pubblichiamo la sintesi dell’introduzione relazionata dalla nostra redattrice al seminario Doppio carico delle Donne ? L’altra visione del Lavoro”, svoltosi ad inizio novembre (di cui linkiamo il video) ed organizzato dalla redazione palermitana dl Pressenza, insieme a Caffè Filosofico “B.Bonetti”, NonUnaDiMeno e Udi Palermo

In un articolo del 30 ottobre 2020 apparso su la Repubblica Valentina Conte fa osservare come l’Italia non sia  “un paese per donne meno ancora per madri”. Infatti, le donne, non solo percepiscono un salario minore rispetto agli uomini a parità di competenze e di carico di lavoro, ma, se madri, a causa del passaggio scelto o forzato al part-time per accudire i propri figli, conservano salari e scatti di anzianità minori rispetto alle colleghe. D’altra parte, prosegue la giornalista, la riforma del lavoro voluta dal governo Renzi, che ha abolito l’art. 18, ha avuto come conseguenza indiretta la “riduzione della fertilità delle lavoratrici nelle aziende con più di 15 dipendenti” che, pur avendo un contratto stabile, si sentono meno tutelate e, pertanto, rimandano la maternità o vi rinunciano del tutto per evitare il licenziamento. Chiaramente, rileva Valentina Conte, la crisi economica legata alla pandemia ha peggiorato la condizione delle lavoratrici che sono “le più colpite dai contraccolpi sociali ed economici del Covid: contratti precari nei servizi, nell’economia informale, nei settori non essenziali”.

C’è da chiedersi se non siamo tornati all’epoca delle telegrafiste che se volevano sposarsi e metter su famiglia avrebbero, per regolamento, perso il lavoro. Vien voglia di rileggere le pagine di Matilde Serao che descrive la triste condizione di queste lavoratrici nel 1886. Preferiamo, invece, rievocare, ancora una volta, la bellissima pagina di solidarietà e riscossa delle telegrafiste palermitane che agli inizi del Novecento ottennero il diritto al riconoscimento degli anni di pre-ruolo ai fini del calcolo della pensione, diritto di cui ancora oggi godono le donne e gli uomini che lavorano nel pubblico impiego: si tratta della storia di Maria Patane’ e delle compagne telegrafiste, pubblicata su le pagine di Pressenza.

Come sappiamo, le femministe in tutto l’arco del Novecento hanno chiesto parità tra uomo e donna e hanno rivendicato il diritto di entrare nel mondo del lavoro e occupare spazi che prima erano di esclusiva attribuzione maschile. All’alba del nuovo secolo le donne che hanno acquisito consapevolezza di sé,  oltre i diritti, dichiarano di scegliere tutto: Il piacere di stare con i figli e lavorare bene. Nell’Ottobre 2009, nel periodico  SOTTOSOPRA, le compagne della Libreria delle donne di Milano hanno ribadito IL DOPPIO SI’  al lavoro e alla maternità. L’essere madre, infatti, dà “forma a un desiderio che è iscritto nel corpo e nella mente delle donne”. Un desiderio che, quando viene messo liberamente in atto – spiegano – “porta con sé la necessità e il piacere, anche fisico, di stare vicino al bambino. Non solo quando è molto piccolo, ma a intermittenza anche in altre fasi della crescita”.

Questa consapevolezza richiede un rapporto diverso con il tempo. Il tempo riservato alla cura dei figli e all’essere madre deve misurarsi con il tempo della produzione dei beni. Si tratta di ripensare il lavoro per le donne, siano esse madri e non, e per gli uomini, come viene reso esplicito da Giordana Masotto nel 2018 in  SOTTOSOPRA, quando afferma che “Il lavoro ha bisogno di femminismo”. Infatti a partire dai desideri e dalle necessità delle donne è possibile “ripensare il lavoro e l’economia in chiave postpatriarcale “ e riflettere su “nuovi paradigmi in cui tutti, donne e uomini, possono riconoscersi”, realizzare i propri desideri e contribuire al benessere economico e sociale della comunità. Si tratta, per fare un esempio, di diminuire le ore di lavoro a parità di salario, per liberare tempo per sé.

Nel libro inchiesta Doppio carico di Lariana Lucciarini, Lara operaia specializzata di una piccola azienda metalmeccanica a Reggiolo in Emilia Romagna, per potere godere di “tempo per sé e per le sue passioni: i fiori del suo giardino, i piccoli lavori di découpage che rivende ai mercatini artigianali, le serate di balli latinoamericani” deve optare per il part-time con riduzione dello stipendio e dei contributi pensionistici. Nello stesso volume, Pamela, la prima operaia che è entrata nella sala macchine della fabbrica metal meccanica Fca di Ferrara, non rinuncia a quegli ornamenti che i suoi colleghi maschi reputano “vezzi inutili” e che è invece sono un modo di dedicare tempo a sé stessa.  D’altra parte Pamela dinanzi agli operai del suo reparto non può fare a meno di giustificare quelle piccole attenzioni riservate al suo corpo femminile con affermazioni pratiche:  il rossetto protegge le labbra, lo smalto copre lo sporco sotto le unghia e le mollette raccolgono le ciocche dei capelli per evitare che si impiglino negli ingranaggi e si sporchino dell’olio delle macchine.

Si tratta, a questo punto, di avere il coraggio di dichiarare che la parità a cui hanno aspirato le donne del Novecento va intesa oggi “come un’espressione della libertà delle donne in quanto donne,” mettendo da parte l’idea che le donne possano e debbano essere come gli uomini. Si tratta di prendere coscienza del fatto che la soggettività femminile può contribuire a cambiare il mondo e invertire l’ordine delle cose e dei ragionamenti, come risulta chiaro nelle parole di Carmen Nappo, operaia che è stata licenziata assieme al marito e ad altri quattrocento lavoratori dalla Whirlpool a seguito della chiusura dello stabilimento di Napoli: “Non esistono solo profitti. Mio papà l’ha praticamente costruito questo impianto, insieme a tanti altri che hanno dato i loro terreni … È la nostra fabbrica” (la Repubblica 31 ottobre 2020)

Sempre più donne stanno concretamente capovolgendo il punto di vista sul lavoro per tutti.

 

Video https://www.youtube.com/watch?v=dZL6RzGBRnU