La sinistra reagisce, la destra tradizionale prevale, Bolsonaro è il grande sconfitto

Il risultato delle elezioni tenutesi in data 15 novembre per eleggere i sindaci e i consiglieri nei comuni dei 26 stati del Brasile (nel Distretto Federale non ci sono elezioni comunali) non lascia dubbi: il grande sconfitto è stato il presidente di estrema destra, Jair Bolsonaro (senza partito).

Durante due anni di mandato, la popolazione del Paese ha dovuto sopportarne le politiche adottate, ispirate dal suo idolo Donald Trump: discorsi di odio, la negazione della scienza di fronte alla pandemia di Covid-19, la produzione su scala industriale di notizie false per mitigare la sua immagine e cercare di distruggere la reputazione dei suoi avversari, le cortine di fumo per sedare gli scandali di corruzione che coinvolgono i suoi figli, sua moglie e i suoi alleati (tutti protetti dall’omertà della magistratura e dei media del Paese), il controllo dello Stato da parte di plotoni militari della dittatura e di fondamentalisti pentecostali – il tutto senza la benché minima preparazione per poter gestire dei settori vitali per la popolazione come la sanità, l’istruzione e le infrastrutture.

Bolsonaro vive, pensa e agisce continuamente come se il Paese non avesse gravi problemi economici, problemi dovuti alla disuguaglianza sociale che ha riportato milioni di persone alla mappa mondiale della fame, problemi di disoccupazione (13 milioni di lavoratori fuori dal mercato ufficiale), lasciando il suo ministro dell’Economia Paulo Guedes, come un Chicago Boy, a concludere l’unico progetto di governo che funziona efficacemente: la distruzione totale dello Stato e della sovranità del Paese, situazione appetitosa specialmente per la Petrobras.

Parte della routine di questo suo universo parallelo comprende la mobilitazione dei suoi sostenitori, che si riducono al pubblico virtuale che segue i suoi profili sui social network e a una assemblea che si riunisce regolarmente all’ingresso del Palácio da Alvorada, che Bolsonaro intrattiene deridendo i suoi avversari, attaccando la stampa, abbracciando i partecipanti, prendendo bambini in braccio – il tutto senza mascherine, a cominciare da lui, perché a dir suo temere la contaminazione e la morte per la pandemia è “una cosa da froci”. Ieri, però, la realtà ha fatto visita a Bolsonaro.

Ordine unitario: destra, il ritorno

Il Brasile ha 212 milioni di abitanti. La stragrande maggioranza non solo è lontana da Brasilia, ma non ha un accesso regolare a Internet, vivendo tutti i problemi e le difficoltà che esistono nella realtà che Bolsonaro nega. Di questo totale, 147,9 milioni sono elettori attivi, di cui la scorsa domenica, secondo i dati della Corte Superiore Elettorale (TSE), 113 milioni sono andati alle urne.

Uno dei più grandi leader della sinistra brasiliana, Miguel Arraes di Pernambuco (1916-2005), diceva che “in politica non c’è vuoto”. Dopo due anni vissuti nel suo universo parallelo, parlando solo al suo gregge, Bolsonaro ha scoperto la verità delle parole di Arraes.

Gli elettori di Valparaíso, Goiás, vanno alle urne alle elezioni comunali del 2020. Foto di Marcelo Camargo, Agência Brasil.

Rinominata il “centro” dal mercato e dai media del Paese, già stufa del trumpismo alla brasiliana e con lo sguardo rivolto alle elezioni presidenziali del 2022, la destra tradizionale è stata la grande vincitrice delle elezioni comunali, infliggendo a Bolsonaro la sconfitta più dolorosa – in quanto, in fondo, è composta da tutti i partiti con cui aveva stretto alleanze affinché approvassero progetti di suo interesse, in cambio dei quali ha sperperato montagne di denaro pubblico sotto forma di emendamenti parlamentari. Ma i soldi non bastano quando c’è di mezzo il potere e le volpi di quei partiti, percependo il vuoto, hanno riempito quasi tutti i posti vacanti che il presidente alleato tratta come pollai.

Di questi partiti tradizionali di destra, quello che ha avuto più successo è stato il Demócrata (DEM), il cui leader più importante è il presidente della Camera Federale, Rodrigo Maia, che ha sempre mantenuto un rapporto ambiguo con il governo, a volte difendendo Bolsonaro, a volte attaccando i suoi ministri.

Il DEM ha conquistato 398 comuni, tre dei quali in una delle capitali dello stato: Curitiba, Florianópolis e Salvador; e può vincerne un altro, proprio nella terra di Rodrigo Maia, Rio de Janeiro, dove Eduardo Paes è il favorito assoluto contro l’attuale sindaco Marcelo Crivella (REPUBLICANOS), sostenuto da Bolsonaro.

In altre capitali del Paese, sia che siano già eletti o che si battano per il secondo turno, ci sono i candidati degli altri partiti tradizionali di destra: MDB, PSDB, PSB, PSD, CIDADANIA, PODEMOS, SOLIDARIEDADE, PSC, PP, PL, oltre al PDT di centro-sinistra.

Maia ha celebrato le conquiste della destra con una provocazione: “Bolsonaro è tornato alle sue dimensioni naturali, come prima della presidenza”.

Dopo tutto, è ancora vero che il presidente di estrema destra non è ancora riuscito a eleggere nessuno dei candidati che ha sostenuto, nemmeno il candidato consigliere comunale Wal do Açaí, in Angra dos Reis (RJ), suo funzionario fantasma quando era un deputato federale. Inoltre, suo figlio Carlos Bolsonaro (REPUBLICANOS) è stato eletto al quinto mandato come consigliere, ma ha perso lo status di più votato, rimanendo indietro rispetto a Tarcísio Motta, dell’arcirivale PSOL, ed è proprio questo tipo di sconfitta ad aver irritato maggiormente Bolsonaro.

