Paola e Claudio Regeni, i genitori di Giulio, lo studente friulano sequestrato, torturato e ucciso al Cairo a fine gennaio 2016, hanno predisposto un esposto-denuncia contro il governo italiano per violazione della legge 185/90, che vieta esportazioni di armi verso paesi i cui governi sono responsabili di gravi violazioni dei diritti umani accertati dai competenti organi dell’Ue, dell’Onu e del Consiglio d’Europa, tra cui senza dubbio rientra il governo egiziano di Al-Sisi.

Nel loro annuncio i Regeni ribadiscono la richiesta di richiamare l’ambasciatore in Egitto.

I fatti, passati in sordina, sono i seguenti.

Lo scorso 23 dicembre Fincantieri (azienda pubblica italiana) ha consegnato la prima delle due fregate previste alla Marina Militare d’Egitto. Il tutto è avvenuto nel cantiere della stessa azienda a Muggiano (La Spezia), in una cerimonia passata volutamente sotto traccia. Nessun esponente del governo vi ha partecipato e tantomeno la stampa, come invece di solito avviene.

I motivi per essere indignati sono molti.

Dal punto di vista legislativo, il passaggio di consegne della neo-battezzata “Al-Galala” è avvenuto violando la legge italiana, come denunciato dai Regeni e fatto ancor più grave, il Consiglio dei Ministri ha ratificato l’accordo con l’Egitto senza prima consultare il Parlamento italiano, come invece prevede la disposizione normativa.  Inoltre, la recente risoluzione del Parlamento Europeo del 16 dicembre 2020 attesta la violazione sistematica dei diritti umani da parte dell’Egitto.

Alla palese illegittimità di questa operazione si aggiungono dunque l’irrazionalità e una totale mancanza di coerenza della politica estera del nostro Paese che ha venduto armi per un valore complessivo di circa 10.7 miliardi all’Egitto.

Infatti, all’epoca della firma degli accordi, l’Egitto era direttamente coinvolto nel conflitto in Libia a supporto del generale Haftar, oppositore del governo di Tripoli ufficialmente riconosciuto dall’ONU e sostenuto dall’Italia.

A supporto di “Rete Italiana Pace e Disarmo” chiediamo, dunque, che le Camere discutano quanto prima riguardo le esportazioni di sistemi militari all’Egitto. Ci auguriamo inoltre che la questione venga estesa al dibattito pubblico.

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