo. Anche se continuo a vivere sperando che ci sarà un periodo migliore, è solamente per dare ai miei famigliari la speranza che, prima o poi, mi vedranno varcare la porta di casa solamente per “qualche giorno”, in modo che la loro sofferenza non sia eterna come la mia. Quando i miei famigliari vengono in carcere a farmi “visita”, per vedermi e portarmi quel poco di necessario per vestirmi, mi chiedono sempre se ho qualche novità da riferirgli e ovviamente come il mio solito gli dico sempre che è la solita minestra. A volte penso che la pena dell’ergastolo sia come un gioco dell’oca, appena arrivi nell’ultima casella devi ricominciare da capo.