La sinistra reagisce

Demonizzare la sinistra, soprattutto il PT, approfittando della già comprovata farsa dell’Operazione Lava Jato, è stata una delle piattaforme più sfruttate da Bolsonaro nella sua campagna presidenziale, nonché quella che gli ha portato più voti. Non a caso ha invitato ad assumere il Ministero della Giustizia nientemeno che il principale attore di Lava Jato, il giudice Sérgio Moro che, senza alcuna prova, a forza di titoli e comunicati stampa, ha garantito la reclusione di Lula, aprendo la strada all’elezione di Bolsonaro. Già da tempo scomparso, Moro viene presentato dagli stessi media come un potenziale avversario del suo ex capo, nelle corsa alla presidenza del 2022.

Ma la sinistra brasiliana, sebbene ancora infelicemente divisa, ha reagito.

Il PT ha vinto 189 comuni. Gareggerà al secondo turno con due candidati a Vitória e Recife, dove la candidata Marília Arraes è la nipote del già citato Miguel Arraes, che combatte le elezioni avendo come avversario suo cugino, João Campos (PSB), dopo aver eliminato il candidato di Bolsonaro. Il partito si gioca la carica di sindaco in 15 delle 100 città più grandi del paese. Non male per chi, nel 2016, aveva conquistato un solo comune in una di queste città. Inoltre, è riuscito a raggiungere 2.584 consiglieri comunali. Nel municipio di San Paolo, condivide con il PSDB lo status del partito con il gruppo più numeroso, ciascuno con otto consiglieri eletti, e quello del PT, Eduardo Suplicy, è il consigliere più votato del paese, rieletto con 167.427 voti.

A Porto Alegre, la capitale dello stato di Rio Grande do Sul, nell’estremo sud del Paese, dove Bolsonaro ha avuto molti voti per la presidenza, la comunista Manuela d’Ávila (PCdoB) gareggerà in un ballottaggio contro il candidato di destra Sebastião Melo (MDB).

Foto di Marcelo Camargo, Agência Brasil.

Tuttavia, il risultato più significativo della sinistra è stato quello del Partito Socialiasmo e Libertà (PSOL), creato nel 2004 dai dissidenti del PT.

In uno dei baluardi più conservatori del Paese, San Paolo – con una tradizione di voto per la destra, tipicamente il PSDB, che è stata decisiva per la vittoria dell’estrema destra rappresentata da Bolsonaro – il PSOL, con una lista di purosangue (si dice di candidati provenienti dallo stesso partito NdT) guidata da Guilherme Boulos (leader del Movimento dei Lavoratori senza Fissa Dimora) e assumendo come vicepresidente la veterana deputata federale Luiza Erundina – uno dei fondatori del PT, il partito per il quale è stata eletta sindaco di San Paolo nel 1988 – è arrivato al secondo turno con un ampio vantaggio sui suoi avversari. Tra loro, il candidato sostenuto da Bolsonaro, Celso Russomano (REPUBLICANOS), che si è ritrovato in quarta posizione.

Boulos ed Erundina competeranno ad armi pari con l’attuale sindaco, Bruno Covas (PSDB), e hanno già il sostegno dichiarato di Jilmar Tatto del PT – che si è candidato alle elezioni e ed è arrivato in sesta posizione -, dell’ex sindaco della città nonché membro del PT Fernando Haddad, e dell’ex presidente Lula.

Nel municipio della più grande capitale del paese, il PSOL ha vinto aumentando il numero dei seggi guadagnati, passando dai 2 del 2016 ai 6 di domenica scorsa.

Oltre a San Paolo, il PSOL gareggia anche al secondo turno a Belém, la capitale del Pará, dove il suo candidato Edmilson Rodrigues ha ottenuto un vantaggio dell’11% sul candidato di destra, il commissario federale Eguchi (PATRIOTA).

Bolsonaro si era diviso fra il suo programma di insulti agli avversari, il suo ruolo di presentatore di fenomeni da baraccone sui social e per la sua assemblea di Brasilia, e una pre-campagna per il 2022. È ormai chiaro che il suo modus operandi non solo non ha creato il Bolsonarismo ma, senza Trump e senza influenza né sostegno popolare, è isolato.

Per cercare di cambiare questa situazione, dovrà prima abbandonare il suo universo parallelo – ma forse per questo è già troppo tardi – e poi governare davvero… Ma in due anni di mandato ha già dimostrato che questo non è il suo punto di forza.

Sarà anche l’inizio della fine dell’estrema destra in Brasile ma, da quanto abbiamo visto, il ritorno della destra tradizionale neoliberale comporterà, per la sinistra, imitare il suo avversario, cioè: unirsi.

Di Marcelo Z Carota

Traduzione dallo spagnolo di Chiara De Mauro. Revisione: Silvia Nocera


* Marcelo Carota è un giornalista e scrittore.

Blog: https//www.ladoz.medium.com

Partiti menzionati, in ordine alfabetico (N.d.E.)

CIDADANIA: Cittadinanza

DEM: Democratici

MDB: Movimento Democratico Brasiliano

REPUBLICANOS

PATRIOTA

PSOL: Partito Socialismo e Libertà

PODEMOS: ex Partito Laborista Nazionale

PP: Partito Progressista

PSB: Partito Socialista Brasiliano

PSC: Partito Sociale Cristiano

PSD: Partito Social Democratico

PSDB: Partito de la Social Democrazia Brasiliana

PT: Partito dei Lavoratori

SOLIDARIEDADE: Solidarietà

PL: Partito Liberale

PDT: Partito Democratico Laburista